520 Capitolo XX Il castello dell Innominato e il rapimento di Lucia Analisi e commento La descrizione del castello Il capitolo si apre con la descrizione del castello dell Innominato, che si trova in una posizione più alta rispetto alle altre abitazioni. In un certo senso esso è specchio del protagonista di questo capitolo e di quelli successivi, quell Innominato che è superiore a tutti nelle opere malvage perpetrate. La descrizione risente di frequenti allusioni all ottavo cerchio dell Inferno dantesco (Malebolge), in particolar modo alla bolgia dei barattieri (si veda la rubrica Altre pagine altri percorsi. Malebolge nella Commedia e nei Promessi sposi). La repentina risposta dell Innominato Giunto al castello, nel dialogo con l Innominato don Rodrigo ingigantisce le difficoltà dell impresa, alludendo al luogo dove è nascosta Lucia, al monastero, alla signora. Allora l interlocutore si assume la responsabilità dell azione, come se un demonio nascosto glielo avesse comandato, mosso da un abitudine al male che nella tradizione cristiana è chiamata vizio («errare è umano, perseverare è diabolico ). Appena don Rodrigo se ne va, però, l Innominato si pente di aver acconsentito subito a quella nefandezza. Il processo graduale di conversione Nei Promessi sposi la conversione appare come un processo graduale di cambiamento, per tappe, non più lo stravolgimento repentino del conte del Sagrato nel Fermo e Lucia (si veda la rubrica Dal Fermo e Lucia ai Promessi sposi. Dal conte del Sagrato all Innominato nel Capitolo XXI). La prima tappa è il sentimento di una sorta di fastidio fisico, «una cert uggia delle [ ] scelleratezze , divenute troppe, che l Innominato prova ormai da tempo. Il male produce un peso all anima, anche se l Innominato ha allontanato già da anni il rimorso di coscienza, dopo i primi delitti compiuti. La legge morale non è un imperativo categorico estraneo all uomo, ma è innata. L amore è la legge profonda dell animo umano. Questa è la ragione per cui l uomo è felice quando ama. Pur se non ne è cosciente, l Innominato sta sperimentando che i decenni in cui si è comportato senza rispettare alcuna legge umana, compiendo sopraffazioni e delitti impunemente, hanno provocato in lui solo una cupa tristezza e solitudine. Non è capace di giudicare a chiare lettere quanto in lui è accaduto. Solo l incontro con Lucia prima e con il cardinale Federigo poi gli permetterà di formulare un giudizio limpido e di arrivare così a una verifica. L amore non è un optional da rispettare solo per essere buoni. La seconda tappa del cambiamento è la percezione del passaggio del tempo: «Invecchiare! morire! e poi? . La vita terrena non dura in eterno, la morte è il destino di ciascuno. Un tempo, però, l immagine della morte accresceva in lui il coraggio e la temerarietà; ora gli infonde «una costernazione repentina . Non è la morte che l Innominato può incontrare nello scontro in battaglia o con un nemico, ma è la morte che nasce dentro il suo animo, che avanza inesorabilmente ogni giorno e che lo può cogliere di sorpresa, lì, nel buio della camera da letto. E dopo la morte ci sarà il giudizio, un «giudizio individuale che riguarderà lui solo. Il sentimento della solitudine è ancora maggiore, perché quell uomo sa di superare in nefandezze tutti gli altri. La terza tappa è l insorgere della voce di Dio nel silenzio della sua coscienza: «Quel Dio di cui aveva sentito parlare, ma che, da gran tempo, non si curava di negare né di riconoscere, occupato soltanto a vivere come se non ci fosse, ora, in certi momenti d abbattimento senza motivo, di terrore senza pericolo, gli pareva sentirlo gridar dentro di sé: Io sono però . Si può vivere costruendo una propria religione e filosofia di vita, senza curarsi se la nostra vita dipenda da Qualcuno di superiore. Jahvè è in ebraico l espressione equivalente a «Io sono : Dio esiste a prescindere dal fatto che l Innominato lo riconosca e ora sembra come sussurrare al suo cuore con una pacata ironia, totalmente rispettosa della libertà altrui.