CON VER GENZE di Jacopo Veneziani UN ESPLOSIONE DI COLORI 1891 / Claude Monet Un estate di fine Ottocento, subito dopo la mietitura, Claude Monet poggi la tela sul cavalletto nei terreni del suo vicino di casa a Giverny, un piccolo villaggio della Normandia a una settantina di chilometri da Parigi. Era deciso a lanciarsi in un impresa eroica: catturare ci che per definizione non mai destinato a fermarsi, lo scorrere del tempo. Voleva usare i covoni di grano sparsi in quei campi per mostrare gli effetti mutevoli di luce e colore con il passare delle ore, dei giorni e delle condizioni atmosferiche. Nel corso di quattro anni, tra il 1888 e il 1891, dedic a questa impresa ben 25 tele, dipinte in serie, come avrebbe poi fatto con la facciata della Cattedrale di Rouen e con le celeberrime ninfee del suo giardino. In alcune tele, ci appare un covone solitario, in altri ne vediamo due o tre, dipinti all alba, al pomeriggio, al tramonto Le trebbiatrici impiegavano tempo per spostarsi da un villaggio all altro e Monet aveva, dunque, interi mesi a disposizione per ispezionare quei covoni prima che venissero trasformati in fieno per foraggio. Di settimana in settima, passava dal trascorrere intere giornate sotto il calore del sole estivo allo sfidare il freddo invernale per studiare gli effetti di nebbia, brina o neve sul paesaggio agreste. «Sto lavorando molto intensamente, alle prese con una serie di effetti diversi», scrisse al critico Gustave Geffroy (1855-1926). «Pi continuo, pi vedo che necessario un grande lavoro per riuscire a rendere ci che cerco». Per non lasciarsi sfuggire le sfumature fluttuanti della luce naturale, Monet che lavorava, in loco, simultaneamente su diversi cavalletti saltava da un quadro all altro. Blanche Hosched (1865-1947), la figlia della sua compagna, che lo aiutava a trasportare il materiale per dipingere nei campi, raccont che poteva intervenire su 12 tele contemporaneamente. Non c era tempo da perdere di fronte allo spettacolo della natura! Questa sua nuova visione della pittura procedeva di pari passo con le ricerche scientifiche che, in quegli stessi anni, cercavano di svelare i segreti dell occhio umano, lo strumento pi sofisticato per registrare la luce. «Per me un paesaggio non esiste quasi per niente come paesaggio, perch il suo aspetto cambia continuamente; ma vive in virt di ci che lo circonda, l aria e la luce, che variano costantemente», spiegava l artista proprio mentre Alexandre-Edmond Becquerel (1820-91) dedicava vari studi al concetto di etere, una sostanza invisibile 184 UNITÀ 4 vaporosa attraverso la quale si credeva viaggiassero le onde della luce solare. A fine giornata, poi, portava i suoi dipinti in un fienile riconvertito a studio e li modificava nuovamente, affinando le armonie cromatiche e aggiungendo tocchi di viola, bianco e verde in aree in cui solitamente non avrebbero dovuto trovarsi. Attivo gi da una trentina d anni, Monet aveva pi volte scandalizzato il pubblico parigino con i suoi paesaggi composti da pennellate frastagliate e colori vibranti, dipinti come se il pennello fosse collegato direttamente all occhio che capta e registra visioni istantanee e sensazioni luminose. I suoi erano soggetti difficili da decifrare, privi di quei contorni rassicuranti con cui, per secoli, gli artisti avevano definito e rappresentato la realt tangibile. Agli osservatori fautori di una pittura perfetta senza interruzioni, rifinita e lisciata, le sue opere sembravano pasticci vaghi e imprecisi in cui non si capiva nulla. Prendiamo, per esempio, i Covoni, fine d estate, effetto di sera o i Covoni, autunno, effetto di sera, entrambe all Art Institute di Chicago, il museo che ne possiede il pi corposo gruppo al mondo. Il pittore plasma due covoni, uno dei quali rompe la linea dell orizzonte con la sua cima conica, utilizzando macchie screziate di gialli, rossi e viola. Non certo un immagine fedele di quello scorcio di campagna! «Tutti i miei sforzi sono volti semplicemente a realizzare il maggior numero possibile di immagini intimamente collegate a realt sconosciute», spieg Monet. Ma a quali «realt sconosciute» si riferiva? Intendeva dire che: IL SUO SCOPO NON ERA DIPINGERE LA NATURA CON PRECISIONE OTTICA, COS COM , MA RESTITUIRNE UN IMMAGINE INEDITA E SUGGESTIVA, FORMATASI NEL SUO OCCHIO COME RISULTATO DI UNA SENSAZIONE FUGGITIVA, UNA PERCEZIONE MOMENTANEA, UN IMPRESSIONE. ECCO PERCH MONET VIENE CONSIDERATO IL CAPOSCUOLA DELL IMPRESSIONISMO! Nel maggio del 1891, l artista appese 15 di queste tele, una accanto all altra, in una piccola sala della Galerie Durand-Ruel di Parigi. La mostra ebbe un successo commerciale e di critica senza precedenti, segnando una svolta nella carriera di Monet e al tempo stesso nella storia dell arte.