2.2 I COMPITI DELL’EDUCAZIONE Nell’introduzione a sono affrontate questioni di pedagogia generale. Kant non sposa l’ottimismo rousseauiano: egli subisce profondamente il fascino del pensatore svizzero, ma se ne distacca, ponendo la necessità di una . Per il filosofo tedesco questo presupposto sta alla base di ogni intervento educativo, che si trova a dover lottare tra le istanze della o (che spinge ad azioni disinteressate e morali) e le (che spingono ad agire per fini estrinseci e utilitaristici), per la conquista della . Secondo Kant l’uomo per natura non è né buono né cattivo: buoni non si nasce, ma si diventa, quando la propria ragione s’innalza all’idea di dovere e di legge morale. Tale passaggio si può compiere solo attraverso il processo educativo, che consente di maturare la conoscenza critica, la quale insieme all’esperienza permette di superare gli istinti dei sensi e di alimentare la libertà morale. Ma Kant assegna un altro compito importante all’educazione, quello cioè di educare i fanciulli a uno stato migliore e superiore dell’umanità, in una prospettiva di . Sulla pedagogia conciliazione tra l’autorità dell’educatore e la libertà dell’educando ragion pratica volontà inclinazioni sensibili libertà morale progresso della specie umana nella perfezione morale Le prime cure Nel trattare delle prime cure da riservare al bambino, Kant sposa molte tesi di Rousseau. Egli, per esempio, raccomanda l’allattamento materno e l’abolizione delle fasce e si pronuncia contro qualsiasi forma di costrizione delle membra: dalle “dande” (strisce utilizzate per sostenere il bambino quando inizia a camminare) al “carruccio” (girello), fino ai busti correttivi. Esorta ad assecondare lo sviluppo naturale del fanciullo, attenendosi al principio dell’indurimento fisico, limitandosi a evitare ogni forma di mollezza, senza incorrere negli eccessi di una educazione rigidamente spartana. La disciplina Dopo l’iniziale allevamento, però, per Kant deve subentrare la , che non consiste nell’obbedienza servile dell’alunno, ma si traduce nello strumento attraverso il quale l’educando, facendo sentire , giunge a conquistare la legge morale e dunque la sua autonomia. L’istintualità originaria dell’uomo ha bisogno di una guida esterna, che assegni delle regole, in grado di consentire al soggetto di fare buon uso della sua libertà in età matura. Per procedere in questa direzione, Kant ritiene utile far ricorso alla pedagogia dell’ e della , per stimolare quel che è molto sviluppato nei fanciulli e nei ragazzi e che permette di ottenere progressi maggiori dei tradizionali metodi coercitivi. Kant non si pronuncia solo contro ogni genere di punizione, ma scoraggia anche dall’utilizzo dei premi e dal ricorso alla strategia dell’emulazione, che considera pregiudizievoli rispetto alla libertà e all’indipendenza di volere dell’educando. Se Kant, per un verso, assegna alla disciplina una funzione preventiva rispetto agli istinti, per un altro attribuisce all’ un compito costruttivo, ovvero quello di insegnare al soggetto a pensare. A questo riguardo, egli sostiene che la funzione istruttiva spetti principalmente alla , che ritiene vada preferita a quella privata, non solo per gli indubbi vantaggi sul piano conoscitivo, ma anche per quelli inerenti alla formazione del carattere dell’educando, che dal confronto con il prossimo trae maggiori stimoli per apprendere e per esercitare la propria libertà nel rispetto di quella altrui. disciplina la sua volontà in dialettica con quella dell’educatore esempio persuasione sentimento dell’onore istruzione scuola pubblica