Nella terzina precedente dello stesso canto, Dante, parlando di sé stesso, aveva dato una sorta di definizione della novità di questa poesia: «I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando» (vv. 52-54: Io sono uno che quando Amore mi ispira scrivo e mi esprimo nel modo in cui egli detta dentro di me). In altre parole, Dante identifica il tratto distintivo della propria poesia nella stretta aderenza dei versi alla genuina ispirazione amorosa.
Da parte sua, Bonagiunta riconosce che il giudizio di Dante è sostanzialmente corretto: «Io veggio ben come le vostre penne / di retro al dittator sen vanno strette, / che de le nostre certo non avvenne; / e qual più a gradire oltre si mette, / non vede più da l’uno a l’altro stilo» (vv. 58-62: Vedo chiaramente come la vostra poesia segua molto da vicino Amore che la detta, mentre la nostra non è stata così; e chi volesse approfondire ulteriormente la questione, non troverebbe, tra l’una e l’altra scuola, altra differenza se non questa). Bonagiunta, cioè, ravvisa una distanza determinante tra il gruppo siculo-toscano e lo Stilnovo.
