CASO STUDIO
Il Museo Nazionale dell’Iraq a Baghdad
LA NASCITA DEL MUSEO
Il museo nasce negli anni Venti del secolo scorso grazie alla collaborazione fra la studiosa britannica Gertrude Bell (1868-1926), e Feisal I, re dell’Iraq, con lo scopo di creare una raccolta di arte irachena. La prima sede del museo aperta a Baghdad nel 1927 raccoglieva le raccolte ottocentesche, ma nel 1940, in seguito all’intensificarsi degli scavi archeologici intrapresi da istituzioni europee e americane, iniziarono i lavori per una sede più grande, l’attuale, in grado di ospitare i numerosissimi reperti.
L’ampliamento del museo aveva lo scopo anche di interrompere il flusso di opere d’arte che dagli scavi in Iraq venivano trasferite in Europa: non protette da un’adeguata legge di tutela, che fino al 1967 permetteva di poter spartire reperti “analoghi o duplici” rinvenuti negli scavi, le opere d’arte venivano infatti trasportate dagli archeologi stessi o da commercianti.
L’Iraq ospita un numero esorbitante di siti archeologici (quasi 13.000) oggi protetti da leggi apposite che vietano il trasferimento in un altro Paese degli oggetti rinvenuti, risalenti alle civiltà mesopotamiche.

DAL SACCHEGGIO ALLA RICOSTRUZIONE
Il museo è stato chiuso nel 1991 per la Guerra del Golfo, che oppose l’Iraq a una coalizione di 35 Stati guidati dall’ONU intervenuti per garantire la sovranità del Kuwait, e ha subìto un devastante saccheggio nel 2003 a seguito della caduta di Saddam Hussein, presidente dell’Iraq, evento storico che sconvolse completamente gli equilibri dello Stato e del mondo intero. In questa occasione il museo subì una vera e propria razzia da parte degli stessi iracheni, che rubarono e danneggiarono gran parte della collezione archeologica: le statue furono buttate a terra, alcuni manufatti vennero completamente distrutti, altri invece trafugati, provocando un danno storico-artistico senza precedenti, se si considera che quasi 15.000 opere andarono perdute.
Il Museo di Baghdad è stato oggetto di un imponente restauro che ne ha permesso la riapertura nel 2015 grazie anche al contributo di numerosi Paesi europei, tra cui l’Italia. La situazione alla riapertura del museo era però complessa: il territorio di Baghdad, infatti, non era ancora considerato sicuro per poter ospitare turisti e il popolo iracheno non era sensibilizzato verso il proprio patrimonio artistico a causa della lunga guerra che aveva spostato altrove l’attenzione dei cittadini. Dal 2015, però, alcune attività museali sono riprese: sono stati accolti giovani studiosi provenienti da tutto il mondo, hanno riaperto un bookshop e una caffetteria e il museo è tornato lentamente a essere un luogo di interesse e aggregazione per il popolo iracheno.
Purtroppo, nemmeno oggi la città che lo ospita gode di condizioni di sicurezza tali da poter permettere un buon afflusso turistico: nonostante questo, resta aperto ogni giorno e offre una prospettiva di ripresa, seppur difficoltosa.
