Il castello dell Innominato e il rapimento di Lucia Capitolo XX 523 MANZONI MAESTRO DI RETORICA L allusione L allusione è un chiaro richiamo a un altro testo letterario con l obiettivo di arricchire di significazioni il nuovo testo, di riecheggiare l opera precedente al lettore attento, sovrapponendo l antica storia con la nuova. L arte ha sempre vissuto nel rapporto dialettico della contemporaneità con le opere del passato, in un rapporto, cioè, di innovazione costante all interno, però, della tradizione. Si chiama memoria letteraria il rapporto vitale con le opere del passato, considerate come nostre contemporanee, spunto sempre nuovo d ispirazione umana e artistica. I classici sanno esprimere sentimenti, ansie, aspirazioni, ardore e paura della vita, desiderio di felicità e di salvezza che ogni uomo prova. Per questa ragione un opera d arte nasce in questo rapporto di dipendenza e d innovazione con la tradizione letteraria precedente. Per creare pathos, per accrescere l emotività e la tensione della scena spesso i poeti si avvalgono dell allusione ai versi noti della tradizione antica. Nel Capitolo XX Manzoni allude spesso a Malebolge e, in particolare, alla bolgia dei barattieri. Queste frequenti allusioni sovrappongono al castello dell Innominato le immagini dei dannati che si sono macchiati di frode collocati nel cerchio ottavo, un vero e proprio Inferno all interno del più ampio universo infernale, il luogo più cupo e spaventoso dell aldilà insieme al nono cerchio dei traditori. Un celebre esempio letterario: In morte del fratello Giovanni Per comprendere il valore dell allusione nella realizzazione di una poesia consideriamo il celebre caso del sonetto del poeta Ugo Foscolo (1778-1827) intitolato In morte del fratello Giovanni. Quando nel 1801 Giovanni muore suicida, forse per debiti di gioco, Foscolo decide di dedicargli un com- ponimento. Si chiede per prima cosa quali autori nel passato abbiano già cantato il dolore per la perdita di un fratello scomparso o della donna amata. Come può non ricordarsi del carme CI composto da Catullo per la morte del fratello più di milleottocento anni prima? L arte è sempre contemporanea all uomo, parla sempre al suo cuore quando è vera e autentica, perché sa toccare le corde più profonde e ridesta le domande che sono proprie di ciascuno di noi. Catullo scrive: «Multas per gentes et multa per aequora vectus / advenio has miseras, frater, ad inferias, / ut te postremo donarem munere mortis / et mutam nequiquam alloquerer cinerem ovvero, in traduzione: Trascinato di gente in gente e per molti mari sono arrivato, fratello, a queste pietose esequie funebri, per renderti l ultimo omaggio per la tua morte e parlare alla muta cenere, invano . Foscolo pensa, poi, ad altri episodi letterari in cui si racconta della morte di un caro. Rammenta il mito di Orfeo ed Euridice così come viene raccontato da Virgilio nelle Georgiche. Una volta perduta Euridice, morta in seguito al morso di un serpente, Orfeo scende agli Inferi e riesce a commuovere Proserpina e Plutone, la regina e il re dell Ade, così da ottenere di poter riportare con sé l amata a patto di non volgersi a guardarla finché non avrà varcato la soglia dell Oltretomba. Proprio quando gli sembra di aver superato la prova, dimentico degli accordi, Orfeo si volta perdendo, così, Euridice per sempre. Virgilio di lei scrive a questo punto: «invalidasque tibi tendens, heu non tua, palmas che tradotto suona così: mentre le svigorite mani, ahi non più tua, io tendo . Foscolo si ricorderà di queste parole quando dovrà parlare di sé, della sua lontananza dalla tomba del fratello, del suo protendersi inutilmente verso Giovanni. Nascerà, così, il verso: «ma io deluse a voi le palme tendo . La chiara allusione al testo virgiliano e il richiamo alla perdita di Euridice hanno come obiettivo quello di arricchire di significazioni il nuovo testo, di riecheggiare il vecchio mito al lettore attento, sovrapponendo l antica storia alla nuova. Il dolore per il fratello è, così, coscientemente o incoscientemente paragonato a