ANALISI E COMPRENSIONE DI UN DOCUMENTO L’ESAME 6 Leggi con attenzione questo brano tratto di Lewis Carroll. Il testo inglese presenta numerosi scioglilingua, paradossi linguistici e giochi di parole. Per questo la sua traduzione è un’operazione molto complessa. In alcuni passaggi l’autore sfiora il vero “non senso” e il linguaggio sembra perdere la sua capacità comunicativa diventando irrazionale. Tuttavia, questo stile linguistico è anche molto evocativo e capace di stuzzicare la fantasia del lettore. Dopo la lettura, svolgi le attività. Alice nel paese delle meraviglie Apparecchiato sotto un albero davanti alla casa, c’era un tavolo dove il Leprotto Marzolino e il Cappellaio prendevano il tè; seduto in mezzo a loro, c’era un Ghiro che dormiva della grossa, mentre quei due lo usavano come cuscino per appoggiarci sopra i gomiti e conversavano al di sopra della sua testa. «Vuoi un po’ di vino?» disse [ad Alice] il Leprotto Marzolino con tono suasivo. Alice diede uno sguardo al tavolo, ma c’era solo tè. «Non vedo il vino» disse. «Non ce n’è» rispose il Leprotto Marzolino. «E allora non mi sembra tanto educato offrirlo» replicò Alice con stizza. «Non mi sembra tanto educato sedersi senza essere invitati» ribatté il Leprotto Marzolino. «Non sapevo che fosse il vostro tavolo» spiegò Alice. «È apparecchiato per molto più di tre persone.» «Dovresti farti tagliare i capelli» disse il Cappellaio. Era da un po’ che stava osservando Alice con grande curiosità, e quelle furono le prime parole che pronunciò. «E tu dovresti imparare che non si fanno osservazioni sulle questioni personali» replicò Alice piuttosto severamente. «È molto sgarbato». A queste parole il Cappellaio sgranò tanto d’occhi; ma non disse altro che «Sai dirmi perché un corvo assomiglia a una scrivania?» «Ah, ora sì che ci divertiamo!» pensò Alice. «Sono contenta che si siano messi a giocare agli indovinelli – Lo so, credo», aggiunse a voce alta. «Intendi dire che credi di aver trovato la soluzione?» le domandò il Leprotto Marzolino. «Precisamente» disse Alice. «Allora, quando parli, dovresti dire ciò che intendi dire», soggiunse il Leprotto Marzolino. «Certo» replicò prontamente Alice; «perlomeno – perlomeno io intendo dire proprio ciò che dico – che è poi la stessa cosa, no?» «No che non è la stessa cosa!» esclamò il Cappellaio. «A questa stregua, potresti sostenere che “Vedo ciò che mangio” sia la stessa cosa di “Mangio ciò che vedo”!» «A questa stregua» aggiunse il Leprotto Marzolino, «potresti sostenere che “Mi piace quello che prendo” sia la stessa cosa di “Prendo quello che mi piace!”» «A questa stregua, potresti sostenere» aggiunse il Ghiro, il quale sembrava parlasse nel sonno, «che “quando dormo, respiro” sia la stessa cosa di “quando respiro, dormo”!» «Che per te è proprio quello che vale» concluse il Cappellaio, e qui cadde la conversazione e il gruppetto restò in silenzio per un minuto, mentre Alice cercava di ricordarsi tutto quello che sapeva sui corvi e sulle scrivanie, non molto per la verità. […] Alice era terribilmente perplessa. Non c’era alcun dubbio che il Cappellaio parlasse la sua stessa lingua, eppure quel discorso non aveva per lei alcun senso. «Non ti capisco proprio» disse con tutta la gentilezza possibile. «Il Ghiro si è riaddormentato» annunciò il Cappellaio, e gli versò sul naso un po’ di tè bollente. Il Ghiro scosse il capo seccato, e disse, senza aprire gli occhi: «Naturalmente, naturalmente: stavo per dirlo anch’io». «Hai trovato la soluzione dell’indovinello, allora?» chiese il Cappellaio, rivolgendosi di nuovo ad Alice. «No, ci rinuncio» rispose Alice. «Qual è?» «Non ne ho la più pallida idea» disse il Cappellaio. «E nemmeno io» disse il Leprotto Marzolino. Alice ebbe un sospiro di sconforto. «Dovreste imparare a usare un po’ meglio il vostro tempo» disse, «invece di sprecarlo con degli indovinelli senza soluzione». «Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io» replicò il Cappellaio, «non oseresti parlarne con tanta disinvoltura; lui è un Signor Tempo». «Non capisco cosa intendi dire» disse Alice. «Certo che non capisci!» esclamò il Cappellaio, con un cenno sprezzante del capo. «Ci scommetto che non hai mai provato a parlarci assieme, col Tempo!» «Forse no» rispose Alice cautamente, «ma so che quando facciamo musica, dobbiamo battere il tempo.» «Ah, ecco! Ora tutto si spiega!» esclamò il Cappellaio. «Lui non tollera di essere battuto. Vedi, se te lo tieni amico, lui fa quasi tutto quello che vuoi con l’orologio. Per esempio, mettiamo che siano le nove del mattino, stanno per cominciare le lezioni: tu prendi il Tempo e gli sussurri una parolina, e via che le lancette girano in un baleno! L’una e mezza, è l’ora del pranzo!» («Magari fosse l’ora del pranzo!» sussurrò fra sé e sé il Leprotto Marzolino). «Sarebbe magnifico, non c’è dubbio» rispose Alice con aria pensosa; «però – forse non avrei ancora fame, non ti pare?» «Non subito, forse» replicò il Cappellaio, «ma potresti tenerlo fermo all’una e mezza finché non ti viene fame». «E tu fai così?» domandò Alice. Il Cappellaio scosse il capo tristemente. «No, io no!» rispose. «Ci siamo litigati il marzo scorso» […] «Da quel momento» soggiunse il Cappellaio con tristezza, «non vuol far più niente di quanto gli domando. Sono sempre le sei, da allora!» Alice ebbe una felice intuizione. «È per questo che ci sono tutte queste tazze, qua fuori?» chiese. «Infatti» rispose il Cappellaio con un sospiro: «È sempre l’ora del tè, e non abbiamo neppure il tempo di lavare le tazze negli intervalli». L. Carroll, , Universale economica Feltrinelli, Milano 2019 Alice nel Paese delle meraviglie