Il Seicento – L'autore: William Shakespeare 1 La vita La biografia di William Shakespeare è assai lacunosa: le poche testimonianze certe parlano quasi esclusivamente di un suo legame intenso con i teatri di Londra. Sappiamo che nasce a , nel Warwickshire, nel Suo padre, John, ha abbandonato il mestiere contadino della famiglia d’origine per cercare migliore fortuna come guantaio e commerciante di lana. La madre, Mary Arden, è di condizione sociale più agiata, essendo figlia di un possidente di campagna. William, terzogenito di otto figli, riceve il battesimo con il rito anglicano: la regina Elisabetta I, sul trono da sei anni, ha infatti ripristinato la libertà di culto per i protestanti, dopo che la sorella, Maria I Tudor – nota anche come Maria la Cattolica o Maria la Sanguinaria ( ) –, aveva bandito la Riforma anglicana voluta dal padre, Enrico VIII. Il giovane Shakespeare studia alla di Stratford, dove si insegnano grammatica e retorica latine (tra gli altri, le di Ovidio diventeranno uno dei suoi testi di riferimento), sebbene – se vogliamo dar credito alla testimonianza di un contemporaneo e amico, il poeta e drammaturgo Ben Jonson – l’autore conoscesse «poco latino e ancor meno greco». Stratford-upon-Avon 1564. Bloody Mary grammar school Metamorfosi Le origini familiari e i primi studi Nella biografia di Shakespeare adolescente vi è, tra il 1576 e il 1582, un periodo oscuro, corrispondente a una fase di . Lo ritroviamo nel 1582, fidanzato con Anne Hathaway, figlia di contadini benestanti, che sposa lo stesso anno. Al momento del matrimonio la donna è incinta di tre mesi; la bambina, che nasce l’anno seguente, è chiamata Susannah. Anne darà alla luce anche due gemelli, Hamnet (l’unico figlio maschio della coppia, che morirà appena undicenne) e Judith. difficoltà economiche del padre L’adolescenza e il matrimonio I bambini sono ancora piccoli quando Shakespeare, nel 1588 o 1589, lascia Stratford per stabilirsi a Londra, dove intraprende con fortuna la professione di . Moglie e figli non lo seguono, rimanendo al paese. Nel 1592 Shakespeare è già un artista affermato, non solo come attore, ma anche come . All’epoca – come oggi, del resto – le due professioni sono per lo più separate; egli le unisce in sé, procurandosi, insieme ai lauti guadagni che gli consentono un’agiatezza sempre più notevole, anche ostilità e invidie. In questo periodo si lega anche agli – la regina Elisabetta è amante del teatro e spesso ospita spettacoli a palazzo –, ottenendo la protezione necessaria alla sopravvivenza della sua arte, accusata di immoralità dai puritani . attore autore di opere teatrali ambienti della corte ►  Londra e il teatro la parola Puritanesimo È un movimento religioso cristiano che nell’ultimo scorcio del Cinquecento guadagna proseliti in Inghilterra fra la borghesia artigianale e mercantile. I puritani rappresentano l’ala estrema dello schieramento protestante, e mirano a riformare la Chiesa anglicana applicando integralmente i princìpi del calvinismo. Fautori di una vita sobria e morigerata, considerano l’ozio e il divertimento alla stregua di gravi peccati. Per questo loro rigore e per l’insofferenza verso le autorità religiose sono considerati un pericolo dalla Corona inglese e, nell’Inghilterra di Elisabetta I, vengono duramente perseguitati. Nel 1603, alla morte di Elisabetta, sale al trono : anch’egli appassionato di teatro, il nuovo sovrano autorizza la compagnia di Shakespeare a fregiarsi del titolo di King’s Men (“Uomini del re”). Per diversi anni il gruppo occupa il palcoscenico del , per poi eleggere il teatro coperto di a sede degli spettacoli invernali. Divenuto ricchissimo, nel Shakespeare , in una grande casa che ha acquistato e fatto restaurare, dove può godere della quiete della campagna nativa, cui anela ormai con la stessa intensità con cui un giorno aveva desiderato lasciarla. Qui vive fino alla morte, avvenuta – secondo l’unica fonte documentaria in nostro possesso, l’iscrizione sul suo monumento funebre – il 23 aprile Giacomo I Stuart Globe Theatre Blackfriars 1611 si ritira a Stratford 1616. Gli ultimi anni  >> pag. 136  2 Le opere La situazione testuale Sulla gran parte della produzione di Shakespeare . In molti casi gli studiosi sono cauti riguardo al numero delle opere, alle datazioni e alle fonti dei singoli lavori. Complessa è anche l’analisi dello stile, essendo i testi che leggiamo oggi il risultato di un confronto sistematico fra le varianti delle edizioni contemporanee – i cosiddetti , limitati a drammi singoli – e di quelle che si sono succedute nel corso del tempo, raccolte in volumi ed edizioni critiche. Una delle fonti più importanti per la datazione dei drammi di Shakespeare è il cosiddetto , pubblicato sette anni dopo la sua morte, nel , e curato da due attori suoi colleghi, John Heminge ed Henry Condell: la loro suddivisione delle opere in tragedie, commedie e drammi storici è tuttora valida. non esistono dati certi in quarto ►  in folio ►  First Folio 1623 Un catalogo instabile la parola e In quarto in folio In bibliologia si dice il formato di volume più in uso nel Quattrocento, composto da fogli di stampa piegati due volte per ottenere 8 pagine (che corrispondono, nel linguaggio tipografico, a una segnatura a ottavo). Attualmente si considerano le edizioni di altezza compresa tra 28 e 38 cm. È invece denominato il formato di un libro i cui fogli di stampa risultino piegati una volta sola, in modo che ciascuno di essi presenti quattro facciate. Nell’uso moderno l’ , indipendentemente dal numero di piegature, misura come minimo 40 cm di altezza e 26 di larghezza. in quarto in quarto in folio in folio I drammi di Shakespeare non nascono come testi firmati dall’autore, ma come privi di suddivisione in atti e in scene. La compagnia li modifica nel corso delle recite e ne è a tutti gli effetti la proprietaria, mentre la pubblicazione avviene soltanto dopo la rappresentazione, spesso clandestinamente e in forma rimaneggiata. Non stupisce dunque l’ . La costituzione dell’attuale delle opere shakespeariane è il frutto di un intenso lavoro della critica, iniziato nel XVIII secolo e tuttora in corso. copioni assenza di manoscritti e di versioni a stampa autorizzate da Shakespeare corpus Il problema editoriale Attualmente il catalogo è composto da , oltre che da alcune composizioni poetiche scritte nell’ultimo decennio del Cinquecento, in un breve periodo di chiusura dei teatri a causa della peste: ( , 1592-1593; , 1593-1594) e costruiti in modo originale sul modello petrarchesco, dominante nel Rinascimento inglese. 37 drammi 2 poemetti narrativi Venere e Adone Lucrezia violentata 154 sonetti Il catalogo attuale Le quattro fasi della scrittura per le scene Per comodità, si è soliti suddividere la carriera di Shakespeare in quattro fasi. La prima, compresa , è considerata il periodo di . Il giovane autore si va formando su alcuni generi allora in voga: elabora gli elementi truculenti delle tragedie latine di Seneca imperniate sul tema del potere ( ) e porta in scena le cronache che in quegli anni ricostruivano la storia d’Inghilterra con l’intento di presentare l’assolutismo come l’unica soluzione all’anarchia delle guerre civili ( ). tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del Cinquecento apprendistato Tito Andronico Riccardo III, Riccardo II La prima fase: l’apprendistato  >> pag. 137  In questa varietà di temi e di generi, il tratto comune è costituito dall’ , in continuità con la tradizione del dramma medievale. Questa caratteristica, che diverrà parte integrante dello stile di Shakespeare, è evidente nella e nel , senza riguardo per i rigidi criteri classici – le cosiddette unità aristoteliche – in base ai quali l’azione scenica doveva svolgersi in un tempo limitato e in unico luogo. indifferenza verso una rappresentazione impostata su criteri di realismo presenza del soprannaturale trattamento spregiudicato del tempo e dello spazio cronache dal passato Genio universale o semplice prestanome? È davvero esistito un grande drammaturgo di nome Shakespeare? La biografia di Shakespeare è basata su una serie di ipotesi e leggende. Gli unici documenti firmati da un uomo che risponde al suo nome riguardano sempre aridi episodi della vita di tutti i giorni (atti notarili, contratti di compravendita). Di conseguenza, è sorto il dubbio che il provinciale William Shakespeare da Stratford, venuto a Londra in cerca di fortuna, abbia finito con il fare da prestanome a un personaggio importante, magari un esponente dell’alta aristocrazia elisabettiana, il quale, per ragioni di opportunità, non poteva rivelarsi come autore di teatro. Ma chi sarebbe stato il misterioso personaggio a cui Shakespeare avrebbe accettato di fare da “controfigura”? Sono state avanzate varie ipotesi: il conte di Oxford, quello di Rutland, quello di Derby, o ancora sir Edward Dyer, o addirittura una donna, la contessa di Pembroke. Nel 1857 Delia Bacon, discendente del filosofo Francis Bacon (1561-1626), formulò la teoria oggi detta “baconiana”: il pensatore sarebbe stato a tempo perso anche un autore teatrale, ma poiché tale attività mal si accordava con la gravità dei suoi studi, avrebbe deciso di ricorrere a uno pseudonimo, William Shakespeare, appunto. Nel Novecento si è fatta strada un’altra ipotesi, avvincente e insieme rocambolesca: dietro a Shakespeare si celerebbe il drammaturgo e poeta Christopher Marlowe (1564-1593), artista inquieto, figlio di un ciabattino ma educato a Cambridge grazie a una borsa di studio, e morto a ventinove anni in una bettola londinese nel corso di una rissa. Alcuni studiosi ritengono che Marlowe fosse un informatore segreto della Corona britannica, e qualcuno si è spinto a credere che egli non sia morto nella famosa zuffa, ma sia invece riparato in Francia sotto falso nome per mettersi al sicuro o per svolgere qualche incarico riservato per conto di Sua Maestà. Dalla Francia Marlowe avrebbe continuato a scrivere, affidando le sue opere a qualcuno che le facesse passare come proprie: William Shakespeare. Una spiegazione delle lacune nella biografia di Shakespeare, in realtà, non deve necessariamente calcare strade così romanzesche. All’epoca, il pubblico era interessato soprattutto agli attori, mentre gli autori restavano nell’ombra. Spesso le compagnie compravano i copioni per poco denaro, e da quel momento se ne assicuravano la proprietà esclusiva: l’autore perdeva così ogni diritto sull’opera. Inoltre, Shakespeare non era un attore di primo piano, quanto piuttosto un comprimario, se non un “caratterista”, ricoprendo talvolta, anche nelle rappresentazioni dei suoi drammi, parti decisamente minori (come per esempio lo spettro nell’ , che pare fosse il suo “pezzo forte” come attore). Non deve perciò stupire il fatto che nessun contemporaneo si sia preoccupato di annotare i fatti della sua vita o di conservare i documenti che lo riguardavano. Bacon… … o Marlowe? Un’ipotesi meno romanzesca Amleto Alla , che vede Shakespeare attivo con la compagnia dei Lord Chamberlain’s Men (“Uomini del Lord Ciambellano”), risalgono e l’ , oltre che alcune come , mutuate dal gusto italiano per il gioco del travestimento e gli equivoci del linguaggio. La (corrispondente all’incirca al ), in cui è impegnato con i King’s Men (“Uomini del re”) presso il , comprende i drammi romani ( ), le grandi tragedie ( ) e le ( e ), che insieme all’ rientrano nella categoria dei , i “drammi dialettici”, così definiti in quanto opere aperte, non risolte, prive dell’elemento catartico. Anche nelle tragedie più cupe, comunque, non mancano , come il dialogo fra i becchini in attesa della sepoltura di Ofelia, nell’ , o il grottesco monologo del portiere dopo il delitto, nel ; nell’ , inoltre, Iago recita spesso la parte del buffone, e un buffone ( ) ha un ruolo importantissimo in . D’altro canto, anche le commedie composte in questa fase ( ) sono più complesse delle precedenti, e il riso assume spesso un sapore amaro. seconda fase (gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento) Romeo e Giulietta, Il mercante di Venezia Enrico V commedie di grande leggerezza Sogno d’una notte di mezza estate terza fase primo decennio del Seicento Globe Theatre Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra Amleto, Otello, Macbeth, Re Lear dark comedies Troilo e Cressida Misura per misura Amleto problem plays inserti comici Amleto Macbeth Otello fool Re Lear Come vi piace, La dodicesima notte Le fasi centrali: i grandi capolavori  >> pag. 138  All’ della produzione shakespeariana, in cui il commediografo lavora al teatro di , risale la svolta dei , nei quali il motivo del perdono subentra alla soluzione tragica ( ). Anche in queste opere, comunque, al lieto fine si intrecciano tinte più fosche, a dimostrazione di come sia impossibile collocare la produzione di Shakespeare nella gabbia dei generi. ultima fase (tra la fine del primo e l’inizio del secondo decennio del Seicento) Blackfriars drammi romanzeschi Il racconto d’inverno, La tempesta La quarta fase: i drammi romanzeschi La scrittura shakespeariana si caratterizza dunque per la . Il assolve a : risponde a esigenze di organizzazione interna del dramma, attraverso l’inserto di ( ) che alleggeriscono situazioni di forte intensità emotiva; come socialmente e moralmente bassi (nei drammi sulla storia d’Inghilterra, per esempio, connota Falstaff – figura ereditata dal teatro medievale e utilizzata ora come punto di vista dissacrante sulla retorica celebrativa del principe – come incarnazione del vizio); si trasforma infine in , come accade nell’episodio del contadino che, portando a Cleopatra l’aspide da lei richiesto per suicidarsi, prova su sé stesso l’efficacia del morso velenoso del serpente. compresenza di elementi tragici e comici comico diverse funzioni scene comiche di sollievo relief qualifica i personaggi ironia tragica Il comico e il tragico Alcuni fra i drammi maggiori Nell’impossibilità di soffermarci su tutti i drammi shakespeariani, focalizziamo l’attenzione su alcune delle opere di maggior rilievo. Di , invece, tratteremo diffusamente nella seconda parte dell’Unità (  p. 166). Amleto ►  Romeo e Giulietta Come la maggior parte dei drammi shakespeariani, la tragedia (composta tra il 1594 e il 1597) è caratterizzata dalla . I protagonisti sono due giovani veronesi appartenenti a due famiglie nemiche: i Montecchi e i Capuleti. Nella piazza del Mercato, le fazioni appartenenti alle due famiglie si azzuffano; solo l’arrivo del principe della città mette fine ai duelli. Tra i Montecchi manca però : di animo nobile e pacifico, egli pensa soltanto all’amore per una bella giovinetta di nome Rosalina. A una festa in maschera a casa Capuleti, alla quale si è recato insieme al cugino e al fraterno amico , Romeo incontra Giulietta. I due giovani si innamorano subito, ma si rendono anche conto di appartenere alle due casate rivali. Durante la notte, finita la festa, Romeo scambia parole d’amore con Giulietta, sotto il suo balcone. Prima di salutarsi, i due innamorati hanno già deciso di sposarsi. Romeo si reca da , che, intuendo come quel matrimonio possa porre fine alla faida che insanguina Verona, sposa i due giovani in gran segreto. Quello stesso giorno Romeo incontra Mercuzio e Benvolio proprio mentre sopraggiungono i Capuleti capeggiati dal bellicoso cugino di Giulietta, , che provoca Romeo dandogli del vigliacco. Il giovane non reagisce, ma Mercuzio impugna la spada e, nello scontro, rimane ucciso da Tebaldo (che lo trafigge quasi senza volerlo). Folle di rabbia, Romeo insegue Tebaldo e lo sfida, uccidendolo a sua volta. I cadaveri di Mercuzio e Tebaldo vengono portati al cospetto del principe, che sentenzia l’esilio a Mantova per Romeo. Frate Lorenzo invita il ragazzo a non opporsi, promettendo di risolvere la situazione; Romeo e Giulietta trascorrono così la loro prima e ultima notte d’amore. Romeo ha appena lasciato la sposa alla volta di Mantova quando madonna Capuleti annuncia alla figlia che le nozze con il conte   – che aveva chiesto la mano della ragazza, ottenendo il consenso del padre – si terranno di lì a tre giorni. Disperata, Giulietta si confida con frate Lorenzo, il quale escogita un piano per riunire i ragazzi: consegna a Giulietta una pozione che la ridurrà in uno stato di morte apparente; al suo risveglio, le dice, troverà Romeo, con cui potrà fuggire. Poco prima dei finti funerali, frate Lorenzo invia un fraticello verso Mantova, a dorso di mulo, per avvisare Romeo; ma è più veloce il servo  , che, credendo Giulietta morta, raggiunge a cavallo il padrone, comunicandogli la tragica fine dell’amata. Nella tomba dei Capuleti si compie il destino degli amanti: vedendo il corpo di Giulietta, Romeo si avvelena; al risveglio la ragazza scopre lo sposo morto, e segue la sua sorte pugnalandosi al petto. Romeo e Giulietta compresenza di versi (per lo più endecasillabi) e prosa Romeo Benvolio Mercuzio frate Lorenzo Tebaldo Paride Baldassarre La tragedia dell’amore impossibile  >> pag. 139  PER APPROFONDIRE Un teatro essenziale La tecnica drammatica di Shakespeare è coerente con il tipo di teatro per il quale scrive. La maggior parte dei suoi drammi è composta per il , un («Questa O di legno», com’è definito nel prologo dell’ ), che fin dal nome suggerisce l’immagine del mondo. Oggi ricostruito fedelmente sulla riva sud del Tamigi, presso il Millennium Bridge, era un edificio a due piani, scoperto e dotato di una piattaforma aggettante verso il pubblico, dietro la quale correvano balconate e si aprivano le porte per l’entrata e l’uscita degli attori. Si trattava di un teatro sostanzialmente povero, pensato per dare risalto alla figura dell’attore: gli scenari erano rudimentali e il sipario assente, sicché la scenografia era quasi interamente creata dalle parole. Proprio alla carenza di realismo scenico si deve lo spessore simbolico del linguaggio, che esigeva un’intensa partecipazione immaginativa degli spettatori all’azione rappresentata sul palcoscenico. Prosegue il prologo dell’ , rivolgendosi agli spettatori: Fate conto che entro la cerchia di queste mura siano racchiuse due potenti monarchie e che un pericoloso stretto divida le loro alte fronti, a picco, sul mare. Riempite le nostre lacune col vostro pensiero, dividete in mille parti ogni uomo e create, così, un imponente esercito immaginario. Se si parlerà di cavalli, fate conto di vederli stampare gli zoccoli superbi sul molle terreno che ne riceve le impronte. Il vostro pensiero, infatti, è chiamato ora a fornire ricche vesti ai nostri re e a trasportarli qua e là, saltando lunghe stagioni, riassumendo gli avvenimenti di molti anni in un volger di clessidra…  Mentre gli attori erano esclusivamente uomini, anche per le parti femminili (la recitazione non era infatti permessa alle donne), la composizione del pubblico era mista, anche dal punto di vista sociale: c’erano esponenti della corte, gentiluomini, membri delle classi medie e popolani chiassosi che pagavano un penny all’ingresso. Spiega lo scrittore inglese Peter Ackroyd: «La costruzione misurava 30 metri di diametro e si suppone potesse contenere circa 3300 spettatori. Ognuna delle due gallerie inferiori poteva ospitare un migliaio di persone. In altre parole, c’era una bella calca di corpi elisabettiani, dato che i proprietari permettevano l’ingresso a un pubblico due o tre volte maggiore di quello di un moderno teatro londinese. Ma l’atmosfera doveva essere più quella di uno stadio di football che quella di un teatro, con qualche elemento di luna park». La presenza assidua di un pubblico così variegato testimonia la diversità di piani di lettura del teatro shakespeariano ed elisabettiano in generale: dall’umile facchino al colto rappresentante della corte, tutti trovavano motivo d’interesse nelle vicende rappresentate sulla scena. L’edificio e l’illusione scenica Globe teatro in legno di forma circolare Enrico V Enrico V «  » Attori e pubblico Cyril Walter Hodges, , 1948. Collezione privata. Il Globe Theatre visto dall’alto  >> pag. 140  L’opera si ispira ad alcune fonti note a Shakespeare, probabilmente, in traduzione: le novelle di e , ma soprattutto il poema (La tragica storia di Romeo e Giulietta, 1562) di . Come accade in molte altre sue opere, tuttavia, Shakespeare piega i contenuti e i significati della storia alla sua poetica e alla sua visione del mondo. Masuccio Salernitano, Luigi da Porto Matteo Bandello The Tragicall Historye of Romeus and Juliet Arthur Brooke Le fonti è forse il più popolare e imitato dramma di Shakespeare, il primo in cui la forza creativa dell’autore sembra dispiegarsi senza restrizioni. Esso prelude alla stagione delle grandi tragedie, anche se forse non si può ancora parlare di tragedia in senso propriamente shakespeariano, perché la non è strettamente determinata dai personaggi, ma e in qualche misura fortuite (l’equivoco per cui Romeo crede morta Giulietta). Non meno importante dell’elemento tragico è la , a tratti molto ricercato e ricco di concetti e immagini raffinate, attinte dal repertorio della poesia cortese e petrarchista. Motivi del successo dell’opera sono infine l’ salace di alcuni personaggi minori assai riusciti (come Mercuzio, che tende spesso a parodiare la materia amorosa e le forme in cui essa era tradizionalmente espressa) e, soprattutto, la resa del in termini di esaltazione emotiva e di acceso erotismo. Romeo e Giulietta catastrofe ha luogo in virtù di circostanze esterne preziosità dello stile arguzia sentimento Un’opera celebre e celebrata Otello Questa tragedia in versi e in prosa – la cui fonte è una novella del 1564 dello scrittore italiano Giovan Battista Giraldi Cinzio – viene rappresentata per la prima volta probabilmente nel 1604 davanti a Giacomo I re d’Inghilterra. Due uomini si incontrano, di notte, a Venezia. Discutono della al servizio della Repubblica di Venezia. Entrambi gli uomini hanno motivi di risentimento contro di lui, e avvisano il padre della ragazza. Otello è profondamente innamorato di Desdemona ed è da lei corrisposto, ma il suo luogotenente, , turba questa armonia: dopo il loro trasferimento a Cipro, questi tesse una complicata trama per far credere al suo generale che Desdemona lo tradisce. Accecato dalla gelosia, Otello soffoca la donna nel suo letto, scoprendo troppo tardi la falsità di Iago. Sconvolto, si uccide. fuga della bella, giovane e ricca Desdemona con Otello, un generale mercenario moro Iago La tragedia della gelosia Otello e Iago rappresentano una coppia tragica: sono due (l’uomo tradito e il suo ingannatore) ma anche (il generale e il suo uomo di fiducia, «l’onesto Iago», come lo chiama Otello). Le parti dei due protagonisti sono di pari importanza, ed è accaduto spesso che essi fossero interpretati sul palcoscenico da attori di analogo livello. personaggi opposti complementari Otello e Iago  >> pag. 141  Macbeth La tragedia, anche in questo caso in versi e in prosa, viene scritta e rappresentata tra il 1605 e il 1608; il testo che ci è pervenuto è invece pubblicato nel 1623, dopo la morte del poeta, ed è costituito probabilmente dal copione più volte usato in teatro, comprendente alcune modifiche apportate dagli attori all’originale. si danno appuntamento nella brughiera, dove incontrano due generali del re di Scozia, e , che hanno sedato una rivolta. Le streghe preannunciano a Macbeth che diventerà re, e a Banquo che i suoi figli regneranno. Il desiderio del potere, rafforzato dalla predizione delle streghe e dall’incitamento della moglie ambiziosa e priva di scrupoli, , spinge il protagonista a uccidere il re legittimo, , mentre questi è ospite del suo castello, e a cingersi quindi della corona regale. Divenuto re, Macbeth sembra progressivamente assuefarsi all’uso della violenza: elimina Banquo, tenta di ucciderne il figlio, fa assassinare la moglie e i figli di un barone ribelle, . Tuttavia, questa catena di delitti non rimane senza effetto su di lui: profondamente turbato, durante un banchetto vede apparire il terrificante spettro di Banquo. Torna quindi a far visita alle streghe, che emettono però una profezia ambigua: nessun nato da donna potrà mai ucciderlo, né sarà mai sconfitto finché la foresta di Birnam non avanzerà verso di lui; poi gli mostrano la futura stirpe regale di Scozia, che ha i volti dei discendenti di Banquo, e non dei suoi. Lady Macbeth, nel sonno, ripete ossessivamente il gesto di lavarsi le mani, compiuto per eliminare il sangue dopo l’assassinio del re, di cui aveva nascosto le tracce. Subito dopo muore, e Macbeth, raggiunto dalla notizia, commenta la sua morte con alcuni tra i più famosi versi della tragedia: «Spegniti, spegniti breve candela! / la vita non è che un’ombra che cammina; un povero attore / che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena / e del quale poi non si ode più nulla: è una storia / raccontata da un idiota, piena di rumore e furore / che non significa nulla». Il barone ribelle Macduff e il figlio del vecchio re Duncan muovono con il loro esercito contro Macbeth. Per nascondere la moltitudine dei soldati, li occultano dietro i rami tagliati dalla foresta di Birnam: sembra così che il bosco stesso avanzi, come avevano profetizzato le streghe. Ormai sconfitto, Macbeth viene ucciso dallo stesso Macduff, non prima di aver appreso che questi era stato «strappato» dal ventre di sua madre prima di nascere (e che quindi non era propriamente “nato” da una donna). Tre streghe Macbeth Banquo Lady Macbeth Duncan Macduff La tragedia del potere e del sangue invito ALL'ASCOLTO Il drammaturgo prediletto da Giuseppe Verdi La drammaturgia di Shakespeare è stata tradotta in forma melodrammatica da Giuseppe Verdi (1813-1901), capace di trasformare in musica lirica la poetica dell’autore inglese e la profondità psicologica dei suoi personaggi. Su libretto di Francesco Maria Piave, debutta al Teatro La Pergola di Firenze il 14 marzo 1847 (l’opera viene poi rivista nel 1864-1865), e costituisce una svolta nella drammaturgia verdiana e nel teatro melodrammatico: non viene proposta una tradizionale vicenda d’amore, bensì una tragedia dell’ambizione, e Lady Macbeth si pone come una figura femminile del tutto inconsueta nel panorama operistico italiano. Verdi accentua nel dramma d’impianto realista l’elemento fantastico (streghe, spettri, visioni allucinate), con cui coglie gli aspetti più cupi della brama di potere che travolge i protagonisti. Dal 1880 Verdi lavora alla stesura di , su libretto di Arrigo Boito; l’opera viene rappresentata il 5 febbraio 1887 al Teatro alla Scala di Milano, inaugurando un nuovo linguaggio musicale, che lega le varie forme (come arie e duetti) in un’articolazione unica. Inoltre, la trama lineare della tragedia offre a Verdi l’opportunità di approdare compiutamente a un teatro concentrato non sulle manifestazioni esteriori ma sull’interiorità dei personaggi, scandagliata minuziosamente in ogni sfumatura di sentimento: ciò consente al compositore di raggiungere una forza drammatica e lirica di straordinaria intensità. Sempre alla Scala di Milano, il 9 febbraio 1893 va in scena Falstaff, ultimo capolavoro di Verdi, opera comica venata di malinconia («Tutto nel mondo è burla», canta il protagonista); il libretto di Arrigo Boito è tratto da due testi shakespeariani, ed . , un dramma psicologico Macbeth Macbeth Il rinnovamento con e Otello Falstaff Otello Le allegre comari di Windsor Enrico IV La vita!… Che importa?… È il racconto d’un povero idiota! Vento e suono che nulla dinota! (Macbeth)  >> pag. 142  Il protagonista si contraddistingue in primo luogo per la sua , progressivamente più spietata, che ben si inserisce nella che caratterizza i drammi storici shakespeariani: la vicenda si apre con la cruenta ascesa del protagonista al trono e si chiude con un epilogo altrettanto violento e un nuovo re in ascesa. A caratterizzare Macbeth, in secondo luogo, è l’ : le ambigue profezie delle streghe rappresentano per il protagonista, più che l’incarnazione di un fato inesorabile, il pretesto per l’inizio della sua parabola omicida. violenza omicida struttura circolare incontro con il soprannaturale Violenza e soprannaturale Re Lear Scritto in versi e in prosa nel 1605-1606 e messo in scena per la prima volta nel 1606, presenta due vicende parallele, simili nelle linee generali: la prima, la principale, è incentrata sulla storia di , e delle sue tre figlie; la seconda sul e dei suoi due figli maschi. I due anziani padri commettono lo stesso errore: Lear divide il regno tra le due figlie maggiori, e , fidandosi delle loro false dichiarazioni di amore filiale, mentre la minore, la sua prediletta , l’unica davvero sincera nell’affetto verso di lui, è allontanata in seguito al rifiuto di gareggiare con le sorelle nell’adulazione verso il padre; analogamente, si fa ingannare dal figlio , perfido e mentitore, preferendolo all’onesto e fedele . Entrambi i personaggi, in questo modo, corrono verso la propria rovina. Quando Lear si accorge della falsità delle due figlie maggiori, che lo hanno blandito con ipocrite esibizioni di affetto solo per accaparrarsi il suo potere, il regno è ormai diviso a metà, ed esse non mantengono fede alla promessa di ospitare il padre, a turno, con la sua scorta. Ridotto a vagabondare senza una dimora, Lear, riparato durante una tempesta in una capanna abbandonata, perde il senno per la disperazione provata di fronte alla crudeltà e all’ingratitudine del mondo. Nell’infuriare della tempesta, con re Lear c’è anche il conte di Gloucester, che versa in una simile situazione di rovina. Nella sventura, i due vecchi si ritrovano accanto i figli fedeli, che non serbano loro rancore per le ingiustizie subite: Gloucester è assistito da Edgar; Lear ritrova Cordelia, che, sposatasi con il re di Francia, giunge con un esercito per soccorrere il padre. L’esercito francese, tuttavia, è sconfitto da quello di Edmund, divenuto intanto conte di Gloucester, e, prima che questi paghi le proprie colpe venendo ucciso dal fratello in singolar tenzone, Cordelia viene impiccata. La morte della figlia rappresenta per Lear l’ultimo, terribile colpo: egli si spegne sul suo cadavere. Le due figlie maggiori sono anch’esse morte, entrambe vittime di un’insana passione per Edmund: Regan avvelenata dalla sorella, Goneril suicida, dopo che è stato scoperto il suo piano per eliminare il marito. Sopravvivono invece Edgar, reintegrato nei suoi diritti di conte di Gloucester, e il suo vecchio padre, ormai cieco. Al trono di Britannia sale , marito di Goneril, da lui esecrata. Re Lear Lear, re di Britannia conte di Gloucester Goneril Regan Cordelia Gloucester Edmund Edgar il duca d’Albania La tragedia del tradimento  >> pag. 143  Ha scritto il filosofo e critico letterario romantico August Wilhelm Schlegel (1767-1845): «Così come nel ha portato il terrore al suo colmo, non diversamente nel Shakespeare pare abbia esaurito le fonti della pietà». , storia di , è forse il dramma shakespeariano più angoscioso e più disperato, i cui protagonisti assurgono ad allegoria della condizione umana, presentando al pubblico, attraverso le loro dolorose vicende, la grande questione etica del . Se dalla vicenda si può ricavare una morale, essa è forse contenuta nelle parole che Edgar rivolge al padre cieco e disperato: «Gli uomini debbono pazientare per uscir di questo mondo come per entrarvi: tutto sta nell’essere pronti» (atto V, scena II). Immagine emblematica di questa triste condizione è la tempesta, che campeggia al centro del dramma travolgendo Lear. Macbeth Re Lear Re Lear crudeltà e violenza rapporto tra bene e male La lotta tra bene e male La vicenda di re Lear e delle sue figlie si trova nella (Storia dei re di Britannia, 1140 ca) dello scrittore medievale Geoffrey di Monmouth, oltre che in diverse opere successive. Essa presenta alcuni tratti comuni con la storia di : «la figura di Cordelia è una delle tante incarnazioni del tipo di fanciulla virtuosa perseguitata » (Praz), mentre Goneril e Regan sono vicine alle “sorellastre” malvagie della protagonista della favola di origine popolare che ha ispirato gli scrittori Charles Perrault (1628-1703) e i fratelli Jacob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859) Grimm. Nelle fonti, tuttavia, il destino di Lear non è così tremendo: egli non muore, ma trascorre serenamente l’ultima vecchiaia accanto alla figlia Cordelia, che riconquista, con l’aiuto del marito, il regno perduto. «Oltre a dimostrare l’assoluta libertà del drammaturgo rispetto alle fonti cui attinge, la variante finale, rovinosa e totale, è un esempio in più del disperato pessimismo della maturità shakespeariana» (Orlandi). Historia regum Britanniae Cenerentola Le fonti e la loro rielaborazione La vita Le opere • Nasce a Stratford-upon-Avon 1564   • Sposa Anne Hathaway 1582   • Lascia Stratford e si trasferisce a Londra 1588 ca 1582-1608 I sonetti 1594-1597 Romeo e Giulietta 1600-1601 Amleto 1602-1611 Otello • Muore Elisabetta I e sale al trono Giacomo I: Shakespeare fa parte dei King’s Man 1603 1605-1606 Re Lear 1605-1608 Macbeth • Si ritira a Stratford 1611   • Muore a Stratford 1616