650 Capitolo XXV Donna Prassede ALLENARSI ALLA PRIMA PROVA tipologia a ANALISI DEL TESTO Leggi il brano tratto dal Capitolo XXV e rispondi alle domande. «Poco distante da quel paesetto, villeggiava una coppia d alto affare; don Ferrante e donna Prassede: il casato, al solito, nella penna dell anonimo. Era donna Prassede una vecchia gentildonna molto inclinata a far del bene: mestiere certamente il più degno che l uomo possa esercitare; ma che pur troppo può anche guastare, come tutti gli altri. Per fare il bene, bisogna conoscerlo; e, al pari d ogni altra cosa, non possiamo conoscerlo che in mezzo alle nostre passioni, per mezzo de nostri giudizi, con le nostre idee; le quali bene spesso stanno come possono. Con l idee donna Prassede si regolava come dicono che si deve far con gli amici; n aveva poche; ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le poche, ce n era per disgrazia molte delle storte; e non eran quelle che le fossero men care. Le accadeva quindi, o di proporsi per bene ciò che non lo fosse, o di prender per mezzi, cose che potessero piuttosto far riuscire dalla parte opposta, o di crederne leciti di quelli che non lo fossero punto, per una certa supposizione in confuso, che chi fa più del suo dovere possa far più di quel che avrebbe diritto; le accadeva di non vedere nel fatto ciò che c era di reale, o di vederci ciò che non c era; e molte altre cose simili, che possono accadere, e che accadono a tutti, senza eccettuarne i migliori; ma a donna Prassede, troppo spesso e, non di rado, tutte in una volta. Al sentire il gran caso di Lucia, e tutto ciò che, in quell occasione, si diceva della giovine, le venne la curiosità di vederla; e mandò una carrozza, con un vecchio bracciere, a prender la madre e la figlia. Questa si ristringeva nelle spalle, e pregava il sarto, il quale aveva fatta loro l imbasciata, che trovasse maniera di scusarla. Finché s era trattato di gente alla buona che cercava di conoscer la giovine del miracolo, il sarto le aveva reso volentieri un tal servizio; ma in questo caso, il rifiuto gli pareva una specie di ribellione. Fece tanti versi, tant esclamazioni, disse tante cose: e che non si faceva così, e ch era una casa grande, e che ai signori non si dice di no, e che poteva esser la loro fortuna, e che la signora donna Prassede, oltre il resto, era anche una santa; tante cose insomma, che Lucia si dovette arrendere: molto più che Agnese confermava tutte quelle ragioni con altrettanti sicuro, sicuro. Arrivate davanti alla signora, essa fece loro grand accoglienza, e molte congratulazioni; interrogò, consigliò: il tutto con una certa superiorità quasi innata, ma corretta da tante espressioni umili, temperata da tanta premura, condita di tanta spiritualità, che, Agnese quasi subito, Lucia poco dopo, cominciarono a sentirsi sollevate dal rispetto opprimente che da principio aveva loro incusso quella signorile presenza; anzi ci trovarono una certa attrattiva. E per venire alle corte, donna Prassede, sentendo che il cardinale s era incaricato di trovare a Lucia un ricovero, punta dal desiderio di secondare e di prevenire a un tratto quella buona intenzione, s esibì di prender la giovine in casa, dove, senz essere addetta ad alcun servizio particolare, potrebbe, a piacer suo, aiutar l altre donne ne loro lavori. E soggiunse che penserebbe lei a darne parte a monsignore. Oltre il bene chiaro e immediato che c era in un opera tale, donna Prassede ce ne vedeva, e se ne proponeva un altro, forse più considerabile, secondo lei; di raddirizzare un cervello, di metter sulla buona strada chi n aveva gran bisogno. Perché, fin da quando aveva sentito la prima volta parlar di Lucia, s era subito persuasa che una giovine la quale aveva potuto promettersi a un poco di buono, a un sedizioso, a uno scampaforca in somma, qualche magagna, qualche pecca nascosta la doveva avere .