Renzo a Milano e la madre di Cecilia Capitolo XXXIV 823 Analisi e commento La seconda discesa (catabasi) a Milano Renzo farebbe di tutto per Lucia, perfino rischiare la vita, come ora che sta ritornando in una città dove è ricercato e grava sul suo capo una condanna a morte. la seconda discesa di Renzo a Milano, un altra catabasi (una sorta di discesa nell aldilà), drammatica tanto quanto quella di quasi due anni prima nel novembre 1628, all epoca della rivolta contro i forni il giorno di san Martino. Arrivato in prossimità delle mura della città, che è chiusa ai forestieri nell emergenza della peste, Renzo cerca il modo di entrarvi, dove la sorveglianza è più allentata. Lo spettacolo di Milano è terrificante: silenzio, desolazione, fumo che sale verso il cielo. La descrizione che domina il Capitolo XXXIV rappresenta una sorta di memento mori per il giovane Renzo: Il tempo era chiuso, l aria pesante, il cielo velato per tutto da una nuvola o da un nebbione uguale, inerte, che pareva negare il sole, senza prometter la pioggia; la campagna d intorno, parte incolta, e tutta arida; ogni verzura scolorita, e neppure una gocciola di rugiada sulle foglie passe e cascanti. Per di più, quella solitudine, quel silenzio, così vicino a una gran città, aggiungevano una nuova costernazione all inquietudine di Renzo, e rendevan più tetri tutti i suoi pensieri. Renzo entra in città per Porta Nuova. Incontra un cittadino e si leva il cappello, «da quel montanaro rispettoso qual è. Il milanese lo allontana con un bastone, pensando che sia un untore. Renzo fa un opera di carità Renzo è poi chiamato da una povera donna segregata in casa con i figli che gli chiede di avvertire il commissario di sanità che loro sono stati dimenti- cati, «chiusi in casa come sospetti . L uscio è stato inchiodato e nessuno ha più portato loro da mangiare, ormai da più di un giorno. Renzo dona loro i pani acquistati il giorno precedente a Monza e, ricordando quelli trovati vicino a una croce nella sua prima discesa a Milano, pensa: «ecco: è una restituzione, e forse meglio che se gli avessi restituiti al proprio padrone: perché qui è veramente un opera di misericordia . Renzo incontra poi un prete cui riferisce della donna dimenticata in casa con i figli. Il sacerdote indica al giovane la strada per il palazzo di don Ferrante. La madre di Cecilia Il giovane assiste poi a una scena straziante, una delle più forti e patetiche che siano mai state rappresentate nella letteratura. Manzoni scrive: Scendeva dalla soglia d uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d averne sparse tante; c era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Commenta il critico letterario Luigi Russo: «Il cominciamento di questo celebre episodio ha il ritmo di un verso, e tutta la pagina ha un andamento di una lirica dolce e angosciata . Nella descrizione della donna «c è il solito modo della congiunzione di due aggettivi e di due o tre sostantivi, caro all arte di Manzoni. Vedi il ritratto della monaca di Monza e quello di Federigo . Quando presenta la bellezza di quella madre, Manzoni accoppia aggettivi («avanzata /«non trascorsa , «velata e offuscata /«non guasta , «molle /«maestosa ) che sono segno della sua