Il dilagare della peste e gli untori Capitolo XXXII 773 ALTRE PAGINE ALTRI PERCORSI La peste nella letteratura antica e medioevale La letteratura si è interessata a questo tipo di pandemia fin dai tempi più antichi, dallo storiografo greco Tucidide, che la racconta ne La guerra del Peloponneso, al poeta latino Lucrezio, che la descrive negli ultimi versi del De rerum natura. Nel Trecento Boccaccio ambienta il Decameron nel 1348, anno della peste nera. Tucidide Nel V secolo a.C. la cultura greca raggiunge il suo apogeo partorendo un ideale di bellezza che diverrà, poi, emblema stesso della classicità. Ad Atene, l età di Pericle, infatti, assiste allo splendore del genio dello scultore Fidia, dei tragediografi Sofocle, Eschilo ed Euripide, degli storiografi Erodoto e Tucidide. Ne La guerra del Peloponneso lo storico greco Tucidide (460 a.C. circa - 400 a.C. circa) ostenta la superiorità degli Ateniesi sulle altre città dell Ellade e sugli altri popoli conosciuti, superiorità certamente dovuta ai principi di vita che hanno diretto la città a tanta potenza: l ordine democratico, il culto della bellezza, l istituzione di «occasioni numerose di svago dai quotidiani sacrifici con «giochi e solennità religiose . Tucidide racconta che la peste si diffuse ad Atene nel 430 a.C., nel secondo anno della Guerra del Peloponneso: Ebbe origine dapprima, secondo quel che si racconta, dall Etiopia, al di là dell Egitto, poi invase anche l Egitto, la Libia e gran parte dell impero persiano. Su Atene si abbatté d improvviso, e prima contagiò gli abitanti del Pireo, tanto che proprio da questi venne la diceria che i Peloponnesiaci avessero gettato veleni nei pozzi [ ]. Poi raggiunse anche la parte alta della città. Tucidide descrive la moria che si diffuse fra tutti gli animali che si cibarono di carne di persone morte di peste. Sottolinea poi lo scoraggiamento che prendeva coloro che si accorgevano di essere malati, la pietà dei sopravvissuti nei confronti di chi moriva e soffriva, i sintomi e le conseguenze della peste, lo sconvolgimento delle leggi «che prima si osservavano nelle sepolture e la diffusione della «sfrenatezza nella città : Nessuno era disposto a darsi pena per un fine ritenuto nobile, perché non sapeva se, prima di raggiungerlo, non sarebbe morto; ciò che recava subito piacere, e ciò che in ogni modo aiutava a raggiungerlo, appariva buono e utile. Lucrezio La vita di Lucrezio è abbastanza oscura, non si conosce con esattezza né la data di nascita, né tantomeno quella di morte (visse comunque nella prima metà del I secolo a.C.). Poco accreditata è anche la notizia secondo la quale avrebbe scritto nei momenti di lucidità ancora rimasti per la follia e sarebbe morto suicida. Senz altro a lui si deve ascrivere il poema epico-didascalico De rerum natura. Strutturato in sei libri, l opera si può distinguere in tre diadi, incentrate rispettivamente sulla fisica, sulla psicologia e sulla cosmologia epicuree. L intento dell autore, come è chiaro, è quello di trasmettere i fondamenti della filosofia di Epicuro (341-270 a.C.) attraverso la forma poetica, in modo che sia più interessante la lettura del testo anche per coloro che non siano esperti di filosofia e che magari sarebbero, quindi, refrattari a leggere un trattato specialistico. Nella conclusione del De rerum natura Lucrezio spiega le cause della devastante epidemia che ha coinvolto la città di Atene nel 430 a.C. attribuendola a cause fisiche ben precise. Con immagini spa-