Il neocomportamentismo Ben presto il comportamentismo più ortodosso, teorizzato da Watson, venne messo in discussione. Per alcuni psicologi comportamentisti, infatti, limitare lo studio al solo comportamento osservabile e misurabile si sarebbe dimostrato alla lunga sterile: su queste basi, nacque un nuovo movimento, chiamato , i cui ricercatori cominciarono a postulare l’esistenza di , che agivano tra il momento della presentazione dello stimolo e quello dell’emissione della risposta. Queste componenti potevano quindi | Vedi , p. 185 |. Il neocomportamentismo spianò la strada alla concezione di una psicologia che prendesse in considerazione, oltre alle cause e alle risposte, anche le , i e le del comportamento. Secondo questo approccio l’attività interna all’organismo, che chiameremo “O”, si pone come intermedia tra lo stimolo “S” e la risposta “R”. La psicologia passò, dunque, da un paradigma di studio interessato ad approfondire il processo stimolo-risposta, a riconoscere l’esistenza di che influiscono sul comportamento manifesto in interazione con l’ambiente esterno. Un’altra corrente del neocomportamentismo fu quella portata avanti dalle ricerche di | Vedi , p. 177 |. Secondo questo autore esistono certamente fenomeni non osservabili direttamente (“sotto la pelle”), che possono e devono essere studiati scientificamente, ma che non vanno ritenuti come determinanti nel causare un dato comportamento. Nel corso dei suoi studi Skinner si occupò dell’acquisizione funzionale del linguaggio e di un progetto politico utopistico descritto nel suo libro del 1948 | Vedi , p. 199 |, dove si immagina una società basata su principi positivi, come il rinforzo, in cui sono eliminati i processi coercitivi, come la punizione. neocomportamentismo componenti psicologiche non manifeste influenzare e modificare il comportamento dell’organismo unità 7 spinte bisogni motivazioni motivazioni interne Burrhus Frederick Skinner L’AUTORE Walden Du**e unità 7