Fidia
(Atene 490-430 a.C. ca.)
(Atene 490-430 a.C. ca.)
La scultura classica greca trova il suo massimo esponente nell’ateniese Fidia, scultore e architetto che interpretò con le sue opere tutti i valori della nuova Atene di Pericle. Si conosce poco della sua vita, in quanto, già nel mondo antico, la sua immagine era circondata da un’aura leggendaria. Secondo alcuni allievo di Agelàda di Argo ma formatosi più probabilmente nella bottega di Egìa di Atene, Fidia mosse i primi passi come pittore e si distinse nel tempo, oltre che come sovrintendente ai lavori del Partenone, per la sua capacità di lavorare differenti materiali – marmo e bronzo – e di restituire alle sue opere capacità espressiva e senso di movimento mai visti prima.
A differenza dei soggetti prescelti dagli scultori precedenti, le opere fidiache si distinguono in particolare per la rappresentazione di divinità che, anche in questo caso, sono entrate a far parte del repertorio artistico conosciuto attraverso le copie di età romana. Fidia è passato alla storia anche per la sua capacità di realizzare enormi statue crisoelefantine, ovvero di oro e avorio (dal greco chrysós – oro – ed eléphas – avorio), tra cui la statua di culto di Atena nel Partenone (vedi p. 162) e quella di Zeus collocata nel suo tempio a Olimpia (vedi OPERA PLUS).
Una delle prime opere di Fidia rappresenta un giovane Apollo Parnopio (90) (460 a.C. ca.), ovvero il “signore delle cavallette” (dal greco párnops – locusta), in quanto realizzato come ringraziamento a un intervento salvifico del dio in occasione di una invasione di locuste.
L’opera restituisce in parte i canoni policletei, anche se i piedi poggiano entrambi a terra e conferiscono maggiore stabilità alla scultura. Il busto non è inclinato bensì eretto, come avveniva nello stile severo, mentre le braccia sono realizzate in maniera morbida e naturale: il destro abbassato teneva in mano un ramoscello di alloro, pianta sacra al dio, mentre il sinistro è piegato in avanti e doveva reggere l’arco.
La copia di Kassel, città tedesca in cui è conservata, restituisce inoltre la serenità del volto idealizzato, insieme alla naturalezza del corpo e alla resa più plastica della capigliatura.
Nel 435 a.C. l’Artemísion di Efeso indice una gara per la realizzazione di una statua di Amazzone ferita da dedicare all’interno del santuario: le amazzoni erano un popolo di donne guerriere della mitologia greca. Al concorso partecipano i migliori scultori dell’epoca, tra cui lo stesso Fidia e Policleto, che sarà proclamato vincitore.
L’Amazzone di Fidia (91), giunta a noi in varie copie tra cui quella ampiamente restaurata nel Settecento e conservata ai Musei Capitolini, attesta l’introduzione dei princìpi caratteristici dell’arte fidiaca, che si ritrovano anche nelle creazioni successive, come lo spiccato naturalismo e la postura energica e dinamica. Elementi evidenti qui nel chitone che lascia il seno sinistro scoperto e accompagna la sinuosità del movimento che sta compiendo l’Amazzone, rappresentata nell’atto di sollevare il braccio destro per brandire una lancia. Per quanto concerne la ponderazione, l’Amazzone fidiaca supera lo schema del chiasmo policleteo: il peso grava tutto sulla gamba destra, così da lasciare completa libertà alle braccia e alla gamba opposta, piegata in avanti e con il piede che poggia solo la punta a terra. Infine, il lieve “effetto bagnato” delle pieghe del chitone aderente accentua il chiaroscuro, un’ulteriore caratteristica dell’arte di Fidia ampiamente attestata nelle sculture frontonali del Partenone.