CON VER GENZE OLTRE L A CIT TÀ di Jacopo Veneziani 1914 / Giorgio de Chirico Allo scoccare del Novecento, molti pittori italiani, desiderosi di rinnovare l arte del proprio Paese, si cimentarono in opere originali e dirompenti. Da un lato, artisti come Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Gino Severini e Carlo Carr i cosiddetti Futuristi misero a punto un modo innovativo di rappresentare il movimento per raccontare la frenesia della vita moderna e il mondo del futuro, sempre pi rapido e dinamico. Dall altro, quasi per sottrarsi alla concitazione del nuovo secolo e proprio come reazione agli eccessi delle Avanguardie, un artista solitario propose opere figurative, poetiche e apparentemente rasserenanti, dipinte con una tecnica impeccabile che gli valse il soprannome latino di Pictor Optimus, all anagrafe Giorgio de Chirico. Ne L enigma di una giornata, realizzato nel 1914, tre anni dopo il suo arrivo a Parigi, l artista ci conduce in una piazza bagnata dal sole, costeggiata da portici inondati di luce. un luogo silenzioso e deserto, tranne che per una statua solitaria (c chi, grazie agli occhiali che si scorgono sul volto, vi ha riconosciuto lo statista risorgimentale Camillo Benso conte di Cavour), due figure umane e un treno che sbuffa in lontananza. Convivono in questa opera l eternit , il passato (rappresentato dalla scultura), la modernit (simboleggiata dal treno e dalle ciminiere), ma anche un senso di precariet (rappresentato dal vento che agita la bandiera in alto a destra). Pi osserviamo il dipinto e pi un senso di angoscia e inquietudine si insinua in questo spazio architettonico. I contrasti stridenti di colore, steso a larghe campiture, le ombre spettrali, nettamente marcate, e la prospettiva volutamente distorta ben visibile nel grande edificio porticato o nel selciato della piazza, liscio e inclinato come fosse un grande palcoscenico minano infatti l iniziale impressione di calma e tranquillit . E come spiegare le due grandi casse dipinte in primo piano e al centro della piazza? Fanno probabilmente riferimento ai tanti viaggi e traslochi dell artista prima di arrivare a Parigi, aveva vissuto in Grecia, dove era nato, poi a Milano, Firenze e Monaco ma come sono finite qui? proprio la domanda che vuole farci porre il pittore! A forza di studiare Arthur Schopenhauer (1788-1860) e Friedrich Nietzsche (1844-1900), De Chirico si era messo a dipingere opere in cui cercava di esplorare l assurdit dell esistenza umana, immagini stranianti concepite per far sorgere interrogativi profondi 348 UNITÀ 6 che oltrepassano la realt fisica. proprio questa la ragione per cui avrebbe poi chiamato la sua pittura metafisica (etimologicamente, oltre la fisica ). «Bisogna penetrare l enigma delle cose considerate generalmente insignificanti», ripeteva spesso, un enigma evocato dai soggetti e dagli stessi titoli di numerose sue opere: L enigma dell oracolo (1910), L enigma dell arrivo (1910), L enigma della fatalit (1914) e, appunto, il nostro Enigma di una giornata. Dopo aver visitato l atelier dell artista a Parigi, il poeta Guillaume Apollinaire (1880-1918) comment : «L arte di questo giovane pittore un arte interiore e cerebrale che non ha alcun rapporto con quella dei pittori degli ultimi anni». Not anche che le opere di De Chirico assumevano spesso un aspetto surnaturel, soprannaturale . Mancava ormai poco alla nascita del Surrealismo, il movimento che pi di ogni altro ha cercato di esplorare le profondit dell inconscio umano e di liberare la creativit dalle restrizioni della ragione e della logica. E L enigma di una giornata fu acquistato proprio dal principale teorico del Surrealismo, Andr Breton (lo vediamo alle sue spalle in alcune fotografie dell epoca), per il quale l artista italiano era un esploratore dell inconscio proprio come Sigmund Freud. Presi singolarmente, gli oggetti dipinti da De Chirico sono perfettamente riconoscibili una statua, un treno, una ciminiera, una cassa per traslochi ma, accostati gli uni agli altri in uno spazio pubblico disabitato e costruito con rigore geometrico, diventano misteriosi e irreali, sospesi in una combinazione incongrua, come se li stessimo vedendo per la prima volta. Ecco l aspetto metafisico delle cose! «L opera d arte metafisica», scritto nel suo saggio Sull arte metafisica (1919), « quanto all aspetto serena; d per l impressione che qualcosa di nuovo debba accadere in quella stessa serenit e che altri segni, oltre a quelli gi palesi, debbano subentrare sul quadrato della tela». UNA PITTURA IN CUI NULLA ACCADE UN UNIVERSO DOVE TUTTO PU SUCCEDERE. ECCO PERCH LE PIAZZE DI DE CHIRICO STIMOLANO LA NOSTRA FANTASIA. NON SUGGERISCONO UNA LETTURA DEFINITIVA, MA EVOCANO RICORDI E SPUNTI PER IMMAGINARE MOLTEPLICI STORIE.