382 Capitolo XIII L assalto alla casa del vicario ALTRE PAGINE ALTRI PERCORSI La folla inferocita tra Manzoni e Verga La rivolta del popolo a Bronte Manzoni è un maestro nella rappresentazione della folla inferocita, così come Verga alcuni decenni più tardi quando raffigura il popolo che insorge a Bronte nell estate del 1860 nella novella Libertà. Quando i Mille, sbarcati in Sicilia, si muovono nell isola gridando «Libertà! , facendo intendere che il loro arrivo significherà più libertà e più giustizia per tutti, molti contadini credono che avverrà una ridistribuzione delle terre dei grandi proprietari. Del resto, il 2 giugno 1860 Garibaldi ha proclamato la divisione delle terre demaniali. Per questo, di fronte alla mancata realizzazione di tali progetti, il popolo insorge contro i cappelli, cioè le istituzioni politiche e religiose. La folla si muove come il mare in tempesta, immagine ben nota al popolo di quelle terre: il mare è irrefrenabile, insostenibile, imprevedibile. Il racconto è drammatico, mosso, spesso teatrale. I personaggi parlano, imprecano, gridano, hanno perso la loro umanità e la loro dignità, costretti per troppi anni a vivere in miseria. Chi è identificato come colpevole subisce il linciaggio: il barone, il prete, lo sbirro, il guardaboschi. Libertà significa per il popolo ribaltare lo status quo, eliminare coloro che detengono il potere nell ordine politico e sociale che ora bisogna stravolgere. Anche il prete viene ammazzato. Il punto di vista cambia repentinamente, dagli occhi del popolo si passa a quelli del prete che è in peccato mortale, perché ha avuto una relazione con la gnà Lucia. L uccisione del figlio del notaio Il momento più tragico della rivolta è l uccisione barbara di un ragazzo di undici anni. In poche righe, vengono presentati tre punti di vista: quello della folla che lo riconosce colpevole, perché figlio di un notaio (sarebbe divenuto anche lui più tardi un notaio. Meglio ucciderlo prima che possa compiere le sopraffazioni proprie dei più ricchi); quello del ragazzo che non vuole morire; quello del padre che grida rivolto al figlio. La scena descritta è truce, come poche: «Il taglialegna, dalla pietà, gli menò un gran colpo di scure colle due mani, quasi avesse dovuto abbattere un rovere di cinquant anni . La baronessa Una volta iniziata la mattanza, bisogna portarla a termine. Le donne appaiono ancora più feroci degli uomini, «agitando le braccia scarne . Poi l attenzione della narrazione passa alla scena della baronessa che fa barricare il portone per respingere l assalto del popolo. Sembra una sceneggiatura cinematografica ante litteram: la madre che si nasconde e chiude la bocca al figlio minore perché non si faccia sentire, l altro figlio che si pone a protezione della donna, ma invano. Il carnevale furibondo un «carnevale furibondo , «in mezzo agli urli ubriachi della folla digiuna . Si noti la dimensione di festa che vive il popolo, sottolineata in maniera efficacissima con l immagine del carnevale e del pranzo in cui i convitati bevono vino, senza aver mangiato: la conseguenza è l ubriacatura di tutti i banchettanti. Le azioni sono così irrazionali e incontrollate. La scena conclusiva vede protagonisti i cani «con un rosicchiare secco di ossa . La luna piena accompagna lo squarcio cimiteriale, richiamando alla memoria opere importanti della tradizione ottocentesca: I sepolcri foscoliani con la cagna famelica che vaga per le tombe e I promessi sposi con la notte degli imbrogli animata dal chiaroscuro generato dalla luce della luna. Finisce così la descrizione della giornata della rivolta. La messa domenicale La domenica, quando si sono ormai placati tutti gli spiriti rivoluzionari, anche quanti hanno par-