Il Settecento – L'autore: Vittorio Alfieri 2 Le opere Le tragedie La composizione delle alfieriane (se si considerano solo quelle approvate dall’autore: il primo dramma, , viene infatti da lui ripudiato) inizia nel 1775, anno della sua conversione letteraria, e si conclude nel 1786. Prima stese in prosa e poi verseggiate in , sono tutte divise in . Come si evince dai titoli, i protagonisti di queste opere sono , che portano sulla scena il dramma irrisolvibile di una e il rapporto travagliato con gli altri, alla spasmodica . La scelta dei temi e l’analisi delle forze oscure che caratterizzano l’io eroico dei personaggi anticipano molti tratti propri del Preromanticismo e della piena stagione romantica. 19 tragedie Antonio e Cleopatra endecasillabi sciolti cinque atti personaggi storici e mitologici coscienza contrastata ricerca di una libertà concreta e interiore Le tragedie del ciclo tebano A episodi e motivi legati al ciclo mitico tebano (ispirato alle vicende di Edipo, re di Tebe, e dei suoi discendenti) si riferiscono le tragedie (1781) e (1783). Polinice Antigone Polinice L’azione è incentrata sul dramma dei due fratelli Eteocle e Polinice, che si scontrano per conquistare il trono di Tebe. L’odio che li anima è feroce e non permette altra soluzione che la morte. Le fonti della tragedia sono del poeta latino Stazio e (La Tebaide o i fratelli nemici) del tragediografo francese Racine. La Tebaide La Thébaïde ou les frères ennemis Antigone L’opera riprende la vicenda narrata dal tragediografo greco Sofocle. Antigone, frutto del rapporto incestuoso tra Edipo e la madre Giocasta, pretende a ogni costo di dare sepoltura al fratello Polinice, che il sovrano Creonte, una volta conquistato il potere, vorrebbe lasciare insepolto. Creonte propone poi ad Antigone di prendere in sposo suo figlio Emone, ma l’eroina preferisce la morte, assecondando così un oscuro impulso che la domina da sempre. Le tragedie del ciclo degli Atridi Le vicende del ciclo degli Atridi (i discendenti di Atreo, re di Micene) ispirano l’ e l’ (entrambe del 1783). Agamennone Oreste Agamennone Inizialmente intitolata , la tragedia è ispirata alle opere di Eschilo e di Seneca, che all’eroe greco avevano intitolato ciascuno una tragedia. Clitennestra, moglie di Agamennone, si innamora del figlio di Tieste, Egisto, e si lascia convincere da lui a uccidere il marito, in modo da assicurare all’amato l’ascesa al potere. Egisto non riuscirà però a far uccidere anche il figlio di Agamennone, Oreste (che viene tratto in salvo dalla sorella Elettra), così da eliminare qualsiasi pretendente al trono. La morte di Agamennone  >> pag. 435  Oreste È una sorta di continuazione dell’ . Il protagonista intende vendicarsi dell’omicidio del padre uccidendo il nuovo compagno della madre. Sconvolto da ira e furore, Oreste uccide Egisto e, involontariamente, anche la madre, rimanendo eternamente sconvolto dall’orrore del suo gesto matricida. Agamennone Le tragedie di argomento romano Alla storia romana fanno riferimento l’ (1783), il e il (entrambe del 1789). Ottavia Bruto primo Bruto secondo Ottavia La tragedia nasce dalla lettura dell’opera dello storico latino Tacito e dell’omonima tragedia di autore ignoto (ma a lungo attribuita a Seneca). Agrippina, madre di Nerone e poi sposa dell’imperatore Claudio, fa di tutto per far ottenere al figlio la successione al trono. Per raggiungere il suo obiettivo, convince anche Claudio a dare in sposa la figlia Ottavia a Nerone. Costui, però, finirà per preferirle Poppea, ripudiando Ottavia con l’accusa di averlo tradito: accusa che quest’ultima, innocente, non sopporterà, e che la spingerà a darsi la morte. Bruto primo Protagonista di quest’altra tragedia storica è Lucio Giunio Bruto, a cui Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma, ha assassinato il padre e il fratello. L’ulteriore offesa compiuta dal figlio del re, Sesto Tarquinio, nei confronti della matrona Lucrezia (moglie di Collatino) suscita lo sdegno e l’ira di Bruto, che aizza il popolo romano contro il tiranno, decretando la fine della monarchia e l’inizio della repubblica. cronache dal passato Come scriveva Alfieri? Molti scrittori custodiscono gelosamente, come un segreto, il proprio metodo di scrittura. Non è il caso di Alfieri, che nella sua autobiografia racconta nel dettaglio le fasi di composizione delle tragedie Alfieri definisce «respiri» i tre passaggi della sua scrittura teatrale: «ideare», «stendere», «verseggiare». Il primo momento consiste nel suddividere la storia in atti e in scene; poi viene fissato il numero dei personaggi; quindi, come afferma con piglio autoironico e schietto, «in due paginucce di prosaccia si fa quasi l’estratto a scena per scena di quel che diranno e faranno». Lo «stendere» è la fase in cui la prosa diventa dialogo e in cui si aggiungono i pensieri dei personaggi, dando spessore psicologico alla tragedia. In questo momento, ciò cui Alfieri bada è l’«impeto» della scrittura, quasi per il timore di farsi sfuggire i concetti che più gli stanno a cuore, «senza punto badare al come», cioè alla forma. È solo nel terzo e ultimo «respiro», il «verseggiare», che l’autore condensa le idee velocemente appuntate sulla pagina, selezionando i pensieri e i dialoghi essenziali. Ma qual è la disposizione d’animo migliore per verseggiare? Secondo Alfieri, bisogna lasciar passare del tempo, in modo da far «riposare l’intelletto», così appassionato nella folgorazione dell’idea e nella successiva furia della prima scrittura. Solo in questa maniera si potrà imprimere alla tragedia il ritmo ideale. A questo punto il testo è diventato poesia. Resta l’ultimo e forse più difficile compito, quello di «successivamente limare, levare, mutare», ossia perfezionare, cancellare e continuamente ricercare la parola più adatta. Le tre fasi della scrittura La tecnica dopo l’ispirazione  >> pag. 436  Bruto secondo Fonte principale di questa tragedia sono le di Plutarco, e l’episodio al centro della storia è l’assassinio di Giulio Cesare. Bruto è tra i congiurati che considerano Cesare una minaccia per le istituzioni repubblicane, a causa dell’eccessivo potere che ha accumulato nelle sue mani. L’animo di Bruto è sconvolto quando Cesare gli confida di essere suo padre; ciononostante decide di restare insieme agli altri congiurati e di compiere il parricidio, il gesto estremo che conclude la tragedia. Vite parallele Le «tragedie della libertà» Alfieri definisce «tragedie della libertà» le opere (1781), (1783) e (1788), in cui domina l’ . Virginia Timoleone La congiura de’ Pazzi argomento politico Virginia Il decemviro Appio Claudio si invaghisce della protagonista, Virginia, sposa promessa al tribuno Icilio, e trama inganni per averla. Nonostante la generale indignazione, Appio riesce a tiranneggiare Virginia, finché il padre, improvvisamente, la uccide, preferendo vederla morta che in preda ai desideri di un uomo autoritario e violento. Timoleone A differenza di quanto avviene nelle altre tragedie alfieriane, qui non si contrappongono un eroe positivo e uno negativo. Timoleone partecipa a una congiura contro il fratello Timofane, tiranno di Corinto, per restituire la libertà alla città. Ma quando quest’ultimo, essendo stato colpito da un congiurato, sta per morire, perdona Timoleone in nome dell’affetto fraterno. La congiura de’ Pazzi Alfieri trae spunto dalle di Machiavelli, dove si racconta della congiura che la famiglia di banchieri dei Pazzi ordì contro i Medici, con l’intento di porre fine al loro dominio su Firenze. La congiura fallisce e Raimondo, il suo principale artefice, si uccide per non finire nelle mani di Lorenzo il Magnifico. Istorie fiorentine I capolavori Nelle due tragedie più importanti, il e la , Alfieri riversa la sua più intima vocazione a descrivere le drammatiche conseguenze di un . Eroi innocenti e responsabili al tempo stesso, Saul e Mirra pagano fino in fondo il prezzo di sentimenti e desideri impossibili, destinati a farli precipitare nella rovina. Saul Mirra io diviso tra il desiderio d’amore e la pulsione di morte, tra la passione e il senso di colpa Saul Il primo dei due capolavori alfieriani viene scritto nel 1782. Il non è tratto dalla storia o dal mito classico, ma dalla , anche se l’autore ne fa un dramma psicologico anziché religioso. soggetto Bibbia Il protagonista è l’anziano re di Israele, , che deve fronteggiare una crescente perdita di consenso e di fiducia da parte del popolo e dei suoi stessi familiari. Il profeta , dopo che il re ha risparmiato un nemico sconfitto, reputa Saul ribelle al volere divino e consacra nuovo re il più giovane . Costui è una figura estremamente carismatica, in cui Saul vede il contraltare della propria decadenza e della propria progressiva mancanza di forze. Nonostante David sia leale e fedele al sovrano, questi si sente minacciato dal giovane e perciò lo bandisce dal regno, accusandolo di tradimento. Saul cade preda di una e di una che provengono dal suo stesso animo e che niente e nessuno possono più placare: è tormentato da visioni e sogna congiure contro la sua persona, e così, dopo aver riammesso in patria David, lo caccia una seconda volta. Alienatosi il favore di tutti – specialmente dell’amata figlia , sposa di David – e ormai completamente solo, Saul sfrutta l’ultimo barlume di lucidità per togliersi la vita, reputando questa l’unica soluzione praticabile per conservare la dignità di padre e di re. Saul Samuele David paura follia Micol Il dramma di un uomo solo  >> pag. 437  L’opera si allontana dal consueto schema delle tragedie alfieriane, in cui si contrappongono tiranni e vittime. è una figura eccezionale, perché incarna entrambi i ruoli: è , essendo incapace di accettare i propri limiti e di rispettare i dettami della natura e di Dio. La tragedia è povera di azione, essendo focalizzata sull’analisi delle oscillazioni dell’animo del protagonista, la cui interiorità occupa il centro della scena. Saul è un eroe moderno, che anticipa, grazie alla che Alfieri ha saputo donargli, la complessità degli eroi romantici, lacerati da contraddizioni, desideri inappagabili e paure ancestrali. Saul vittima e tiranno di sé stesso profondità psicologica Il dubbio che lacera Mirra Composta nel 1784, la Mirra trae origine dall’omonimo raccontato da Ovidio nelle . Nella versione del poeta latino, però, la protagonista è eloquente e risoluta nell’affrontare il suo terribile dramma: ardentemente , percepisce l’orrore del proprio sentimento incestuoso, che cerca con forza di allontanare. In Alfieri, a parte l’amore per il padre Ciniro, quasi tutto è diverso rispetto alla fonte classica: l’eloquenza di Mirra è sostituita da un muro di e di che non le permette di confidare a nessuno i propri sentimenti. Il suo travaglio interiore esplode però drammaticamente proprio nel giorno del suo matrimonio con Pereo, l’uomo che intende sposare nella speranza di scongiurare l’ossessione incestuosa. Quando il padre viene a conoscenza dell’amore di cui egli stesso è oggetto, Mirra si scaglia contro la spada del genitore, preferendo la morte alla vergogna per il sentimento tanto riprovevole da cui non è mai riuscita a liberarsi. mito Metamorfosi innamorata del padre silenzio reticenza Storia di un’ossessione Il della protagonista è completamente : l’azione è scarna ed essenziale, perché tutto accade nella mente di Mirra, sempre più sconvolta da una passione impura. A scontrarsi non sono personaggi in carne e ossa, ma le violente pulsioni che si danno battaglia nel suo animo, vissute in una solitudine tragica e amplificate dalla consapevolezza dell’abominio di un amore empio. Alfieri spinge fino all’estremo il tentativo di Mirra di nascondere l’imperdonabile segreto, facendola poi precipitare nel delirio e nel , vissuto come una . Proprio per questo la donna suscita una paradossale pietà: la sua giovinezza, la passione di cui è vittima e il tentativo di soffocare i fantasmi della sua coscienza alterata la rendono innocente agli occhi del lettore, martire involontaria di un sentimento che sconvolge l’ordine naturale e morale della vita. dramma interiorizzato suicidio catastrofe liberatoria Una tragedia della psiche  >> pag. 438  I trattati politici, l’autobiografia e le Rime Alfieri è anche autore di due originali trattati politici, che confermano l’importanza delle sue meditazioni su temi tipicamente illuministici come la libertà e la tirannide; di un’autobiografia comunemente indicata con il titolo sintetico di ; di un cospicuo numero di componimenti poetici, raccolti sotto il titolo di . Vita Rime Della tirannide Il trattato, composto di 2 libri, viene scritto nel 1777, anche se l’autore lo dà alle stampe soltanto tre anni dopo. Il presenta, in uno stile secco e teso, un’ , definita come quel particolare tipo di governo in cui «chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d’impunità». Nel si descrive la : chi da tempo è sottoposto a un simile regime non si accorge della violenza che subisce; solo gli uomini più virtuosi potranno dunque rinfocolare l’amore per la libertà. In questo senso, Alfieri giudica la tirannide moderna ancor più pericolosa di quella antica, perché si maschera spesso dietro un potere apparentemente illuminato, gettando così le basi per durare molto a lungo. Una soluzione potrebbe essere il , che però l’autore non giudica un mezzo utile a instaurare la repubblica, poiché in tal modo spesso a un regime tirannico ne succede un altro. primo libro analisi della tirannide secondo libro vita sotto la tirannide tirannicidio Del principe e delle lettere Diviso in 3 libri, il trattato viene cominciato nel 1778 e ultimato solo molti anni dopo, nel 1786. Tema centrale è il complesso : Alfieri sostiene la necessità della completa , poiché solo a tale condizione egli può ricercare la verità e sostenere liberamente le proprie idee. Ancor più di pittori, scultori, architetti e scienziati, i letterati devono restare lontani dai principi, che, tentando di blandirli e mostrando di proteggerli, in realtà li corrompono per ottenerne la sottomissione. Nel trattato si delinea pertanto una , che dovrà essere libero dal bisogno economico e spinto verso la gloria dall’insopprimibile impulso morale a esprimere la verità. rapporto tra cultura e potere indipendenza dell’artista dalle istituzioni politiche concezione aristocratica del letterato Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso stesso Scritta di getto nel 1790, a Parigi, e ultimata nell’anno della sua morte, l’autobiografia di Alfieri è suddivisa in quattro epoche e narra i momenti cruciali della vita del poeta. Ne tratteremo diffusamente nella seconda parte dell’Unità (  p. 464). ►  Rime Si tratta di una raccolta, pubblicata per la prima volta nel 1789, di 351 poesie suddivise per genere metrico. Il nucleo principale è costituito dai , e il soggetto prevalente è l’ : l’autore presenta sé stesso come un’individualità estrema ed eroica, capace di un forte e nobile sentire. Altro tema ricorrente è l’ , declinato secondo la lezione petrarchesca, rielaborata però con uno stile meno delicato e omogeneo, e anzi spesso aspro. La , intesa come e dei suoi sentimenti, accompagna Alfieri per tutta la vita, conferendo alla raccolta la natura di un nel quale vengono registrate le oscillazioni dell’animo del poeta. sonetti autoritratto amore scrittura lirica analisi dell’io diario in versi  >> pag. 439  Le altre opere Meno significativa risulta la restante produzione dell’autore: oltre al giovanile intitolato (Abbozzo del giudizio universale), un cospicuo , una serie di (in francese e in italiano) di vario genere – personali, psicologici, di costume – che vanno sotto il titolo di , e in terza rima, che prendono di mira, tra le altre cose, la filosofia illuministica. testo satirico Esquisse du jugement universel epistolario appunti Giornali 6 commedie 17 Satire Il Misogallo Una testimonianza dell’ è fornita dal (letteralmente “Colui che odia i francesi”), del 1799, una caricaturale (principalmente sonetti ed epigrammi), con cui l’autore si scaglia contro la degenerazione della Rivoluzione, tramutatasi a suo giudizio in un «mostruoso governo» giacobino nelle mani di demagoghi capaci di manovrare le folle e inclini a coprire sotto le declamazioni libertarie una tirannia assai più feroce di quella che era stata abbattuta. ostilità di Alfieri verso la Rivoluzione francese Misogallo invettiva in prosa e versi La vita Le opere • Nasce ad Asti 1749   • Entra nell’Accademia Reale di Torino 1758   • Viaggia ininterrottamente in Italia e in Europa 1767-1772   • Matura la propria conversione letteraria 1775 Antonio e Cleopatra 1777 Della tirannide • Cede il patrimonio alla sorella in cambio di una rendita vitalizia 1778 (ideazione) Del principe e delle lettere 1781 Polinice Virginia 1782 Saul 1783 Antigone Agamennone Oreste Ottavia Timoleone 1784 Mirra 1786 (conclusione) Del principe e delle lettere • Si stabilisce a Parigi con Luisa Stolberg d’Albany 1787 1788 La congiura de’ Pazzi • Saluta con entusiasmo lo scoppio della Rivoluzione francese, prima di prenderne le distanze 1789 Bruto primo Bruto secondo Rime 1790 (prima stesura) Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso stesso • Minacciato dalla Rivoluzione in quanto nobile, abbandona Parigi e si stabilisce a Firenze 1792 1799 Il Misogallo • Muore a Firenze 1803 (conclusione) Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso stesso