CON VER GENZE di Jacopo Veneziani DARE FORMA ALL INFINITO 1807-08 / Caspar David Friedrich Nei primi trent anni dell Ottocento, intravedendo i bagliori della nascente Rivoluzione industriale, molti artisti si chiesero se fosse ancora possibile esprimere la forza della spiritualit in una cultura sempre pi scientifica e tecnologica. Profondamente religioso, il pittore tedesco Caspar David Friedrich accolse questa sfida e, allontanandosi dalla tradizionale iconografia cristiana, cerc Dio nei paesaggi del Nord, lungo le coste del Mar Baltico o tra le cime montuose dello Harz, in spazi sterminati dipinti alla luce dell alba, al tramonto o al chiaro di luna. Era talmente convinto che «il divino» fosse «ovunque, anche in un granello di sabbia» come scrisse in una lettera che nel 1808, rompendo con le regole e le convenzioni tradizionali dell arte, dipinge un paesaggio da esporre come pala d altare! Prima della sua Croce in montagna, cos si intitola l opera, nessuno aveva mai osato sostituire le scene sacre ispirate alla Bibbia, alla vita di Cristo o dei santi, che solitamente decoravano gli altari delle chiese, con una veduta montana. Una simile trasgressione scaten non poche critiche e per rispondere ai detrattori che lo accusavano di aver lasciato che la pittura paesaggistica «si introducesse nelle chiese e strisciasse sugli altari» Friedrich ritenne opportuno dare la propria interpretazione del dipinto. Al tramonto, sotto un cielo nuvoloso rischiarato da raggi divini, una croce si staglia su un aspra cima rocciosa, simbolo della fermezza della fede, circondata da abeti sempreverdi che rappresentano «la nostra speranza in lui, il Crocifisso», dipinto di spalle quasi a voler riflettere la solitudine spirituale che ogni essere umano prova di fronte al proprio destino. Per rafforzare il significato mistico e trascendentale dell opera, Friedrich si preoccup di disegnarne anche la cornice scolpita poi da Christian Gottlieb K hn (1780-1828) decorandola con emblemi religiosi come il grano e l uva, metafore del pane e del vino, corpo e sangue di Cristo, e alla base completarla con l occhio di Dio, all interno di un triangolo circondato da raggi di luce, a simboleggiare la sua capacit di vedere e comprendere tutto ci che accade nel mondo. Timido, taciturno e incline a una profonda malinconia, il giovane Caspar David era convinto che contemplare la natura fosse un ottimo stratagemma per placare le 84 UNITÀ 2 inquietudini interiori ed proprio questo tipo di conforto che cercava di trasmettere con la sua arte. «Pi che focalizzarvi su ci che viene rappresentato», spiegava ai suoi spettatori, «dovete prestare attenzione a ci che sentite di fronte ai miei dipinti», consigliando di osservare questi ultimi con quello che lui definiva «l occhio dello spirito». La natura di Friedrich non ispira per la sua bellezza minacciosa, come quella raffigurata da alcuni suoi colleghi che, tra la fine del Settecento e l inizio dell Ottocento, immortalavano eruzioni vulcaniche e tempeste marine per creare opere estremamente ricche di pathos. Lui propone piuttosto un esperienza meditativa e spirituale, in cui l uomo misura la propria fragilit contemplando una natura solenne e sconfinata e avvicinandosi cos al divino insito in essa. Varcare la soglia di un suo dipinto significa sottoporsi a una vera e propria terapia d urto che, mostrandoci la nullit dell essere umano rispetto alla grandiosit del cosmo rappresentato, aiuta a relativizzare i problemi quotidiani e a neutralizzare cos le ansie e i dolori che potrebbero attanagliarci. E di problemi, ansie e dolori, Friedrich ne sapeva qualcosa. Orfano di madre a sei anni, perse due sorelle durante l infanzia e nel 1787, a tredici anni, rischi lui stesso di annegare in un lago ghiacciato su cui stava pattinando, salvato in extremis dal sacrificio del fratello Johann Christoffer, affogato per soccorrerlo. «Devo concedermi totalmente a ci che mi circonda, unirmi alle mie nuvole e alle rocce, per riuscire a essere quello che sono. L arte mi serve per comunicare con la natura», annota il pittore nei suoi Scritti sull arte. «Il compito dell artista», prosegue, «non consiste nella fedele rappresentazione del cielo, dell acqua, delle rocce e degli alberi; sono la sua anima e la sua sensibilit a doversi rispecchiare nella natura». LA SUA CROCE IN MONTAGNA , INSOMMA, UN VARCO, OLTREPASSANDO IL QUALE NELLA VISIONE DEL PIT TORE LO SPETTATORE RIESCE A DIALOGARE NON SOLO CON IL DIVINO MA ANCHE CON S STESSO, PROIETTANDO NEL PAESAGGIO I SUOI SENTIMENTI UMANI PI INTIMI.