Il matrimonio di Renzo e Lucia e il sugo della storia Capitolo XXXVIII 913 DAL FERMO E LUCIA AI PROMESSI SPOSI La conclusione del romanzo nel Fermo e Lucia Nel Fermo e Lucia Manzoni non dedica molto spazio a quanto accade ai due protagonisti dopo il matrimonio. Una sola pagina riassume il giorno delle nozze, la partenza dei due sposi dal paese natio e l arrivo nel nuovo paese della Bergamasca, la nascita dei figliuoli, la propensione di Fermo a raccontare la sua storia a tutti, il giudizio di Lucia al riguardo. Leggiamo la pagina conclusiva: Quel giorno benedetto venne finalmente: gli sposi promessi, furono marito e moglie; il banchetto fu molto lieto. Il giorno seguente ognuno può immaginarsi quali fossero i sentimenti degli sposi e quelli di Don Abbondio, entrando non solo con sicurezza, ma con accoglimento ospitale ed onorevole nel castello, che era stato di Don Rodrigo: a render compiuta la festa, mancava il Padre Cristoforo: ma egli era andato a star meglio. Non possiamo però ommettere una circostanza singolare di quel convito: il padrone non vi sedè; allegando che il pranzare a quell ora non si confaceva al suo stomaco. Ma la vera cagione fu (oh miseria umana!) che quel brav uomo non aveva saputo risolversi a sedere a mensa con due artigiani: egli, che si sarebbe recato ad onore di prestar loro i più bassi servigi, in una malattia. Tanto anche a chi è esercitato a vincere le più forti passioni è difficile il vincere una picciola abitudine di pregiudizio, quando un dovere inflessibile e chiaro non comandi la vittoria. Il terzo giorno, la buona vedova con molte lagrime, e con quelle promesse di rivedersi, che si fanno anche quando s ignora se e quando si potranno adempire, si staccò dalla sua Lucia, e tornò a Milano: e gli sposi con la buona Agnese che tutti e due ora chiamavano mamma, preso commiato da Don Abbondio, diedero un addio, che non fu senza un po di crepacuore ai loro monti, e s avviarono a Bergamo. Avrebbero certamente divertito dalla loro strada, per far una visita al Conte del Sagrato, ma il terribile uomo era morto di peste contratta nell assistere ai primi appestati. La picciola colonia prosperò nel suo nuovo stabilimento, col lavoro e con la buona condotta. Dopo nove mesi Agnese ebbe un bamboccio da portare attorno, e a cui dare dei baci chiamandolo «cattivaccio . Ella visse abbastanza per poter dire che la sua Lucia era stata una bella giovane e per sentir chiamare bella giovane una Agnese che Lucia le diede qualche anno dopo il primo figliuolo. Fermo pigliava sovente piacere a contare le sue avventure, e aggiungeva sempre: «d allora in poi ho imparato a non mischiarmi a quei che gridano in piazza, a non fare la tal cosa, a guardarmi dalla tal altra . Lucia però non si trovava appagata di questa morale: le pareva confusamente che qualche cosa le mancasse. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarvi ad ogni volta, ella disse un giorno a Fermo: «Ed io, che debbo io avere imparato? io non sono andata a cercare i guaj, e i guai sono venuti a cercarmi. Quando tu non volessi dire , aggiunse ella soavemente sorridendo, «che il mio sproposito sia stato quello di volerti bene e di promettermi a te . Fermo quella volta rimase impacciato, e Lucia pensandovi ancor meglio conchiuse che le scappate attirano bensì ordinariamente de guai: ma che la condotta la più cauta, la più innocente non assicura da quelli; e che quando essi