L’obiezione mi giunse offensiva: come si permetteva Enrico di dubitare
di una mia affermazione? Io ero il teorico, solo io: lui, benché titolare (in
una certa misura, e poi solo per “transfert”) del laboratorio, anzi, appunto
175 perché non era in condizione di vantare altri numeri, avrebbe dovuto
astenersi dalle critiche. «Ora vedremo», dissi: sollevai con cura il barattolo
del catodo, e tenendolo con la bocca in giù accesi un fiammifero e lo avvicinai.
Ci fu una esplosione, piccola ma secca e rabbiosa, il barattolo andò in
schegge (per fortuna lo reggevo all’altezza del petto, e non più in su), e mi
180 rimase in mano, come un simbolo sarcastico, l’anello di vetro del fondo.
Ce ne andammo, ragionando sull’accaduto. A me tremavano un po’ le
gambe; provavo paura retrospettiva, e insieme una certa sciocca fierezza,
per aver confermato un’ipotesi, e per aver scatenato una forza della natura.
Era proprio idrogeno, dunque: lo stesso che brucia nel sole e nelle stelle,
185 e dalla cui condensazione si formano in eterno silenzio gli universi.
P. Levi, Il sistema periodico, Torino, Einaudi, 2005