Con una capienza vicina ai 13.000 spettatori, il teatro presenta una struttura canonica (112), con una cavea semicircolare del diametro di 128 metri, separata da un diázoma e disposta intorno a un’orchestra di circa 15 metri di diametro. Della scena è rimasto ben poco, ma è probabile che si sviluppasse su due piani e che fosse scandita da una serie di colonne, mentre ai lati si impostano due párodoi, ognuna con due porte, che risalgono alla seconda fase del teatro (II secolo a.C.). Al centro dell’orchestra, ancora utilizzata dai visitatori per testare l’acustica perfetta, è presente la base circolare del thyméle, l’altare sacro dedicato a Dioniso, mentre il corridoio anulare (proedría) accoglieva gli spettatori più importanti e i sacerdoti.
112. Pianta del teatro di Epidauro.
ARTE E TEATRO
Il ruolo sociale del teatro
LE RAPPRESENTAZIONI TEATRALI
Intorno al VI secolo a.C. nascono ad Atene tre generi teatrali, la tragedia, la commedia e il dramma satiresco, rappresentati in occasione delle feste religiose in onore di Dioniso. Secondo Aristotele, filosofo greco vissuto nel IV secolo a.C., la tragedia sarebbe nata da un canto in onore di Dioniso, chiamato ditirambo, eseguito sotto gli effetti dell’ebbrezza del vino. Tra le festività più rilevanti, ogni anno ad Atene venivano celebrate leGrandi Dionìsie, della durata di quattro giorni, in cui attori e cantanti si esibivano in vere e proprie gare drammatiche. Lo spettacolo, organizzato dalla pólis, permetteva a tutta la popolazione, tra cui anche poveri, schiavi, donne e stranieri, di prendere coscienza della propria appartenenza alla società civile. Il teatro era quindi percepito dal governo come una fonte di coesione sociale e soprattutto come uno strumento di educazione a beneficio di tutta la comunità. Come sottolinea Aristotele, infatti, il teatro permetteva di suscitare e di conseguenza purificare le passioni e i sentimenti degli spettatori (cosiddetta catarsi). Tale era il ruolo riconosciuto al teatro, che Pericle propose anche per i cittadini meno abbienti un compenso di due oboli, chiamato theorikón (dal greco theoría – spettacolo), pari al salario giornaliero di un lavoratore non specializzato, per ogni giornata a teatro, in modo da permettere la partecipazione anche alle classi sociali più basse.
Cratere a figure rosse con Dioniso che assiste a una danza accompagnata da una suonatrice di doppio flauto, V-IV secolo a.C., h 82,8 cm. Taranto, Museo Archeologico Nazionale.
IL DEUS EX MACHINA
Per enfatizzare l’espressività dei personaggi che interpretavano, e permetterne il riconoscimento da lontano, gli attori erano soliti indossare maschere con lineamenti del volto accentuati, a volte anche mostruosi. Con il tempo i personaggi delle tragedie e delle commedie si trasformarono in veri e propri “tipi”, ognuno destinato a una precisa azione nei vari scenari che si configuravano, accompagnati dal coro che inizialmente esprimeva commenti e riflessioni morali, mentre in un secondo momento viene relegato a una funzione esclusivamente lirica. Le trame, spesso ispirate a temi mitologici, si svolgevano attraverso uno schema ben preciso con intrecci di personaggi e situazioni che venivano risolte dall’intervento di un attore che interpretava una divinità, calato sulla scena attraverso una macchina lignea, da cui l’espressione deus ex machina, una divinità che scende da una macchina, intesa appunto come marchingegno teatrale.
Maschera teatrale greca ellenistica. Atene, Museo Archeologico Nazionale.