890 Capitolo XXXVII La fine della pestilenza e il ritorno di Renzo al paese natio Analisi e commento La pioggia purificatrice Renzo finalmente abbandona il lazzaretto e la città di Milano. Sotto una pioggia fitta e forte il giovane sguazza con piacere. La pioggia purificatrice, che le cronache del tempo confermano, ha un valore simbolico: segna la fine del contagio e il volgersi delle vicende dei promessi sposi verso una risoluzione positiva. Nulla ormai può opporsi al matrimonio, anche se sulla testa del giovane grava ancora una condanna a morte. La pioggia continua, ma non è più diluvio. E, quando questa termina, Renzo si ritrova sulla riva dell Adda. Poi rapidamente arriva a casa dell ospite amico che gli dà conforto e cibo. All alba si reca a Pasturo per riferire le novità ad Agnese. Il giorno dopo, è ancora in viaggio «verso il paese adottivo dal cugino Bortolo a cui promette di riprendere il lavoro appena possibile. Anche nella Bergamasca il contagio sta ormai scemando. Il ritorno di Renzo al paese natio Alcuni giorni più tardi Renzo ritorna al paese natio e poi ancora a Pasturo per accompagnare Agnese a casa. Anche nel Lecchese la situazione è migliorata. Renzo non rimane ozioso, ma attende alle pratiche agricole nella terra dell amico che gli dà ospitalità e nell orticello della futura suocera. Troppo selvaggio è il suo podere perché possa riavviarne i lavori in poco tempo. Renzo è come un resuscitato per tutti i compaesani a cui ama raccontare la sua storia e da cui riceve «accoglienze e congratulazioni . Il bando pende ancora su di lui, ma Renzo non ci pensa più perché suppone che chi debba eseguirlo non abbia alcuna intenzione di comandarne l esecuzione. E non s inganna su questa supposizione. A quei tempi, commenta il narratore, i decreti contro le persone «rimanevano spesso senza effetto a meno che non ci fosse qualche «animosità privata e potente che li tenesse vivi . Chi sopravvive alla peste? Cosa accade ai personaggi della storia, dopo l estate al termine della pestilenza? Don Abbondio, guarito dalla peste, si tiene alla larga da Renzo, temendo che possa chiedergli di nuovo di celebrare le sue nozze con Lucia. Il curato s immagina don Rodrigo e i suoi bravi da una parte, il cardinale con i suoi argomenti dall altra. Pochi giorni dopo la visita di Renzo, Lucia esce dal lazzaretto dove è divenuta amica di una giovane vedova di un mercante. Da lei viene a conoscenza della sorte della monaca di Monza: la sciagurata, caduta in sospetto d atrocissimi fatti, era stata, per ordine del cardinale, trasportata in un monastero di Milano; che lì, dopo molto infuriare e dibattersi, s era ravveduta, s era accusata [...] Dai cappuccini, invece, Lucia scopre che fra Cristoforo è morto di peste. Ritornando alla casa di donna Prassede e di don Ferrante, che l hanno ospitata a Milano, apprende che entrambi sono morti per il contagio. Assai severo è il giudizio del narratore su donna Prassede, sempre disposta a dar consigli a tutti, convinta di conoscere quale sia il bene degli altri e ben disposta a intromettersi nelle vicende altrui rispettando poco la loro libertà: «Di donna Prassede, quando si dice ch era morta, è detto tutto . A don Ferrante il narratore riserva più parole. Il marito di donna Prassede, che non crede alla peste e cerca di dimostrare che essa non può esistere con argomentazioni filosofiche, quando la pandemia inizia a seminare sempre più morti, è costretto a riconoscerne l esistenza. Tenta allora di giustificarla come conseguenza di influenze astrali (la «fatale congiunzione di Saturno con Giove ), sostenendo che non si possa essere contagiati dal contatto umano («E quando mai s è sentito dire che l influenze si propaghino ). «Su questi bei fondamenti , non prende «nessuna precauzione contro la peste . così che don Ferrante si ammala e muore. I libri della sua ricca biblioteca vengono esposti lungo i Navigli per essere venduti.