Diario
Il diario nasce come una scrittura privata: per citare il caso forse più famoso, Anne Frank non pensava che le sue parole sarebbero state rese pubbliche, altrimenti non avrebbe fatto affermazioni pungenti verso la sua famiglia e le persone che stavano con lei nel rifugio dove ha trascorso l’ultima parte della sua vita. Appartengono alla categoria del diario anche i resoconti delle esplorazioni geografiche (che hanno una funzione molto tecnica) oppure quelli che fissano momenti significativi della vita, come gli appunti di chi è in esilio.
È possibile tuttavia sia che l’autore tenga un diario per la specifica volontà di pubblicarlo (per esempio un memoriale di viaggio), sia che il diario sia immaginario e che divenga quindi una forma della narrazione di fiction (come nel caso del Diario assolutamente sincero di un indiano part-time, un romanzo umoristico di Sherman Alexie, 2007).
Nel diario, l’autore o l’autrice tiene degli appunti, tendenzialmente giornalieri (da cui deriva il nome stesso, dal latino dìes, “giorno”) e datati, annotando quanto è accaduto o le sue riflessioni attorno a un determinato evento.
Il diario ha dunque una struttura rigidamente cronologica, anche se può capitare che chi scrive decida di raccontare qualcosa che è avvenuto nei giorni o mesi precedenti. A livello di tempi verbali, quindi, si alternano il presente e il passato, per segnalare la distinzione tra il tempo della scrittura e il tempo in cui sono accaduti i fatti.
Nel diario, tuttavia, potrebbero anche essere quasi totalmente esclusi i fatti: la scrittura si concentra in questo caso su aspetti più intellettuali o intimi, su riflessioni attorno a delle tematiche filosofiche, esistenziali o anche letterarie. È il caso del diario di Cesare Pavese (1908-1950), Il mestiere di vivere, pubblicato postumo nel 1952, in cui egli riflette sia su di sé e sui suoi dubbi esistenziali, sia sulla sua scrittura.