Il romanzo autobiografico ha un’esigenza minore di verità e permette, inoltre, di presentare una porzione piccola di una vicenda, un ricordo, senza la pretesa che questa assurga a una verità storica e universalmente accettabile.

Questo è importante e interessante quando gli autori e le autrici si confrontano con la grande Storia. Bisogna essere consapevoli che si tratta di un punto di vista: ciascuno può esprimere una parte della verità, ma non tutta la verità nella sua interezza. Di fronte a episodi straordinari (o terribilmente straordinari) nessun punto di vista è assoluto.

L'immagine mostra una silhouette umana di profilo con dettagli interni che richiamano i tasti di una macchina da scrivere, rappresentati con colori giallo oro e nero. Un koala realistico sembra aggrapparsi alla silhouette, creando un contrasto tra elementi naturali e tecnologici. Lo sfondo è un ambiente scuro e futuristico, con una luce che illumina parzialmente il profilo umano.

Memoir

Con il termine inglese memoir (che deriva dal francese mémoire) si intende una narrazione autobiografica che non ha la pretesa di abbracciare tutta un’esperienza di vita, ma solo alcuni aspetti. Spesso, il memoir è caratterizzato da episodi anche apparentemente slegati tra loro, ma in realtà uniti da un filo rosso. Proprio per questo, tali “episodi” o “capitoli” funzionano come dei racconti staccati, che però prendono corpo e senso solo all’interno della narrazione complessiva.

Il focus della narrazione non è tanto documentare una serie di fatti (come potrebbe essere un diario di bordo, per esempio), ma riflettere sulle emozioni, sul ruolo di quei ricordi nella formazione della persona.

Diario

Il diario nasce come una scrittura privata: per citare il caso forse più famoso, Anne Frank non pensava che le sue parole sarebbero state rese pubbliche, altrimenti non avrebbe fatto affermazioni pungenti verso la sua famiglia e le persone che stavano con lei nel rifugio dove ha trascorso l’ultima parte della sua vita. Appartengono alla categoria del diario anche i resoconti delle esplorazioni geografiche (che hanno una funzione molto tecnica) oppure quelli che fissano momenti significativi della vita, come gli appunti di chi è in esilio.
È possibile tuttavia sia che l’autore tenga un diario per la specifica volontà di pubblicarlo (per esempio un memoriale di viaggio), sia che il diario sia immaginario e che divenga quindi una forma della narrazione di fiction (come nel caso del Diario assolutamente sincero di un indiano part-time, un romanzo umoristico di Sherman Alexie, 2007).

Nel diario, l’autore o l’autrice tiene degli appunti, tendenzialmente giornalieri (da cui deriva il nome stesso, dal latino dìes, “giorno”) e datati, annotando quanto è accaduto o le sue riflessioni attorno a un determinato evento.

Il diario ha dunque una struttura rigidamente cronologica, anche se può capitare che chi scrive decida di raccontare qualcosa che è avvenuto nei giorni o mesi precedenti. A livello di tempi verbali, quindi, si alternano il presente e il passato, per segnalare la distinzione tra il tempo della scrittura e il tempo in cui sono accaduti i fatti.
Nel diario, tuttavia, potrebbero anche essere quasi totalmente esclusi i fatti: la scrittura si concentra in questo caso su aspetti più intellettuali o intimi, su riflessioni attorno a delle tematiche filosofiche, esistenziali o anche letterarie. È il caso del diario di Cesare Pavese (1908-1950), Il mestiere di vivere, pubblicato postumo nel 1952, in cui egli riflette sia su di sé e sui suoi dubbi esistenziali, sia sulla sua scrittura.