Nella terzina precedente dello stesso canto, Dante, parlando di sé stesso, aveva dato una sorta di definizione della novità di questa poesia: «I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando» (vv. 52-54: Io sono uno che quando Amore mi ispira scrivo e mi esprimo nel modo in cui egli detta dentro di me). In altre parole, Dante identifica il tratto distintivo della propria poesia nella stretta aderenza dei versi alla genuina ispirazione amorosa.
Da parte sua, Bonagiunta riconosce che il giudizio di Dante è sostanzialmente corretto: «Io veggio ben come le vostre penne / di retro al dittator sen vanno strette, / che de le nostre certo non avvenne; / e qual più a gradire oltre si mette, / non vede più da l’uno a l’altro stilo» (vv. 58-62: Vedo chiaramente come la vostra poesia segua molto da vicino Amore che la detta, mentre la nostra non è stata così; e chi volesse approfondire ulteriormente la questione, non troverebbe, tra l’una e l’altra scuola, altra differenza se non questa). Bonagiunta, cioè, ravvisa una distanza determinante tra il gruppo siculo-toscano e lo Stilnovo.

Al centro della scena, un cavaliere con armatura e scudo, decorato con un'aquila nera su sfondo dorato, è a cavallo; il suo mantello è riccamente ornato con simboli araldici. Sopra di lui, su un balcone, donne eleganti gli offrono una corona di fiori come segno di onore e vittoria, altre osservano i cavalieri. Altri personaggi a cavallo o a piedi accompagnano la scena, alcuni portando vessilli decorati, altri partecipando attivamente. Lo sfondo mostra dettagli architettonici con arcate, da cui si affacciano le dame.
L'omaggio delle dame ai cavalieri, in una miniatura da un manoscritto medievale.

Un nuovo modo di parlare d’amore

L’AMORE SPIRITUALIZZATO

L’abbandono delle tematiche politico-civili

Nella produzione stilnovistica vengono abbandonati gli argomenti politico-civili che trovavano ancora spazio in quella degli esponenti della corrente siculo-toscana, come per esempio in Guittone d’Arezzo (si pensi alla sua celebre canzone Ahi lasso! or è stagion de doler tanto, incentrata sulla disfatta dei guelfi nella battaglia di Montaperti del 1260, vedi T9, p. 109). Il tema principale, se non esclusivo, diventa ora l’amore, indagato nei suoi risvolti radiosi come in quelli angosciosi.

Lo Stilnovo abbandona le tematiche politiche per trattare solo d'amore.

Passione e filosofia

Rispetto ai Siciliani, gli Stilnovisti tendono a interiorizzare ulteriormente la tematica amorosa, trasformando la condizione sentimentale in un’esperienza intellettuale e sublimando il desiderio in un prezioso veicolo del trascendente. Essi osservano infatti le manifestazioni e gli effetti della passione attraverso la lente della dottrina filosofica: la fenomenologia dell’esperienza amorosa viene investita da complesse istanze teoriche e da una raffinata ricerca speculativa, inaugurata spesso dall’osservazione della natura.

L'amore e i suoi effetti vengono concepiti e indagati come un'esperienza intellettuale.

La donna-angelo un tramite fra l’uomo e Dio

Per gli Stilnovisti l’amore è un’esperienza complessa, ineffabile, indicibile, così come sono ineffabili e indicibili le qualità della donna amata. Quest’ultima rappresenta un essere miracoloso: attraverso il suo saluto dona la “salute”, cioè la salvezza spirituale, a colui al quale si rivolge. La donna-angelo, di cui il poe­ta si innamora dopo averla vista, diventa mediatrice tra l’uomo e la divinità.

La donna amata è per gli stilnovisti un essere spirituale, una fonte di salvezza.

Tuttavia, la novità non è nell’affermare che la donna amata è bella come un angelo, perché questo era un topos già provenzale, che si era poi diffuso nella lirica siciliana e siculo-toscana. La donna “angelicata” degli Stilnovisti è un angelo nel significato tecnico della filosofia scolastica, secondo la quale gli angeli sono tramiti fra Dio e l’uomo.