L’influenza di Petrarca e la crisi religiosa

Lo sconvolgimento scatenato dall’epidemia di peste provoca in lui un profondo mutamento interiore. L’aver visto la morte da vicino e la perdita di molte persone care (tre figli naturali, avuti forse da donne diverse, gli muoiono prestissimo: Violante, la più cara, a cinque anni d’età) lo conducono a una riflessione spirituale, alla quale non è estranea l’amicizia con uno scrittore anch’egli spiritualmente inquieto quale Francesco Petrarca. Boccaccio lo incontra per la prima volta a Firenze nel 1350, per poi rivederlo l’anno dopo a Padova e nuovamente a Milano e a Venezia. All’amicizia con l’autore del Canzoniere, che per Boccaccio diventa una sorta di modello, si collega la composizione di una serie di opere in latino, di carattere erudito ed enciclopedico, che anticipano alcuni caratteri del nascente Umanesimo.

Nel 1350 incontra Petrarca a Firenze. L’amicizia che nasce sarà duratura e il poeta influenzerà la sua visione della letteratura.


  • 1350: Genealogia deorum gentilium (inizio stesura, che prosegue fino alla morte)
  • 1351-1355: Trattatello in laude di Dante

La frequentazione di Petrarca (anche nei termini di una fitta relazione epistolare) spinge infatti Boccaccio a concepire una nuova idea di letteratura: scrivere non avrebbe più dovuto essere un’attività finalizzata soltanto al «diletto» dei lettori, cioè al piacere e all’intrattenimento (com’era avvenuto con le opere napoletane e in parte con lo stesso Decameron), ma un impegno di tipo morale e religioso, volto a trasmettere messaggi di contenuto etico e spirituale.
Nell’amicizia con Francesco, Giovanni intravede un’opportunità di miglioramento insieme artistico e personale, come gli scrive in una lettera: «Ah, che io possa, per mezzo della tua venerabile persona, giungere a debellare le miserie della fortuna, le angustie dell’amore, e spogliarmi d’ogni volgarità, io che mi conosco come un misero, un rozzo, un inerme ed inerte, crudo insieme ed informe». Tale mutamento di prospettiva si può riscontrare anche sul piano biografico: se Petrarca aveva assunto gli ordini minori, pare che Boccaccio abbia ricevuto l’ordinazione sacerdotale.

Illustrazione da De casibus virorum illustrium di Giovanni Boccaccio. L'immagine mostra due uomini, identificati come Boccaccio e Petrarca, seduti a un tavolo con un meccanismo centrale per sostenere libri. Entrambi sono vestiti con abiti colorati, uno in rosso e l'altro in blu, intenti a leggere e discutere. La scena si svolge in un interno con archi, una tenda verde che copre scaffali di libri sullo sfondo e finestre a destra.
Boccaccio e Petrarca, illustrazione da De casibus virorum illustrium di Giovanni Boccaccio, 1480 ca. Londra, British Library.
L’ultimo periodo: il ritiro a Certaldo

Nel frattempo la partecipazione di alcuni amici di Boccaccio a una congiura antigovernativa a Firenze (1360), poi fallita, pone lo scrittore in cattiva luce agli occhi delle autorità. Così egli, trovandosi isolato, decide di ritirarsi a Certaldo (1362), dove condurrà una vita appartata dedita alle letture, agli studi e alla composizione delle opere erudite. Descrive questo mutamento di vita in una lettera: «Ho cominciato, con assai meno difficultà che io non estimavo di potere[più facilmente di quanto pensassi], a confortare la mia vita: e comincianmi già a piacere i grossi panni [gli abiti rozzi] e le contadine vivande; e il non vedere l’ambizioni e le spiacevolezze e’ fastidi de’ nostri cittadini m’è di tanta consolazione dell’animo che, se io potessi stare senza udirne nulla, credo che ’l mio riposo crescerebbe assai. In iscambio de’ solleciti avvolgimenti [al posto delle assillanti preoccupazioni], e continui, de’ cittadini, veggio campi, colli, arbori, delle verdi fronde e di vari fiori rivestiti; cose semplicemente dalla natura prodotte, mentre gli atti dei cittadini sono tutti fittizi».

Dal 1362 fino alla morte, avvenuta nel 1375, Boccaccio vive isolato a Certaldo. Il suo ultimo impegno è costituito da pubbliche letture della Commedia di Dante in una chiesa di Firenze.