Il medico mi guardò nelle orecchie, dedicando quasi tutto il suo tempo (credo) a quello sinistro. Poi mi fece sdraiare sul lettino. «Sollevati un attimo, Stevie», mi invitò l’infermiera e mi infilò sotto la testa una grande pezza assorbente, che forse era un pannolino, cosicché quando mi adagiai di nuovo, vi posai sopra la guancia. Avrei dovuto intuire che c’era del marcio in Danimarca. Chissà, forse lo intuii. Ci fu un odore penetrante di alcol. Uno scatto quando il dottore delle orecchie aprì lo sterilizzatore. Io vidi l’ago che aveva in mano – che mi sembrò lungo quanto il righello che tenevo nel mio astuccio scolastico – e mi irrigidii. Il dottore delle orecchie mi rivolse un sorriso e pronunciò la bugia per la quale i dottori dovrebbero essere immediatamente incarcerati (e per il doppio del tempo, quando la bugia viene detta a un bambino): «Tranquillo, Stevie, non ti farà male». Gli credetti. 35 40 rassicurante 45 pagina 14 UNA PAROLA PER TE Mi infilò l’ago nell’orecchio e mi forò il timpano. Il dolore fu come non l’avrei mai più provato in vita mia: posso solo paragonarlo al primo mese di convalescenza dopo che sono stato investito da un minivan nell’estate 1999. La sofferenza di allora fu più lunga nel tempo ma non altrettanto intensa. La perforatura del timpano fu un dolore fuori del mondo. Urlai. Sentii un rumore dentro la testa, uno schiocco come di un bacio sonoro. Dall’orecchio mi colò fuori un fluido caldo e fu come se mi fossi messo a piangere dal buco sbagliato. Dio sa quanto già piangevo da quelli giusti. Sollevai la faccia inondata e guardai incredulo il dottore delle orecchie e l’infermiera del dottore delle orecchie. Poi guardai la salvietta che l’infermiera aveva steso all’estremità superiore del lettino. C’era una grande macchia di bagnato. E c’erano anche fili sottili di pus giallo. 50 55