CON VER GENZE di Jacopo Veneziani ALL A RICERCA DI ALTRE DIMENSIONI 1959 / Lucio Fontana «Il dottor von Braun ripete che i razzi potranno raggiungere la Luna», sottolineava un articolo pubblicato nel The Huntsville Times il 14 maggio 1950. L entusiasmo dello scienziato Wernher von Braun (1912-77), capostipite del programma spaziale americano, contagiava in quei giorni il pubblico internazionale, sensibilizzandolo al tema dei viaggi e delle tecniche di navigazione nell universo. Tra i molti telespettatori stregati dalle prime riprese sperimentali della Terra osservata dall alto, c era anche Lucio Fontana, uno scultore argentino di nascita e milanese di adozione che, ormai da una trentina d anni, si interrogava su come far dialogare al meglio un opera d arte con ci che le sta intorno. Le immagini trasmesse dai cinegiornali del nostro pianeta striato dalle scie di vapore luminose lasciate dai razzi lo convinsero come scrisse della necessit di «abbandonare la pratica delle forme d arte conosciute», considerate ormai troppo strette, per sviluppare «nuove modalit di espressione» che tenessero conto dell universo sconfinato in cui l uomo contemporaneo aveva ormai la consapevolezza di essere immerso. Non era pi possibile ignorare questo spazio infinito! «Vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice», affermava nel 1948 Fontana con enfasi nel Secondo manifesto dello Spazialismo, il movimento artistico da lui fondato nel 1946. Ma come ampliare il dipinto? Come spingerlo oltre i suoi confini? «Potrei squarciarne fisicamente la superficie!», si disse. I suoi occhi di scultore, infatti, non interpretavano la tela come una semplice superficie neutra da ricoprire con forme e colori, bens come un oggetto plastico da modellare. Non si trattava pi di utilizzarla per rappresentare uno spazio virtuale come avevano fatto molti artisti prima di lui, per esempio attraverso le tradizionali regole della prospettiva bens di plasmarla per creare fisicamente una nuova dimensione. Nel 1949, Fontana inizi cos a farsi spazio attraverso le tele creando costellazioni di buchi aperti verso un ignoto altrove, primo sforzo concettuale dello Spazialismo, per arrivare poi dieci anni pi tardi alla loro naturale estensione: i celeberrimi tagli, da soli o in gruppo, obliqui o verticali, pi o meno lunghi o larghi, ma sempre intitolati Concetto spaziale. Nell arco di dieci anni, dal 1958 al 1968, tagli circa 1500 tele, realizzandole con un 494 UNITÀ 8 meticoloso iter tecnico. «Non che entro in studio, mi levo la giacca e trac!, faccio tre o quattro tagli», tenne a precisare l artista al fotografo Ugo Mulas (1928-73), che aveva chiesto di poterlo ritrarre al lavoro. Dopo aver scelto attentamente la tela dalla grana pi adatta, Fontana ne ricopriva entrambi i lati con una densa vernice bianca mescolata a resine industriali. Fissava poi la tela al telaio tramite chiodi e punti metallici per evitare di diminuirne la tensione una volta incisa la superficie e dopo aver colorato il fronte della tela sperimentando varie tecniche, dalla pittura a olio all idropittura eseguiva i suoi tagli netti, facendo scorrere a velocit moderata il suo leggendario taglierino Stanley. A questo punto, per evitare di ritrovarsi con squarci esteticamente deludenti che avrebbero vanificato tutto il lavoro di preparazione, modellava con la sua mano ferma i bordi del taglio dando loro una forma concava pi piacevole alla vista. Quindi no, non avremmo potuto farli anche noi quei tagli, come potrebbero forse credere gli spettatori pi scettici di fronte a questi emblemi dell arte contemporanea. CON UN GESTO APPARENTEMENTE SEMPLICE, FONTANA RIESCE A LIBERARE LA TELA DALLA SUA TRADIZIONALE BIDIMENSIONALITÀ APRENDOLA A UNA GALASSIA DI OPPORTUNITÀ, SFIDANDO I CONFINI CONVENZIONALI TRA IL FRONTE E IL RETRO, IL DI QUA E IL DI LÀ, LA LUCE E L OMBRA. I SUOI TAGLI SONO SPIRAGLI VERSO NUOVI SPAZI E NUOVE PROFONDITÀ. Proviamo a sbirciare al loro interno: che cosa notiamo? Nulla! Per accentuarne l aura misteriosa, infatti, l artista ha fissato con colla Vinavil spesse strisce di garza nera dietro i loro lembi, come a dire: «State osservando un mondo buio ancora inesplorato». Come lui stesso scrive, questi squarci «sono il mistero, l incognito dell arte, sono l attesa di una cosa che deve succedere». Andare oltre il piano usuale del quadro significava tuffarsi nel vuoto, disegnare una traiettoria verso l ignoto come quella seguita dall Apollo 11 nel luglio 1969, dieci mesi dopo la morte dell artista, per raggiungere la Luna.