APPROFONDIAMO – LO STATO MODERNO: MACHIAVELLI, BODIN, HOBBES E LOCKE A CONFRONTO Oggi con la parola “Stato” indichiamo una formazione politico-sociale e giuridica caratterizzata dalla coesistenza di tre elementi: un popolo, un territorio e un ordinamento sovrano. L’affermazione dell’attuale accezione del termine “Stato” è stata molto lenta. Alla fine del Medioevo troviamo una quantità innumerevole di soggetti partecipanti al potere politico (circa cinquecento); questo numero si riduce notevolmente durante l’età moderna, tanto che nel Settecento in Europa si contano una trentina di Stati sovrani. Questa semplificazione del quadro politico europeo è il frutto di tre secoli di guerre durante i quali si forma lo Stato moderno. L’aggettivo “moderno” fa riferimento all’ambito cronologico (Stato in età moderna) e ai processi di modernizzazione nella società. Il sostantivo “Stato” lentamente assunse il significato che gli diamo noi oggi. I termini che, per gran parte dell’età moderna, sostituivano la parola Stato erano: regno, nel caso di Stati a base monarchica, o signoria (come insieme di signori) nel caso di Stati a base repubblicana. Nel corso dell’età moderna fioriscono numerose teorie sulla natura del potere e sulla migliore forma possibile di ordinamento statale. Niccolò Machiavelli (1469-1527) matura il suo pensiero nel corso della crisi politica che investe gli Stati italiani tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, quando diviene evidente che le piccole entità politiche della penisola sono destinate a piegarsi all’avanzata delle grandi monarchie europee. Nel 1513 scrive , nel quale traccia il profilo di un capo di Stato risoluto, capace di essere a un tempo furbo come una volpe e forte come un leone. Machiavelli afferma l’autonomia della politica che, svincolata dai principi religiosi e morali, risponde unicamente alle leggi dell’esperienza e della necessità. Se Machiavelli, da figlio illustre del Rinascimento, si concentra sull’individuo, il francese Jean Bodin (1529-96) propone una riflessione più sistematica sul concetto di Stato. Egli vive gli anni terribili delle guerre di religione tra protestanti e cattolici che straziano la Francia della seconda metà del Cinquecento. Questa esperienza lo porta a vedere nel rafforzamento della monarchia l’unica via di pacificazione. Nei suoi (1576) si sofferma sul concetto di sovranità, che identifica nel potere assoluto (da , cioè “sciolto da qualsiasi legame”) del sovrano. Le uniche leggi superiori al re che Bodin ammette sono la legge divina e le leggi costitutive del regno. Thomas Hobbes (1588-1679) teorizza una sovranità ancora più assoluta di Bodin. Il suo pensiero è influenzato dalle turbolente vicende della guerra civile inglese, culminate con la condanna a morte di Carlo I Stuart. Nella sua opera più famosa, (1651), afferma che l’uomo “naturale” si trova in una situazione costante di guerra di tutti contro tutti: solo attraverso la costituzione di un uomo “artificiale”, cioè lo Stato, si può porre fine a questa situazione. Hobbes conferisce allo Stato le fattezze di un mostro biblico, il Leviatano, a cui «nessun’altra potenza terrena può essere contrapposta» (Giobbe 41,25). A questa entità i singoli, attraverso un patto di ciascuno con tutti gli altri, hanno trasferito la gran parte dei propri diritti, assegnandole un potere vastissimo, che non può essere messo in discussione. Se Hobbes è stato uno dei maggiori teorici dell’assolutismo monarchico, a un altro inglese, John Locke, si deve la teoria della separazione dei poteri. Egli pubblica i nel 1690, all’indomani della rivoluzione che fa dell’Inghilterra la prima monarchia costituzionale europea, in cui il potere esecutivo, rappresentato dal re, è subordinato a quello legislativo, ovvero al parlamento. Anche Locke, come Hobbes, immagina che all’origine dello Stato vi sia un accordo stretto fra tutti gli uomini, ma arriva a conclusioni completamente diverse: per lui il potere esecutivo e quello legislativo debbono essere collocati in mani distinte, per evitare le derive autoritarie dei governanti, per salvaguardare i diritti naturali dell’individuo (libertà, proprietà privata) e per consentirne la totale autonomia di azione. Questa posizione fa di Locke il capostipite del pensiero politico liberale. Niccolò Machiavelli Il Principe Jean Bodin Sei libri dello Stato absolutus Thomas Hobbes Leviathan John Locke Due trattati sul governo civile Frontespizio della prima edizione del Hobbes si serve dell’immagine del Leviatano per rappresentare lo Stato sotto forma di gigante, costituito da tanti individui: esso tiene nella mano sinistra il pastorale e nella destra una spada, simboli, rispettivamente, del potere religioso e di quello temporale, che secondo Hobbes non devono mai essere divisi. Leviathan. Sul piano del come educare, Locke mette al centro del percorso formativo l’ . In questo senso il compito dell’educatore consiste proprio nel predisporre le situazioni che permettano all’educando di compiere ogni giorno nuovi passi in avanti verso il raggiungimento dell’autentica libertà. L’educatore deve favorire l’ da parte dell’allievo, che vanno attraverso l’esercizio costante. Questa è la via maestra che conduce all’ , al dominio di sé e alla capacità di usare rettamente la propria ragione in ambito morale e conoscitivo. La centralità assegnata da Locke all’esperienza nell’educazione va ricondotta a . esperienza acquisizione di buone abitudini interiorizzate autocontrollo ragioni di ordine sia filosofico sia socio-politico