L’intenso páthos che travolge l’intera scena e coinvolge emotivamente lo spettatore è la vera novità dell’opera, insieme all’esasperato ed energico movimento delle figure, in una dimensione inusuale rispetto alle precedenti gigantomachie. La sofferenza dei giganti, rappresentati come esseri mostruosi e anguipedi (con gambe serpentiformi), si contrappone alla sicurezza e alla fierezza delle divinità olimpiche, di cui quelle principali sono disposte sul lato orientale, opposto all’ingresso dell’altare ma il primo a essere visto quando si accedeva alla terrazza.
