Don Abbondio e i bravi Capitolo I 77 IL PERSONAGGIO Don Abbondio La descrizione da parte del narratore La descrizione degli atti esteriori del personaggio serve a Manzoni per rappresentare la sua interiorità, il suo carattere. Don Abbondio desidera una vita sempre piana, diritta, senza impacci e impicci; pigro e chiuso nell animo, non si stupisce delle meraviglie che ha attorno, ma procede rinchiuso nella sua grettezza. Il curato non è «nato con un cuor di leone , ci avverte subito il narratore, trovandosi come un «vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro . Rigido censore di chi non si comporta come lui, è convinto sostenitore della tesi che «a un galantuomo che si fa i fatti suoi, non capitano cattivi incontri . Prete non certo per vocazione, ma per convenienza, si è costruito una filosofia di vita improntata sull evitare «i contrasti, e nel cedere, in quelli che non può scansare. La sua posizione è di «neutralità disarmata di fronte alle guerre che scoppiano davanti a lui. L umorismo di don Abbondio Chi mai tra i lettori prenderebbe le difese di un prete come don Abbondio? Chi s identificherebbe con lui, con il suo atteggiamento pavido dinanzi ai bravi e alle loro minacce? Chi mai ammirerebbe quel curato che appare l antitesi di quanto un fedele può aspettarsi? La maggior parte si sentirà indignata nel vedere un esponente della Chiesa non rispettare la promessa sacramentale del sacerdozio e mentire a Renzo circa le ragioni per cui non possa celebrare le nozze. Don Abbondio appare come un coniglio; eppure, scrive mirabilmente Pirandello (1867-1936) nel saggio L umorismo (1908): Bisogna pure ascoltare, signori miei, le ragioni del coniglio! [ ] Ora, io non nego, don Abbondio è un coniglio. Ma noi sappiamo che Don Rodrigo, se minacciava, non minacciava invano, sappiamo che pur di spuntare l impegno egli era veramente capace di tutto; sappiamo che tempi eran quelli, e possiamo benissimo immaginare che a don Abbondio, se avesse sposato Renzo e Lucia, una schioppettata non gliel avrebbe di certo levata nessuno, e che forse Lucia, sposa soltanto di nome, sarebbe stata rapita, uscendo dalla chiesa, e Renzo anch egli ucciso. A che giovano l intervento, il suggerimento di Fra Cristoforo? Non è rapita Lucia dal monastero di Monza? C è la lega dei birboni, come dice Renzo. Per scioglier quella matassa ci vuol la mano di Dio; non per modo di dire, la mano di Dio propriamente. Che poteva fare un povero prete? Per questo motivo don Abbondio non è una figura comica. Lo sarebbe se avesse paura di tutto senza motivo: «Il pauroso è ridicolo, è comico, quando si crea rischi e pericoli immaginari (Pirandello). Ma se il pavido ha davvero ragione a nutrire paura, allora non è più comico soltanto, non desta più la risata a crepapelle irrefrenabile e irrispettosa. Nello spettatore, nel lettore sorge la riflessione che permette di comprendere come mai il personaggio si comporti in quel modo. Dalla comicità pura attraverso il filtro della riflessione che permette di capire le ragioni profonde si passa all umorismo (ovvero il sentimento del contrario): comprendiamo che il parroco è il contrario di quanto ci si potrebbe aspettare da un curato che dovrebbe essere ligio al proprio compito di pastore delle anime e di amministratore dei sacramenti, ma la risata si tramuta in un sorriso benevolo. Nella situazione drammatica in cui si trova don Abbondio, minacciato dai bravi, occorrerebbe un eroe, che sappia guardare in faccia la morte senza paura, avendo nella mente soltanto la promessa della vocazione. Noi non possiamo, se non astrattamente, sdegnarci di lui, cioè se in astratto consideriamo il ministero del sacerdote. Avremmo