466 Capitolo XVII Renzo trova rifugio nella Bergamasca IL SUGO DELLA STORIA La gratitudine L uomo mostra di rado la sua gratitudine Ne I ricordi, raccolta di massime e di aforismi sulla vita, lo storico fiorentino Francesco Guicciardini (1483-1540) scrive: Più tengono a memoria gli uomini le ingiurie che e benefici; anzi quando pure si ricordano del beneficio, lo reputano minore che in fatto non fu, persuadendosi meritare più che non meritano; el contrario si fa dell ingiuria. Guicciardini sottolinea la tendenza umana all ingratitudine; di rado l uomo riconosce il bene ricevuto, mentre sempre ricorda il male o il torto subito, anche se da parte di una persona che lo ha molto beneficato. La frase del cugino Bortolo Nel Capitolo XVII Manzoni ci presenta un personaggio che non si lamenta dei torti subiti nella vita, ma guarda i benefici ricevuti e ne è grato. Si tratta di Bortolo che dice con convinzione al cugino Renzo: «intanto fa conto di me. Dio m ha dato del bene, perché faccia del bene; e se non ne fo a parenti e agli amici, a chi ne farò? . Bortolo riconosce così l origine della gratitudine, ovvero il riconoscimento di essere stati amati, di aver ricevuto molto. Da questo giudizio scaturisce il desiderio di poter donare agli altri, di poter in qualche modo offrire al prossimo parte del bene che si è ricevuto. La gratitudine ne La giornata di uno scrutatore Ne La giornata di uno scrutatore Italo Calvino (1923-1985) descrive bene da cosa scaturisca la gratitudine e come si esprima. Semplice, breve, ap- parentemente solo la cronaca di un giorno insolito, il romanzo è il resoconto di alcuni incontri che portano il protagonista, Amerigo Ormea, a una presa di coscienza che di fronte alla vita l uomo può assumere due atteggiamenti: quello più frequente è partire dai propri preconcetti e di applicarli alla realtà oppure l alternativa è quella di guardare la realtà sorprendendosi per quanto si incontra e si scopre. Ormea si reca al Cottolengo quasi investito di un compito: quello di appurare le truffe, scoprire i brogli che si verificano in quella struttura, la piccola casa della Divina Misericordia, un enorme ospizio, una città nella città, fondata tra il 1832 e il 1842 da un prete che in mezzo a difficoltà e incomprensioni aveva amministrato questo monumento della carità, tra gli infelici, i minorati, i deformi, quelle creature nascoste «che non si permette a nessuno di vedere . Osservando le carte d identità delle monache Ormea si rende conto di una diversità del loro sguardo: «Le monache [ ] posavano di fronte all obiettivo, come se il volto non appartenesse più a loro, e a quel modo riuscivano perfette [ ] la fotografia registrava quest immediatezza e pace interiore e