L’ITALIA PERCORSO 1. L’ambiente fisico L’Italia è una situata nella parte meridionale del continente europeo che si protende nel mar Mediterraneo. Fino a 60 milioni di anni fa il territorio della penisola italiana era quasi completamente coperto dal mare: tra le terre emerse vi erano infatti solo poche aree della Sardegna e della Calabria attuali. Tra i 60 e i 40 milioni di anni fa, per effetto dei movimenti della crosta terrestre, cominciarono a formarsi le e gli , le maggiori catene montuose della nostra penisola. Nel corso del tempo il paesaggio dell’Italia ha subìto ulteriori cambiamenti, in seguito all’attività di vulcani e terremoti e al movimento degli antichi ghiacciai, che hanno creato valli e ampie pianure. A causa di queste trasformazioni, l’Italia presenta un paesaggio molto variegato, con una suddivisione pressoché equa tra montagne, colline e pianure. penisola Alpi Appennini I rilievi montuosi alpini I confini naturali settentrionali della penisola italiana sono costituiti dalle , che si estendono per oltre 1100 km da ovest a est e che si differenziano in tre diverse aree. Alpi Le presentano le vette mediamente più alte, tra le quali spiccano il monte Bianco (4810 m di altitudine), che è la vetta più alta d’Italia e d’Europa, e il Gran Paradiso (4061 m). Alpi occidentali Le sono in media leggermente più basse di quelle occidentali, ma verso ovest presentano comunque vette molto elevate, come il monte Rosa (4637 m) e il Cervino (4478 m). Alpi centrali Alle appartengono rilievi meno elevati, come quelli delle Alpi Carniche e Giulie, e montagne con caratteristiche molto diverse da quelle del resto dell’arco alpino, le . Le Alpi orientali non costituiscono una catena montuosa continua, ma sono composte da massicci che si ergono isolati tra ampie valli. Alpi orientali Dolomiti La parte meridionale dell’arco alpino centrale e orientale è occupata dalla catena delle , costituite da montagne meno elevate in quanto composte da rocce più friabili e dunque più esposte all’erosione. Prealpi Le Dolomiti, i monti pallidi Il nome di queste montagne, conosciute anche come Monti Pallidi per la caratteristica colorazione delle rocce, deriva dal nome del naturalista francese Déodat de Dolomieu, vissuto nella seconda metà del XIX secolo, che per primo ne studiò la composizione geologica. Sono montagne prevalentemente isolate in quanto composte da rocce molto friabili e dunque soggette all’erosione. Ciò è causato dalla loro : le Dolomiti sono nate infatti in seguito al sollevamento dei fondali marini e si sono formate in epoche antichissime grazie ai depositi di scheletri di pesci e conchiglie di molluschi, i cui resti fossili sono ancor oggi visibili tra le loro rocce. Nel 2008 le Dolomiti sono state dichiarate Patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’eduazione, la scienza e la cultura). origine calcarea Le tre cime di Lavaredo.  >> pagina 449  I rilievi montuosi appenninici e le montagne di formazione vulcanica Gli sono una catena montuosa che percorre quasi tutta la penisola da nord a sud e costituisce il crinale che separa il versante idrografico tirrenico, rivolto a ovest, da quello adriatico, verso est. Si estendono per circa 1200 km, dal , sulle coste della Liguria, fino al massiccio calabrese dell’ . Oltre lo stretto di Messina, gli Appennini proseguono poi idealmente con le e i , i rilievi più elevati della Sicilia. L’unico ghiacciaio perenne si trova sul , in Abruzzo (2912 m), che è anche la più elevata vetta appenninica. Nella stessa regione si erge (2793 m), mentre la maggior parte delle restanti cime appenniniche supera raramente i 2000 m. Sono invece di alcune montagne dell’Italia meridionale, come l’Etna (3323 m) in Sicilia, che è il più alto vulcano europeo, e il Vesuvio (1281 m) in Campania. Appennini colle di Cadibona Aspromonte Madonie monti Peloritani Gran Sasso d’Italia la Maiella formazione vulcanica Le colline Oltre il 40% del territorio italiano è occupato da colline, che rappresentano quindi il tipo di paesaggio più diffuso nel Paese. Sono rilievi di : oltre a quelle sorte dai , che si trovano prevalentemente a ridosso dei rilievi montuosi, esistono e . Nell’Italia centrale i rilievi collinari sorgono ai piedi della catena appenninica, separandola dalle aree pianeggianti e dalle coste. In Toscana si estendono le , di origine vulcanica e ricche di giacimenti minerari, e quelle del , di origine tettonica. Di origine vulcanica sono anche le colline laziali. La maggior parte del territorio dell’Italia meridionale e insulare è occupata da colline, gran parte delle quali di origine tettonica, difficili da distinguere in gruppi ben definiti a causa della loro disposizione molto sparsa. varia origine movimenti tettonici colline moreniche vulcaniche colline Metallifere Chianti Le Murge e i trulli I rilievi collinari delle Murge, antico termine che nei dialetti locali significa “pietre”, si estendono tra la Puglia e la Basilicata. Formati da rocce calcaree molto friabili, questi terreni sono caratterizzati, a causa della loro composizione, da fenditure del suolo chiamate “gravine”, che raggiungono notevoli profondità, in alcuni casi anche superiori ai 100 m. Tipici della zona orientale delle Murge, e in particolare del Comune di Alberobello, nei pressi di Bari, sono i , abitazioni tradizionali di pietra caratterizzate da tetti a forma di cono. trulli Veduta di una gravina nelle Murge. Le pianure Circa il 25% del territorio italiano è occupato da pianure. Con l’eccezione della pianura padana, hanno un’estensione relativamente limitata e sono situate prevalentemente presso le coste. Molte pianure italiane sono di , si sono cioè formate dall’accumulo dei materiali trasportati dai fiumi, e infatti si trovano in corrispondenza delle valli dei principali bacini fluviali. L’Italia settentrionale è in gran parte occupata dalla . Il suo nome deriva dall’antico nome del fiume che vi scorre al centro e che ha contribuito alla sua formazione, il Po, chiamato in latino. Anticamente, dove oggi si trova la pianura c’era un golfo del mar Adriatico, che nel corso di migliaia di anni è stato progressivamente interrato dall’accumulo di detriti trasportati a valle dal Po e dai suoi affluenti. La pianura padana è divisa in due parti: l’alta pianura, in prossimità dei rilievi, è formata da ghiaia e ciottoli – trasportati a valle dai fiumi che scendono dalle montagne circostanti – la cui presenza rende il terreno sul quale si sono depositati molto permeabile all’acqua; la bassa pianura è caratterizzata invece da un terreno argilloso e impermeabile, che determina la presenza di acquitrini e di pozze d’acqua, i e le , sfruttate per le coltivazioni agricole. Altre aree pianeggianti dell’Italia settentrionale sono la , creata dai fiumi che scendono dalle Alpi orientali, e il , l’area intorno alla foce del Po, che era originariamente occupata da terreni paludosi, resi poi per gran parte coltivabili grazie all’opera di bonifica effettuata dall’uomo nel corso dei secoli. Nel versante tirrenico dell’Italia centrale e meridionale sono presenti altre pianure di natura alluvionale, tra cui la in Toscana e la in Campania. Nel Lazio si estende invece l’ , creato in seguito a un’imponente opera di bonifica dei terreni paludosi avvenuta nei primi decenni del Novecento, mentre più a sud incontriamo la , che ha un’origine vulcanica e alluvionale insieme, essendo stata formata nel corso dei millenni dal deposito di ceneri eruttate dal Vesuvio e da quello di un successivo strato di detriti fluviali. Nel versante adriatico dell’Italia meridionale si trova la seconda pianura italiana per estensione, il , creato dal sollevamento e dal successivo prosciugamento di un ampio fondale marino. Sul suo terreno si sono poi depositati i detriti dei numerosi fiumi che l’attraversano, i quali hanno reso molto fertili queste zone. Lungo il versante ionico dell’Italia meridionale si trovano la , in Basilicata, la e il in Calabria: le prime sono di natura alluvionale, mentre l’ultima è il risultato del sollevamento di antichissimi fondali marini. Infine, nell’Italia insulare le pianure sono molto ridotte: in Sicilia la più estesa è la , di origine vulcanica, in quanto i suoi terreni sono prevalentemente composti dai depositi di cenere e di lava dell’Etna, materiali che rendono queste aree molto fertili e adatte all’agricoltura; la più vasta pianura della Sardegna è invece il , di origine alluvionale. origine alluvionale pianura padana Padus fontanili risorgive pianura Veneta Polesine Maremma pianura del Sele agro Romano pianura Campana tavoliere delle Puglie piana di Metaponto piana di Sibari Marchesato piana di Catania Campidano  >> pagina 450  I fiumi La penisola Italiana non è attraversata da grandi corsi d’acqua, a causa dell’estensione relativamente limitata delle sue pianure e della vicinanza dei rilievi montuosi alle coste. I fiumi hanno dunque in prevalenza un corso piuttosto breve, ma sono molto numerosi, soprattutto nell’Italia settentrionale, dove i ghiacciai perenni delle Alpi e il clima ricco di piogge alimentano le loro acque. I nascono da sorgenti situate sulle pendici delle Alpi e attraversano la pianura padana e quella veneta. Sono mediamente più lunghi dei fiumi che scorrono in altre regioni della penisola, oltre a possedere una portata d’acqua maggiore e costante nell’arco delle stagioni. Il più lungo è il (652 km), navigabile in alcuni tratti. Nasce dal Monviso, in Piemonte, e sfocia nel mar Adriatico, segnando, lungo il suo percorso, il confine geografico tra le regioni della Lombardia e del Veneto con l'Emilia-Romagna. I sono più brevi e con un corso più irregolare rispetto a quelli che nascono sulle Alpi. Inoltre, poiché non sorgono da montagne ricche di ghiacciai, la loro portata d’acqua dipende dalle atmosferiche e dunque non è costante. Costituiscono un’eccezione all’usuale brevità dei corsi d’acqua appenninici l’ e il , che sono piuttosto lunghi. L’Arno nasce sul monte Falterona, in Toscana, e sfocia nel mar Tirreno presso Pisa, dove, con i suoi detriti, causa un progressivo interramento, responsabile del notevole avanzamento della linea costiera. Il Tevere è invece il terzo fiume d’Italia per lunghezza; nasce alle pendici del monte Fumaiolo, sui rilievi appenninici dell’Emilia-Romagna, e sfocia nel mar Tirreno dopo aver attraversato Roma. fiumi alpini Po fiumi appenninici precipitazioni Arno Tevere Nel cuore della GEOGRAFIA L’acqua che riemerge dal suolo: fontanili e risorgive Le caratteristiche peculiari del terreno nelle due aree della pianura padana, l’alta e la bassa pianura, creano un fenomeno di riemersione delle acque sotterranee, chiamato quando l’acqua emerge naturalmente creando pozze, o se la sua fuoriuscita è opera dell’uomo. La ghiaia e i ciottoli presenti nello strato superficiale del terreno dell’alta pianura permettono all’acqua piovana di scendere in profondità nel sottosuolo, finché questa incontra uno strato di argilla impermeabile, sul quale scorre fino a raggiungere la bassa pianura. Qui lo strato di argilla si trova invece quasi in superficie, così l’acqua si accumula poco sotto il livello del suolo, per poi fuoriuscire naturalmente o grazie a scavi artificiali. L’acqua dei fontanili e delle risorgive è importante per l’agricoltura, in quanto viene sfruttata per irrigare i campi mediante opportune . risorgiva fontanile opere di canalizzazione  >> pagina 451  I laghi L’Italia è costellata da un migliaio di laghi, che si differenziano in base alla loro formazione. I laghi di origine occupano la conca scavata anticamente dall’azione di ghiacciai poi ritiratisi; i laghi di origine occupano crateri o caldere di vulcani ormai spenti; i laghi di origine occupano la depressione causata da uno sprofondamento naturale del terreno. La maggior parte dei laghi italiani si trova nell’Italia settentrionale, soprattutto lungo l’arco alpino, circostanza dovuta alla presenza di ghiacciai e all’abbondanza di precipitazioni. Le aree di alta montagna delle Alpi sono costellate da piccoli laghi di origine glaciale, mentre ai piedi delle Prealpi si estendono i bacini di grandi laghi che hanno avuto origine dai movimenti di antichi ghiacciai. I principali sono: il , o , posto tra la Svizzera, il Piemonte e la Lombardia, il cui immissario principale è il Ticino; il , o , interamente in territorio lombardo, il cui maggiore immissario è il fiume Adda; il , o , condiviso tra Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige. Con circa 370 km di estensione, il lago di Garda è il più grande d’Italia. I laghi dell’Italia centrale e meridionale sono inferiori per numero e dimensione media rispetto a quelli dell’arco alpino. Il più grande (il quarto d’Italia dopo i tre grandi laghi prealpini, con un’estensione di circa 128 km ) è il , in Umbria. Nel Lazio si trovano vari laghi di origine vulcanica, riconoscibili per la caratteristica forma circolare degli antichi crateri da cui derivano; i maggiori sono il lago di , di , di , di e il lago . Nella Puglia settentrionale, a nord del promontorio del Gargano, si estendono i laghi costieri di e , dall’aspetto simile a lagune e con fondali molto bassi. glaciale vulcanica tettonica lago Maggiore Verbano lago di Como Lario lago di Garda Benaco 2 2 lago Trasimeno Bolsena Bracciano Vico Nemi Albano Lesina Varano I mari, le coste e le isole La penisola italiana si protende, con uno sviluppo costiero di oltre 7500 km, nel mar Mediterraneo, il quale assume nomi diversi a seconda delle varie aree bagnate dalle sue acque. A nord-ovest si trova il , compreso tra la Liguria, la Corsica e la costa settentrionale della Toscana. Ha una profondità massima di circa 2613 m e presenta coste alte e rocciose in Liguria, dove curvano a formare il grande golfo di Genova, e prevalentemente basse e sabbiose in Toscana. A sud si estende il , delimitato a nord dalle isole dell’ , di cui fa parte l’ , a ovest dalla grande isola di , a est dalle coste occidentali dell’Italia centrale e meridionale, e a sud dalla , l’isola più grande d’Italia e dell’intero Mediterraneo. È il più esteso tra i mari italiani e raggiunge profondità superiori ai 3600 m. Le sue coste sono basse e sabbiose nel Lazio e in Toscana e molto variegate in Campania. Lo separa il Tirreno a nord-ovest dal a sud-est. Quest’ultimo bagna le coste orientali della Sicilia, della Calabria e della Basilicata, oltre a quelle occidentali della Puglia, giungendo fino al canale d’Otranto; a est si estende fino alla Grecia, dove i fondali superano i 5000 m di profondità. Il separa il mar Ionio a sud dal a nord. Caratterizzato da fondali bassi, con una profondità massima di circa 1200 m, è racchiuso tra le coste orientali della penisola italiana e quelle occidentali della penisola balcanica. Le coste adriatiche italiane sono prevalentemente basse e sabbiose, caratterizzate da lunghe spiagge. mar Ligure mar Tirreno arcipelago Toscano isola d’Elba Sardegna Sicilia stretto di Messina mar Ionio canale d’Otranto mar Adriatico PER FISSARE I CONCETTI Quali sono i confini naturali dell’Italia? Quali sono le principali caratteristiche fisiche della penisola italiana?  >> pagina 452  2. Il clima Il territorio italiano è soggetto a una notevole varietà di climi. Ciò è dovuto alla grande della penisola italiana. I due elementi principali che influenzano il clima in Italia sono l’arco alpino, che ripara parzialmente la penisola dalle correnti fredde e dalle perturbazioni provenienti dall’Europa centrosettentrionale, e il mar Mediterraneo, le cui acque esercitano un’azione mitigatrice sulle zone costiere, proteggendole dagli estremi di caldo e di freddo. Le principali regioni climatiche corrispondono per lo più ai tre ambienti della montagna, della pianura e della costa, con un sui monti, un nella pianura padana e un lungo i litorali. Tuttavia, anche in queste zone esistono differenze, dovute alla morfologia del territorio e alle particolarità atmosferiche delle varie aree, per cui si è soliti considerare . diversità morfologica clima alpino clima continentale clima mediterraneo sei aree climatiche Vegetazione e paesaggio dell’area mediterranea. Le aree climatiche italiane La parte dell’Italia settentrionale prossima ai confini è occupata dall’ , dominata dalla presenza delle montagne. Il clima diviene più rigido man mano che si sale sui rilievi, con inverni lunghi e freddi ed estati brevi e fresche. Le precipitazioni sono abbondanti tutto l’anno, con frequenti nevicate in inverno. A sud delle Alpi si estende l’ , caratterizzata da forti escursioni termiche stagionali tipiche dei climi continentali: gli inverni sono freddi e umidi, con fitte nebbie, mentre le estati calde e afose. Le precipitazioni sono abbondanti in tutte le stagioni. L’ presenta un clima simile a quello dell’area alpina ma più mite, grazie anche alla vicinanza del mare e alla latitudine più meridionale. L’ è costituita dalla fascia di costa affacciata sull’omonimo mare, dal Friuli alla Puglia. Ha un clima mediterraneo, però con inverni più rigidi della norma a causa dei venti freddi (come la bora) che soffiano da nord-est. L’ si estende lungo la costa occidentale della penisola, dalla Liguria alla Campania. Ha un clima di tipo mediterraneo, piuttosto mite per tutto l’anno, ma con precipitazioni leggermente più abbondanti, concentrate in autunno e inverno. L’ occupa la parte meridionale dell’Italia e le isole di Sardegna e Sicilia. Ha temperature piuttosto miti, con inverni poco freddi ed estati calde. Le precipitazioni sono molto scarse, specie d’estate. La vegetazione tipica è quella della macchia mediterranea, composta da piante che tollerano la scarsità d’acqua. area alpina area padana area appenninica area adriatica area ligure-tirrenica area mediterranea PER FISSARE I CONCETTI Perché l’Italia presenta una notevole varietà climatica? Quali sono le aree climatiche dell’Italia e quali caratteristiche presentano?  >> pagina 453  AMBIENTE • SOTTO LA LENTE • La tutela dell’ambiente e i parchi naturali in Italia L’Italia è il Paese europeo in cui vive il maggior numero di specie animali, oltre 56 000. Molte di esse, insieme all’altrettanto ricco patrimonio di specie vegetali, risiedono nelle aree protette, porzioni del territorio italiano dove l’ambiente naturale è soggetto a particolari forme di tutela da parte dello Stato e degli enti locali. Questa tutela si traduce principalmente in norme che proibiscono, o regolano in maniera molto rigida, tutta una serie di attività all’interno del loro territorio, per esempio la caccia, la pesca, l’agricoltura o le attività minerarie. Nelle aree protette sono inoltre in vigore rigide normative edilizie, che regolano il numero e la tipologia degli edifici e delle strutture che possono essere costruite sul territorio tutelato. Attualmente l’Elenco ufficiale delle aree protette (Euap) italiane conta 871 aree naturali sottoposte a tutela ambientale, la cui superficie totale corrisponde a circa l’11% dell’intero territorio nazionale. Le aree protette sono suddivise in varie tipologie a seconda della loro superficie, della loro modalità di gestione e del tipo di tutela di cui gode il loro territorio. I sono 24 e coprono una superficie complessiva di oltre 15 000 km . Il primo Parco nazionale italiano fu il Parco nazionale del Gran Paradiso in Valle d’Aosta, istituito nel 1922, mentre il Parco nazionale più grande, che attualmente è anche l’area protetta più estesa d’Italia, è il Parco nazionale del Pollino, tra Basilicata e Calabria, con una superficie di oltre 192 km . La sorveglianza dei Parchi nazionali è affidata al Corpo forestale dello Stato, specializzato nella tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali. Parchi nazionali italiani 2 2 I sono 134 e occupano un totale di circa 13 000 km ; si tratta di aree terrestri, fluviali, lacustri ed eventualmente anche di tratti di mare prospicienti la costa, di notevole valore ambientale e naturalistico, che costituiscono un sistema omogeneo nell’ambito di una o più regioni adiacenti, e che per questo motivo sono stati attribuiti alle competenze regionali in materia di aree protette: ne sono esempi il Parco naturale della valle del Ticino (tra Piemonte e Lombardia) e il Parco regionale del delta del Po (tra Veneto ed Emilia-Romagna). Parchi regionali italiani 2 Le sono rispettivamente 147 e 365 e sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della fauna e della flora, o che presentano uno o più ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Ne fanno parte, per esempio, la Riserva naturale del monte Abetone, in Toscana, e quella del lago di Lesina, in Puglia. Riserve naturali statali e regionali italiane Le sono 27 e coprono una superficie di mare superiore ai 25 000 km . La più importante è il Santuario dei cetacei, costituito in cooperazione con la Francia e il Principato di Monaco, che in Italia occupa ampi tratti marittimi della Liguria, della Sardegna e della Toscana, in cui vivono esemplari appartenenti a 12 specie di mammiferi marini. Aree marine protette italiane 2 Le sono zone che non rientrano nelle precedenti classificazioni, e in Italia sono più di 170. altre aree protette, nazionali e regionali Il Parco nazionale del Gran Paradiso in Valle d’Aosta. 3. La popolazione Attualmente la popolazione italiana conta oltre . Si tratta di un numero ragguardevole per una superficie relativamente limitata come quella italiana, infatti la densità media della popolazione è pari a circa , quasi il triplo della densità abitativa media dell’Europa, che è di circa 68 ab/km . La distribuzione della popolazione italiana non è uniforme, quindi alcune aree sono più popolate di altre. Sono densamente abitate le pianure, tra cui la pianura padana con l’omonima ( p. 458), le coste, come la fascia costiera della Liguria, e le aree che circondano i principali capoluoghi di regione (come Roma, Firenze, Napoli, Bari, Palermo, Cagliari). Al contrario, nelle zone occupate dai rilievi montuosi, e alle quote più elevate delle dorsali delle Alpi e degli Appennini la densità di popolazione diminuisce sensibilmente. Per fare un confronto, la Campania, con le sue fertili pianure e il notevole sviluppo delle coste, è la regione più densamente abitata del Paese, con ben 425 ab/km , mentre all’ultimo posto c’è la Valle d’Aosta, il cui territorio è prevalentemente montuoso, con appena 39 ab/km . 61 milioni di persone 195 ab/km 2 2 conurbazione ▶ 2 2 Le dinamiche demografiche: una popolazione che invecchia Il numero e la composizione della popolazione italiana hanno subìto notevoli cambiamenti negli ultimi due secoli. Durante il XIX secolo, in concomitanza con il processo di industrializzazione che in quel periodo iniziò ad affermarsi anche in Italia, la popolazione del Paese cominciò ad aumentare con tassi di crescita sempre maggiori. Come per il resto del continente, tale aumento si verificò grazie al miglioramento delle condizioni di vita e ai progressi nel campo della medicina. Dopo che il tasso di crescita della popolazione italiana ebbe toccato il suo massimo verso la metà del XX secolo, negli anni Sessanta dello stesso secolo iniziò una tendenza opposta, con un vistoso calo dell’incremento della popolazione dovuto alla diminuzione del , che esprime il rapporto tra il numero di nascite e il numero di abitanti di un territorio e si indica solitamente con il numero di bambini nati in un anno ogni 1000 membri della popolazione. Questo fenomeno fu determinato dalla diffusione nella società di nuovi modelli di comportamento, in base ai quali le famiglie tradizionali, con prole numerosa, divennero sempre meno frequenti, per lasciare spazio, mediamente, a nuclei familiari con uno o due figli al massimo. Tale calo delle nascite è stato tuttavia accompagnato dalla contemporanea diminuzione del – analogo al tasso di natalità, si indica però con il numero di morti ogni 1000 abitanti, sempre nel periodo di un anno – e dall’aumento della , cioè il numero di anni che una persona, alla nascita, può aspettarsi di vivere. La combinazione di questi tre fenomeni ha provocato un rapido , che è composta sempre di più da persone anziane e sempre meno da giovani ( grafico). In Italia le principali indagini sulla demografia e le caratteristiche della popolazione italiana sono affidate all’Istituto nazionale di statistica ( Sotto la lente). Secondo i rilevamenti di questo istituto, nel 2013 la speranza di vita media in Italia è stata di circa 82 anni (79 per gli uomini e 85 per le donne), uno dei dati più alti del mondo, che attesta l’elevata qualità della vita media nel nostro Paese. Nonostante questo dato positivo, il progressivo invecchiamento della popolazione è destinato a provocare problemi, sia economici (con una minoranza di giovani attivi nel mondo del lavoro costretti a mantenere una maggioranza di anziani ormai inabili per le attività produttive), sia sociali (con la previsione di una costante diminuzione della popolazione italiana complessiva). Nel 2013 il tasso di natalità della popolazione italiana è stato di 8,94, uno dei più bassi del mondo, mentre quello di mortalità è stato pari a 10. Questo significa che si tratta di un anno in cui sono morte più persone di quante sono nate, un fenomeno detto saldo naturale negativo. Di conseguenza la popolazione italiana sarebbe dovuta diminuire, ma in realtà è in continuo aumento grazie all’arrivo di immigrati provenienti da altri Paesi. tasso di natalità tasso di mortalità speranza di vita media invecchiamento della popolazione italiana ▶ ▶ La piramide dell’età della popolazione italiana.  >> pagina 454  STATISTICA • SOTTO LA LENTE • Il censimento e l’Istat Per misurare le dinamiche demografiche di una popolazione gli studiosi utilizzano i dati rilevati attraverso i censimenti, indagini condotte periodicamente sulla composizione e sulle caratteristiche della popolazione di un Paese. In Italia questo compito è affidato all’Istituto nazionale di statistica ( ), che ogni dieci anni provvede a consegnare a tutte le famiglie italiane dei questionari, attraverso i quali vengono richieste informazioni personali su tutti i componenti dei vari nuclei familiari. Una volta elaborati a livello centrale, questi dati forniscono un quadro complessivo della popolazione italiana: confrontandolo con quelli dei decenni precedenti, si possono elaborare e previsioni sull’andamento della popolazione. Istat statistiche demografiche  >> pagina 455  Una lingua, tante tradizioni Se la popolazione italiana è costituita da tutti coloro che risiedono in Italia, quello di “popolo italiano” è un concetto più sfuggente, che coincide in parte con quelli di “etnia” e “Nazione”. Si tratta dell’insieme di tutte le persone che condividono certi tratti culturali, in particolare la stessa lingua madre. La lingua è dunque uno dei fattori fondamentali per l’identità di un popolo, quindi si possono definire italiani tutti coloro che hanno come lingua madre l’italiano. Non tutti coloro che risiedono in Italia però sono italiani, così come non tutti gli italiani risiedono in Italia. Gli abitanti del Canton Ticino, in Svizzera, possono essere definiti di nazionalità italiana, insieme alle piccole minoranze italiane presenti in Slovenia e in Croazia, e soprattutto ai milioni di italiani, con i loro discendenti, che in passato sono migrati in altri Paesi e continenti. L’italiano, come abbiamo visto, è una lingua neolatina, così chiamata perché, insieme alle lingue di altri Paesi dell’Europa centromeridionale (come il francese, lo spagnolo, il portoghese, ma anche il rumeno), deriva dal latino. Dopo le invasioni germaniche, agli inizi del Medioevo, il latino continuò a essere utilizzato negli ambienti ecclesiastici e dalle persone dotte, ma nelle relazioni quotidiane subì notevoli trasformazioni, dando vita alle , cioè “popolari” (dal latino , “popolo”): pur derivando da un’identica radice comune, esse si differenziarono notevolmente tra una zona e l’altra della penisola, creando innumerevoli varianti regionali. Furono queste le origini delle che ancora oggi sono parlate nelle varie regioni, accanto alla lingua italiana. Oggi l’italiano, oltre che in Italia, è parlato anche nella Repubblica di San Marino, il piccolo Stato indipendente che si trova tra l’Emilia-Romagna e le Marche, e nella Città del Vaticano presso Roma, che è il più piccolo Stato del mondo ed è sede del papato della Chiesa cattolica. lingue volgari vulgus lingue dialettali   Dialetto: la lingua del cuore Le minoranze linguistiche Nonostante l’italiano sia l’idioma più usato nel Paese, nonché la lingua ufficiale dello Stato italiano, esiste in Italia un nutrito numero di individui la cui lingua madre non è l’italiano, oppure che sono bilingui, ossia parlano indifferentemente l’italiano e un’altra lingua ( carta). A parte gli stranieri residenti in Italia, che parlano le lingue diffuse nel loro Paese di nascita, in diverse regioni esistono le cosiddette “minoranze linguistiche”, comunità che parlano lingue diverse dall’italiano ma che risiedono in Italia da decenni o addirittura da secoli; la loro presenza testimonia le complesse vicende legate alla formazione dello Stato italiano e ai movimenti di popoli e comunità in Europa durante il Medioevo e l’età moderna. Le minoranze linguistiche più numerose presenti in Italia sono la comunità francofona (che parla francese) in Valle d’Aosta e quella germanofona (che parla tedesco) nella Provincia Autonoma di Bolzano. Queste due minoranze sono ufficialmente riconosciute e tutelate dalla Costituzione italiana, che ha istituito nelle due aree il , cioè l’uso da parte della pubblica amministrazione di due lingue, l’italiano e la lingua parlata localmente. Nel Paese, però, esistono numerose altre minoranze linguistiche, con un numero inferiore di appartenenti. Nelle valli occidentali del Piemonte e della Valle d’Aosta, per esempio, ci sono comunità che parlano il e il , lingue romanze simili al francese; in Sardegna, nella zona di Alghero, è diffuso il , la lingua parlata in Catalogna, regione della Spagna; in diverse regioni dell’Italia meridionale vivono fin dal XV secolo comunità albanesi, che parlano una forma di albanese antico chiamato ; nel Salento (in Puglia) e in Calabria si trovano comunità di , mentre in alcune valli del Trentino-Alto Adige e del Veneto si parla il , una lingua romanza diffusa anche in altre regioni dell’arco alpino. ▶ bilinguismo provenzale-occitano franco-provenzale catalano arbëresh lingua greca ladino Lingue e dialetti parlati in Italia. Donne della minoranza linguistica arbëresh in costumi tradizionali.  >> pagina 456  Le religioni La maggioranza degli italiani (oltre il 70%) dichiara di aderire al , mentre le altre religioni hanno un numero di praticanti nettamente inferiore. Sono diffuse in Italia diverse confessioni che fanno capo al : la più notevole dal punto di vista storico è quella dei , movimento religioso nato nel Medioevo e ora diffuso soprattutto nel Piemonte occidentale. Altra religione cristiana, nata negli Stati Uniti nel XIX secolo e praticata da una consistente minoranza in Italia, è quella dei . In Italia sono inoltre presenti da molti secoli comunità che praticano l’ . Negli ultimi anni, infine, nel nostro Paese è considerevolmente aumentato il numero dei musulmani, cioè coloro che praticano l’ , soprattutto per l’arrivo di immigrati provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, come gli Stati dell’Africa del Nord e del Medio Oriente. cristianesimo cattolico cristianesimo protestante valdesi testimoni di Geova ebraismo islam Emigrazione… I fenomeni migratori hanno interessato in passato anche la popolazione italiana: tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo molti italiani emigrarono in America e in Australia in cerca di lavoro. Il flusso migratorio proseguì anche dopo la Seconda guerra mondiale, ma in questo caso i Paesi di destinazione dei migranti italiani erano quelli dell’Europa centrosettentrionale, la cui espansione industriale offriva opportunità di lavoro a una generazione stremata dai disastri del conflitto. La presenza di nutrite in molti Paesi europei e in altri continenti è una conseguenza di queste importanti ondate migratorie. Negli anni Sessanta del XX secolo si verificò anche una all’Italia, con lo spostamento di milioni di persone dalle regioni meridionali, provenienti soprattutto dalle zone rurali, verso il Nord, per lavorare nelle industrie della pianura padana: questo fenomeno contribuì all’affermazione del cosiddetto “boom economico” di quel periodo, che consentì all’Italia di entrare a far parte delle potenze industriali mondiali. comunità italiane migrazione interna Emigranti italiani sbarcati a Ellis Island, New York, nei primi anni del XX secolo. … e immigrazione Da terra di emigrazione, l’Italia è diventata, negli ultimi anni, meta di immigrazione, con centinaia di migliaia di stranieri che giungono nel Paese ogni anno, provenienti da altri Stati europei (soprattutto quelli dell’Europa orientale) e da altri continenti, in particolare dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina. Fino a pochi anni fa, il numero di stranieri residenti in Italia era molto inferiore rispetto al dato analogo di altri grandi Paesi dell’Europa occidentale. Oggi non è più così: nel 2013 gli stranieri in Italia erano oltre , pari quasi all’ , una cifra più che triplicata in otto anni. Nel 2016 i numeri sono aumentati e la presenza di stranieri è di circa 5 milioni. La distribuzione della popolazione straniera è concentrata soprattutto nell’area centro-settentrionale, dove le attività economiche sono maggiormente diversificate. 1 700 000 stranieri sono residenti nel Nord-Ovest della penisola, oltre 1 milione in Lombardia, attivissimo polo economico sia industriale sia commerciale, 1 200 000 nel Nord-Est, il resto distribuito nelle altre aree della penisola. La maggiore comunità straniera in Italia è quella , passata da 250 000 persone nel 2005 a 1 100 000 nel 2015. Questo incremento si spiega con l’ingresso della Romania nell’Unione Europea, avvenuto nel 2007, che ha permesso ai cittadini rumeni di muoversi e stabilirsi liberamente in tutti gli Stati membri. La seconda comunità più numerosa è quella albanese (500 000 persone), mentre al terzo posto ci sono i marocchini (450 000 nel 2012), seguiti dai cinesi e dagli ucraini (circa 200 000 ciascuna). Questi numeri non tengono conto del fenomeno dell’ , cioè degli stranieri che risiedono in Italia senza permesso. La presenza di comunità di stranieri residenti in Italia ormai da molti anni ha inoltre portato in evidenza il fenomeno degli , cioè coloro che sono nati in Italia ma, essendo i loro genitori stranieri, non hanno automaticamente la cittadinanza italiana. In Italia, e nella maggior parte degli altri Paesi europei, vige infatti un’interpretazione della legge sulla cittadinanza chiamata (in latino “diritto di sangue”), per la quale un neonato acquisisce la cittadinanza dei genitori indipendentemente dal luogo di nascita. Per questo oggi sono quasi un milione i ragazzi sotto i 18 anni che, pur essendo nati in Italia, non sono ufficialmente cittadini italiani. Il loro numero, poi, è destinato ad aumentare, considerando che nel 2013 il 15% di tutti i bambini nati in Italia aveva genitori stranieri. Negli ultimi anni è stata avanzata da più parti la proposta di modificare la legge sulla cittadinanza adottando l’interpretazione denominata (“diritto del suolo”), in base alla quale tutti i nati sul suolo italiano diventerebbero automaticamente cittadini italiani. La presenza e il continuo arrivo di immigrati in Italia costituisce una risorsa per il Paese: molti di loro svolgono lavori necessari ma spesso considerati troppo faticosi e “umili” dagli italiani, per esempio nel campo dell’agricoltura o dell’assistenza agli anziani. L’arrivo di immigrati aiuta inoltre a compensare il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione, dato che si tratta di persone mediamente più giovani e con più figli rispetto alla media della popolazione. Quella italiana si avvia dunque a diventare una società pienamente , in cui convivono persone di origini diverse, ma questo processo genera anche reazioni negative, che in alcuni casi degenerano in episodi di e nei confronti di persone appartenenti a etnie, razze o religioni minoritarie. 4 milioni 8% della popolazione totale rumena immigrazione irregolare immigrati di seconda generazione ius sanguinis ius solis multiculturale intolleranza razzismo «Non siamo pericolosi, siamo in pericolo!»: manifestazione a sostegno dei diritti degli immigrati, organizzata a Roma nel dicembre 2016. PER FISSARE I CONCETTI Perché si dice che la popolazione italiana possiede un saldo naturale negativo? Quali sono le minoranze linguistiche in Italia? In quali aree italiane è in vigore il bilinguismo? Quali aspetti legati all’immigrazione hanno modificato le caratteristiche demografiche del nostro Paese?  >> pagina 457  4. Le città La forma di stanziamento prevalente in Italia è quella della città, con la maggioranza della popolazione che risiede in centri urbani medi e grandi, e solo una percentuale minoritaria che vive in o in piccoli abitati. Il in Italia è pari al , cioè quasi 7 italiani su 10 abitano in città, un dato in linea con la media europea. Esistono però importanti differenze tra il tessuto urbano italiano e quello degli Stati vicini, dovute soprattutto alla storia dei vari territori nazionali, che ha determinato diverse modalità di insediamento. insediamenti rurali tasso di urbanizzazione 68% La caratteristiche dell’urbanizzazione italiana Il territorio italiano possiede una . La quantità degli insediamenti presenti in epoca antica, unita alla densità della popolazione, che in passato era già molto alta rispetto a quella degli altri Paesi europei, ha portato il territorio italiano ad avere (fino a 20 000 abitanti) e (con un numero di abitanti compreso tra i 20 000 e i 200 000). È questa la caratteristica principale che distingue l’urbanizzazione italiana da quella del resto d’Europa, dove in genere le città sono meno numerose ma più grandi. Nelle aree metropolitane delle città più grandi, e lungo le più importanti vie di comunicazione, sono sorti vasti insediamenti e quartieri residenziali che non hanno un’identità ben definita (ossia che non possiedono la struttura e l’offerta di servizi tipiche di un centro urbano “tradizionale”); allo stesso tempo l’espansione urbana che ha caratterizzato molti piccoli centri vicini tra loro ha portato i rispettivi confini a toccarsi e a fondersi l’uno nell’altro, fino a formare un unico paesaggio urbano, a dispetto dei confini amministrativi tra i vari comuni del territorio. storia urbana assai antica moltissime città piccole medie  >> pagina 458  Poche metropoli ma tante città In Italia sono presenti poche metropoli vere e proprie: e , le sole città italiane con più di un milione di abitanti, e e , che superano i 90  000 abitanti. Anche le dei più grandi centri italiani non si avvicinano ai record europei (che superano i 10 milioni di abitanti attorno a città come Mosca, Parigi o Londra): quelle di Roma, Milano e Napoli arrivano ai 3-4 milioni di abitanti, mentre quella di Torino a poco più di 2 milioni. Solo la – cioè l’esteso sistema di città grandi, medie e piccole che da Milano si allunga a ovest fino a Torino, a est fino a Padova e Venezia e a sud-est fino a Bologna –, che gli studiosi considerano come un unico grande tessuto urbano, costituisce un fenomeno di “proporzioni europee”. Oltre ai grandi centri e alla conurbazione, in Italia sorgono città che, sebbene di dimensioni inferiori alla media europea, hanno comunque una notevole importanza come centri economici e culturali e fungono da punto di riferimento per l’ampio territorio circostante, spesso anche perché si tratta di città capoluogo di regione. Oltre ad avere quasi tutte origini molto antiche, le città italiane conservano molto spesso al loro interno un ricco patrimonio architettonico e artistico. Sono le tante , che hanno avuto in passato un ruolo di primo piano nella storia europea e mondiale e che ora costituiscono alcune delle principali destinazioni turistiche italiane, attirando ogni anno milioni di visitatori da ogni parte del mondo (nel 2016 le città italiane più visitate dai turisti stranieri sono state, nell’ordine, Roma, Milano e Venezia). Roma Milano Napoli Torino aree metropolitane conurbazione padana città d’arte Le principali città italiane per numero di abitanti. Cascine, poderi e masserie Se oltre due terzi degli italiani vive in città, poco meno di un terzo risiede ancora in insediamenti di altro tipo, accentrati o sparsi, concentrati soprattutto nelle aree agricole. Nelle campagne il tipo di insediamento ancora oggi prevalente dipende anche dalle diverse modalità con cui nel passato era organizzata l’agricoltura. Nella pianura padana, per esempio, dove la proprietà terriera era gestita in modo da ottenere la massima resa, era richiesta una presenza costante e diffusa di abbondante manodopera. Ebbe perciò grande diffusione la struttura della , una grossa fattoria disposta attorno a una corte, dove vivevano numerose famiglie contadine alle dipendenze del proprietario terriero o dell’imprenditore agrario che la gestiva; altra manodopera risiedeva in paesi, borghi e villaggi che punteggiavano la campagna. Nell’Italia centrale, invece, appezzamenti poco estesi, chiamati , erano coltivati da singole famiglie contadine che abitavano in fattorie più piccole. Nell’Italia meridionale, infine, la diffusione del latifondo, cioè di proprietà molto vaste coltivate soprattutto a cereali, con scarsi investimenti e bassa resa, richiedeva una presenza ridotta della manodopera, se non in momenti particolari del lavoro agricolo (come il raccolto); si avevano cosi fattorie di medie dimensioni, dette , in cui abitavano le poche famiglie contadine alle dirette dipendenze dei proprietari, e radi ma popolosi borghi rurali, dove risiedevano i lavoratori stagionali. cascina poderi masserie Veduta di una cascina in Piemonte. PER FISSARE I CONCETTI Che cos’è la conurbazione padana? Che cosa distingue l’urbanizzazione italiana da quella europea?  >> pagina 459  5. L’economia della penisola italiana L’Italia possiede oggi un’economia avanzata e diversificata, che la pone ai primi posti nelle classifiche mondiali relative alla ricchezza assoluta e al benessere dei suoi abitanti. Attualmente l’Italia è la (in termini di Pil assoluto) e fa parte del , il gruppo dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Nonostante questi primati, l’Italia deve ancora affrontare problematiche che ostacolano la piena espressione delle sue potenzialità economiche e produttive. Un problema di vecchia data, che affligge l’economia e la società italiana, è il , in termini di sviluppo economico e benessere della popolazione, tra il e il del Paese. Tale divario è evidente se si esamina il dell’Italia, cioè la ricchezza totale prodotta dal Paese in un anno divisa per il numero dei suoi abitanti, un dato che più di altri serve a indicare il livello medio di ricchezza e benessere di una popolazione. Nel 2012 il Pil pro capite dell’Italia è stato di circa 33 000 dollari, ma se si scompone tale dato in base alle regioni si scopre che quelle del Nord hanno un Pil pro capite di oltre 40 000 dollari, pari a quello della Germania, mentre quello delle regioni del Sud è di appena 24 000 dollari, inferiore a quello di un Paese in grave difficoltà economica come la Grecia. Un altro problema storico è il contratto dallo Stato, che impedisce alla pubblica amministrazione di trovare le risorse per finanziare le necessarie riforme economiche. La crisi economica mondiale iniziata nel 2008, infine, non ha fatto che peggiorare la situazione, portando a un calo del Pil, cioè a una economica, e a un aumento della disoccupazione. decima potenza economica mondiale G7 divario Nord Sud Pil pro capite pesante debito pubblico recessione Rappresentazione dei sette Paesi più industrializzati del mondo: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Canada, Stati Uniti, Giappone. Il settore primario: agricoltura e allevamento L’Italia è stata per secoli un Paese rurale, che basava sull’agricoltura gran parte della propria ricchezza. Attualmente, invece, soltanto il 4% della popolazione italiana è impiegato nel settore primario, che contribuisce solo per il 2% alla creazione della ricchezza nazionale. Le presentano una notevole disomogeneità tra le diverse regioni, sia dal punto di vista della produttività, sia da quello dello sfruttamento dei suoli ( carta, p. 460). In generale, l’agricoltura delle regioni settentrionali ricorre maggiormente alla meccanizzazione ed è più aperta alle innovazioni tecnologiche in campo agricolo, quindi è più produttiva, mentre nel Sud sopravvivono colture lavorate con metodi tradizionali. Le difficoltà produttive sono in parte motivate anche dalla morfologia del territorio italiano, che per più di due terzi è montuoso e dunque non adatto alle coltivazioni. Nella pianura padana e nelle altre pianure più estese, come il tavoliere delle Puglie e le pianure campane, si coltivano soprattutto e (quest’ultimo soprattutto nelle regioni settentrionali, dove quello delle risaie è un paesaggio agricolo molto comune in diverse zone). Nelle pianure costiere, meno estese, soprattutto al Sud ma anche in Liguria, si coltivano (come gli agrumi nelle regioni meridionali) e . Le zone collinari sono invece dominate dai vigneti, che sono coltivati in quasi tutte le regioni italiane e alimentano una fiorente produzione vinicola: l’Italia è infatti il . Un’altra coltivazione molto diffusa nelle zone collinari, suprattutto al Centro-Sud, è quella dell’ulivo, da cui si ricava l’olio. La pianura padana e le pianure minori del Centro-Sud sono anche le zone dove è maggiormente diffuso l’ di bovini e di suini, che alimentano una fiorente industria casearia e della trasformazione alimentare, i cui prodotti, soprattutto salumi e formaggi, sono conosciuti in tutto il mondo per la loro qualità. attività agricole ▶ cereali, ortaggi riso ulivi, piante da frutto ortaggi primo produttore mondiale di vino allevamento  >> pagina 460  Le attività estrattive e la pesca Le restanti attività del settore primario in Italia hanno uno sviluppo molto limitato. Il sottosuolo italiano non possiede grandi , e quasi tutte le miniere un tempo presenti nel Paese hanno chiuso da decenni poiché la loro attività non era più redditizia. L’unica grande miniera ancora in attività si trova in Sardegna, nel Sulcis, dove si estrae carbone. L’Italia è dunque costretta a importare dall’estero molte materie prime necessarie al funzionamento del suo apparato industriale. Situazione analoga è quella delle risorse energetiche, tanto che la è considerata uno dei maggiori freni all’ulteriore sviluppo economico del Paese. Il fabbisogno di energia dell’Italia è soddisfatto in maggioranza dal , tuttavia i pochi impianti petroliferi nazionali, situati soprattutto in Basilicata e nell’Adriatico, rispondono solo a una minima parte di questa domanda, costringendo il Paese a importare petrolio dall’estero, in particolare da Libia, Iran, Russia e Azerbaigian. L’Italia importa dall’estero anche notevoli quantità di , che giunge soprattutto dalla Russia attraverso i gasdotti, lunghissime condutture che attraversano tutta l’Europa centrorientale. Petrolio e gas naturale sono impiegati in grandi percentuali anche per la generazione di , ma è in aumento l’elettricità prodotta mediante le , soprattutto l’energia idroelettrica, quella solare e quella eolica. Nonostante questo, la produzione nazionale di energia elettrica non riesce a soddisfare la domanda interna, quindi l’Italia è costretta a importarla, in particolare dalla Francia, che la produce mediante centrali nucleari. Sebbene l’Italia sia circondata quasi interamente dal mare, la è poco redditizia a causa della scarsa pescosità delle acque. Le uniche aree dove viene praticata a livello industriale sono nel mar Adriatico e a sud della Sicilia, dove è ancora diffusa la tradizionale pesca del tonno. È invece in espansione, in diverse regioni, la pratica dell’ , cioè l’allevamento delle specie ittiche in condizioni controllate. giacimenti minerari dipendenza energetica petrolio gas naturale energia elettrica fonti rinnovabili pesca acquacoltura La distribuzione delle risorse del settore primario in Italia. Pozzo petrolifero in Val d’Agri, Basilicata. ALIMENTAZIONE • SOTTO LA LENTE • Dop, Doc e Docg: le eccellenze alimentari italiane Il punto di forza dell’agricoltura italiana è costituito dalle cosiddette eccellenze alimentari, caratterizzati dalla specificità delle materie prime, legate alla tradizione di un determinato territorio, e dall’attenzione dedicata a tutti gli aspetti della filiera produttiva. Prodotti come il parmigiano reggiano o la mozzarella di bufala campana sono alimenti conosciuti ed esportati in tutto il mondo, la cui originalità è protetta dai marchi di qualità promossi dall’Unione europea, come il (Denominazione di origine protetta), per tutelare questi prodotti dalle imitazioni. A testimonianza dell’importanza di questo settore, l’Italia è attualmente il Paese dell’Unione con il maggior numero di prodotti tutelati dai marchi di qualità europei, oltre 250. prodotti di alta qualità marchio Dop  >> pagina 461  Il settore secondario Poco meno di un terzo dei lavoratori italiani è impiegato nel settore secondario, che comprende tutte le produzioni industriali e artigianali attive nel Paese. Nonostante l’economia italiana sia ormai passata da un modello fondato sull’industria a uno incentrato prevalentemente sui servizi – trasformazione avvenuta in coincidenza con la terza rivoluzione industriale degli ultimi decenni del XX secolo – e a dispetto della crisi economica globale, che negli ultimi anni ha messo in difficoltà le attività produttive di molti Paesi, il settore secondario genera ancora il circa della ricchezza nazionale e resta dunque una delle principali risorse economiche dell’Italia. Dal punto di vista organizzativo, il sistema industriale italiano è caratterizzato dalla grandi (attive cioè in più Paesi) e di una vasta rete di (che operano solo a livello locale): queste ultime, grazie alle loro ridotte dimensioni e al basso numero di lavoratori, riescono spesso ad adattarsi molto velocemente ai cambiamenti del mercato e alle trasformazioni economiche che caratterizzano i periodi di crisi o di ristrutturazione. 24% compresenza di aziende multinazionali piccole e medie imprese Il triangolo industriale La distribuzione sul territorio delle principali industrie italiane rispecchia ancora in parte quella del periodo in cui nacque e si sviluppò nel Paese il settore secondario, tra gli inizi del XX secolo e gli anni Sessanta. In quegli anni si iniziò a parlare di , un’area ad alta densità di industrie così chiamata perché aveva come vertici ideali le città di . Vero e proprio motore economico del Paese in quel periodo, il triangolo industriale comprendeva complessi siderurgici, chimici e meccanici, con fabbriche di automobili come la Fiat, di pneumatici come la Pirelli, acciaierie e industrie meccaniche come l’Italsider e la Breda, e aziende attive nel settore chimico e petrolchimico come la Montedison. Furono queste imprese a richiamare gran parte dei migranti dalle regioni meridionali in cerca di lavoro nelle aziende del Nord. Il loro sviluppo economico fu favorito in quegli stessi anni dalla costruzione di importanti infrastrutture, come le prime autostrade che collegavano le principali città dell’area. Ancora oggi il territorio del triangolo industriale, che si è allargato verso est per comprendere nuove aree della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna, è la regione italiana a più alta densità di industrie. triangolo industriale Milano, Torino e Genova Una catena di montaggio della Fiat. I distretti industriali Una particolarità del sistema industriale italiano è la presenza dei ( carta), cioè di agglomerati di imprese di varie dimensioni, all’interno di territori delimitati geograficamente, che cooperano nelle diverse fasi di un unico processo produttivo e che sono tra loro fortemente integrate. Rispetto alla realtà del triangolo industriale, i distretti presentano alcune importanti differenze: non sono rappresentati da poche e grandi aziende, che concentrano al loro interno la maggior parte della produzione, ma da un numero elevato di piccole e medie imprese, ognuna delle quali si occupa in genere di un aspetto particolare del ciclo produttivo, che viene poi completato attraverso la cooperazione tra le varie aziende comprese nel distretto; la loro integrazione è limitata all’interno di ambiti produttivi ben definiti, con imprese altamente specializzate in settori come il tessile, l’abbigliamento, la meccanica. Attualmente in Italia ci sono circa 200 distretti industriali, distribuiti in modo piuttosto disomogeneo: sono infatti diffusi soprattutto nell’Italia centrosettentrionale e nella parte orientale della penisola, mentre sono quasi assenti nelle regioni meridionali. I principali distretti produttivi si estendono tra l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto, mentre in Toscana, nelle Marche e in Abruzzo si è evoluto un modello di integrazione produttiva più legato alle tradizioni manifatturiere e artigianali. distretti produttivi ▶ I principali distretti industriali italiani.  >> pagina 462  Il settore secondario nel Sud Italia A differenza di quanto avvenuto nell’Italia settentrionale, nelle regioni meridionali la crescita del settore secondario è stata più modesta. Uno dei molti fattori storici ed economici alla base di tale sviluppo limitato è stato il fatto che il Nord del Paese beneficiò di investimenti statali fin dai primi anni dopo l’Unità d’Italia, mentre nelle regioni meridionali non furono create le infrastrutture indispensabili per favorire l’espansione delle realtà produttive. Nella seconda metà del XX secolo lo Stato ha tentato di creare nuovi poli industriali nel settore petrolchimico e siderurgico a Napoli, Brindisi, Taranto e in alcune aree della Sicilia; i risultati non sono stati però all’altezza delle aspettative, anche a causa della concorrenza delle imprese estere. Le uniche attività industriali degne di rilievo nel Sud Italia, oltre ad alcuni stabilimenti di grandi industrie (come quelli automobilistici in Campania e Basilicata), sono oggi rappresentate dai distretti dell’industria agroalimentare, dell’abbigliamento e delle calzature, che si sono affermate in Campania e in Puglia in continuità con la tradizione artigianale locale, e il distretto tecnologico di Catania, in Sicilia, denominato Etna Valley ( Sotto la lente). ▶ TECNOLOGIA • SOTTO LA LENTE • Il distretto tecnologico dell’Etna Valley Fra i distretti industriali italiani più attivi e ai primi posti sul fronte dell’innovazione c’è quello dalla cosiddetta “Etna Valley”, una zona industriale di Catania, in Sicilia, dove alla fine degli anni Novanta del XX secolo alcune grandi che operano nel settore dell’ e dell’ hanno stabilito i propri impianti. Il suo nome richiama la Silicon Valley, l’area della California, negli Stati Uniti, dove hanno sede alcune tra le principali società informatiche del mondo. In questa zona, dove era già presente uno degli stabilimenti più moderni per la costruzione di microprocessori per computer, sono stati fondati, con la collaborazione dell’Università di Catania, del Cnr (il Consiglio nazionale per le ricerche) e di altre importanti aziende internazionali, centri di ricerca all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, che hanno contribuito alla nascita di oltre un migliaio di piccole aziende per la produzione di componenti utilizzati in vari settori dell’elettronica. Dopo il successo dei primi anni, anche l’Etna Valley ha risentito della crisi economica globale, ma attualmente resta comunque uno dei distretti industriali italiani più attivi e dinamici. società multinazionali elettronica informatica Le attività artigianali Un punto di forza del settore secondario in Italia è la presenza di numerose attività artigianali, piccole realtà produttive che raggiungono in molti casi livelli di eccellenza grazie alla creatività e al bagaglio tecnico e artistico di chi vi opera, spesso eredità di tradizioni secolari. Il risultato è un insieme di , conosciute ed esportate in tutto il mondo, che nel loro complesso costituiscono il cosiddetto (“prodotto in Italia”). Tale etichetta si riferisce soprattutto alle eccellenze agroalimentari e alle creazioni dei settori della moda e del design, ma anche alla produzione di automobili di lusso, come i modelli della casa Ferrari. Altri campi in cui il si è imposto a livello internazionale sono la produzione artigianale di mobili, la lavorazione della pelle, dei tessuti e del vetro, la produzione di strumenti musicali e la cesellatura dei gioielli. produzioni di alta qualità made in Italy made in Italy Un artigiano impegnato nella realizzazione di un vaso.  >> pagina 463  Il settore terziario L’Italia, al pari di altri Paesi industrializzati, negli ultimi decenni del XX secolo ha vissuto una trasformazione delle proprie attività economiche, passando da un’economia basata sul settore secondario, l’industria, a una fondata sul settore terziario, i servizi. Tale cambiamento è stato favorito dal progresso tecnologico, che, in seguito alla diffusione dell’ dei processi produttivi, ha ridotto la manodopera necessaria per le attività industriali. Il fenomeno che ha spostato molti lavoratori nel settore terziario è stato definito , e ha causato notevoli cambiamenti nella società italiana, segnando l’ingresso del Paese nella cosiddetta “era postindustriale”. Attualmente più di due terzi dei lavoratori italiani sono impiegati nel settore terziario, che nel suo complesso genera circa il della ricchezza nazionale. Si tratta di dati allineati a quelli degli altri Paesi più sviluppati del mondo, dove la richiesta di servizi è molto alta. Il settore terziario non costituisce però una realtà omogenea, poiché riunisce attività economiche molto differenti. Accanto a settori tradizionali presenti in quasi tutte le economie, come quelli del commercio e dei trasporti, appartengono ai servizi anche il turismo e molti altri settori ad alto contenuto tecnologico (come quelli della ricerca scientifica, dell’informatica e delle comunicazioni, della medicina) e creativo (come i settori dell’arte, del design, dell’intrattenimento), tipici delle economie dei Paesi avanzati. automazione terziarizzazione 74% Lo storico mercato della Vucciria, a Palermo. I “poli” del terziario italiano Data la sua natura estremamente varia, con una vasta gamma di servizi di base e altri più avanzati, il settore terziario non è sviluppato in maniera uniforme sul territorio, ma si concentra in diversi , ciascuno contraddistinto da un differente livello di sviluppo e dalla presenza di particolari tipologie di servizi. Uno dei poli più attivi e diversificati si trova, per esempio, in corrispondenza del capoluogo della Lombardia, , che ospita un’elevatissima concentrazione di servizi alle imprese, soprattutto nei settori dell’informatica, della pubblicità e della finanza, tutte attività che, per il loro elevato grado di specializzazione, vengono spesso riunite nella categoria del . A Milano è molto sviluppata anche l’industria della cultura, in particolare nel campo dell’editoria (libri e giornali) e della televisione. Nella capitale italiana, , sono invece presenti le attività legate al funzionamento dello Stato e delle sue istituzioni. Hanno infatti sede i principali organi politici del Paese (come il Parlamento, il Governo, i ministeri), oltre a buona parte degli uffici della burocrazia statale, la “macchina amministrativa” che si occupa della gestione e dell’organizzazione delle attività dello Stato. Talvolta queste funzioni vengono riunite in un quarto settore economico, definito , che comprende le attività di gestione e coordinamento degli enti pubblici. Al confronto di quelli di Milano, di Roma e di quelli presenti nelle principali città dell’Italia centro-settentrionale, i poli del terziario nell’ sono molto meno sviluppati: le attività commerciali più praticate sono ancora quelle tradizionali, come i mercati o le antiche botteghe, e le non sono ancora sufficientemente diffuse e sviluppate per sfruttare in modo adeguato le grandi potenzialità garantite dal ricco patrimonio paesaggistico e culturale di queste aree. poli Milano terziario avanzato Roma quaternario Italia meridionale strutture turistiche  >> pagina 464  I servizi dello Stato italiano Al comparto terziario appartengono anche tutti i servizi pubblici forniti dallo Stato e dagli enti locali, il cui funzionamento è finanziato dalle tasse pagate dai cittadini. Oltre agli organi della , i servizi pubblici comprendono svariati settori, come la , la , la (garantita dall’attività di vari organismi, tra cui la Polizia, i Carabinieri, i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile). I servizi di assistenza sanitaria ed economica ai cittadini, tra cui le cure sanitarie gratuite, le pensioni di anzianità e invalidità e le indennità di disoccupazione, sono spesso riuniti nell’espressione inglese , o Stato sociale, una tipologia di servizi che contraddistingue i Paesi avanzati e garantisce l’elevato livello di benessere dei cittadini. pubblica amministrazione scuola sanità pubblica sicurezza Welfare State Il turismo e i trasporti Nel comparto terziario rientrano anche tutte le attività connesse al , uno dei settori economici più sviluppati del Paese. L’Italia è infatti il del mondo, con quasi 50 milioni di arrivi di visitatori provenienti dall’estero ogni anno, a cui vanno aggiunti gli spostamenti dovuti al turismo interno. I luoghi di maggiore richiamo turistico sono le , come Firenze, Roma, Venezia, le affacciate su tutti i mari che circondano la penisola, e i dove è possibile praticare gli sport invernali. Uno dei servizi fondamentali per lo sviluppo economico di un Paese è quello dei trasporti, di cui fa parte il sistema delle infrastrutture e delle . Da questo punto di vista l’Italia è penalizzata dalla sua conformazione geografica, lunga e stretta e interrotta dalle catene montuose che rendono difficili i collegamenti interni. Per ovviare a questo inconveniente, la è una delle più sviluppate d’Europa, con quasi 6500 km di autostrade, la cui realizzazione è stata resa possibile dalla costruzione di un ingente numero di ponti e gallerie. Più limitata, per quantità di traffico, è invece la . Circa l’80% del trasporto merci in Italia avviene su strada, e solo in minima parte (3%) su rotaia. Sul fronte del trasporto passeggeri un importante passo in avanti è stato fatto con la realizzazione, negli ultimi anni, di diverse linee ferroviarie ad alta velocità. La favorevole posizione della penisola italiana, al centro del Mediterraneo, ha permesso lo sviluppo del . I porti di Genova e La Spezia in Liguria, di Trieste nel Friuli- Venezia Giulia e di Gioia Tauro in Calabria sono tra i primi porti d’Europa per traffico di merci. Grande sviluppo ha avuto infine, negli ultimi anni, il , soprattutto nel settore del trasporto passeggeri, grazie alla diffusione delle compagnie aeree a basso costo. turismo quinto Paese più visitato città d’arte località balneari centri montani vie di comunicazione rete stradale italiana rete ferroviaria trasporto marittimo trasporto aereo Le principali vie di comunicazione italiane. PER FISSARE I CONCETTI Quali sono le principali risorse economiche del nostro Paese? Quali sono le principali attività del settore primario in Italia? Quale sviluppo hanno avuto il settore secondario e terziario negli ultimi decenni?  >> pagina 465  6. L’ordinamento politico e amministrativo Lo Stato italiano è nato nel 1861 con la proclamazione del Regno d’Italia, e nel 1946 si trasformò in repubblica in seguito a un referendum con il quale la maggioranza del popolo italiano votò per l’abolizione della monarchia. Il suo nome completo e ufficiale è e la legge fondamentale che la istituisce è la , promulgata nel 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948. La Costituzione sancisce anche i diritti e i doveri dei cittadini italiani e stabilisce la composizione e il funzionamento delle principali istituzioni dello Stato; la Costituzione infine rappresenta la principale fonte del diritto in Italia, cioè l’insieme delle leggi fondamentali da cui tutte le altre devono derivare. Repubblica italiana Costituzione della Repubblica italiana L’ordinamento politico L’Italia è una , una forma politica che appartiene alla categoria delle democrazie rappresentative. In essa la sovranità, cioè il potere supremo all’interno del territorio di uno Stato, è nelle mani del popolo, che non lo esercita però in forma diretta (tranne in casi particolari, come i referendum), ma tramite rappresentanti, i membri del Parlamento, scelti periodicamente mediante elezioni. Il potere di cui è investito lo Stato si esercita attraverso una serie di figure e istituzioni. Le principali sono le seguenti. repubblica parlamentare Il esercita il potere legislativo, cioè propone e approva le leggi dello Stato, e vota la fiducia al Governo; è composto da due camere, la e il , che, in base al “sistema bicamerale perfetto” in vigore in Italia, svolgono le stesse funzioni e hanno gli stessi poteri. La Camera è composta da 630 deputati e il Senato da 315 senatori. Deputati e senatori sono scelti ogni 5 anni dai cittadini mediante le elezioni politiche. Gli unici membri del Parlamento a non venire eletti sono i senatori a vita, nominati dal Presidente della Repubblica tra i cittadini che, come recita la Costituzione, hanno «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». Ogni Presidente può nominare un massimo di 5 senatori a vita, e diventano automaticamente senatori a vita anche i Presidenti della Repubblica che hanno esaurito il proprio mandato. La sede della Camera dei deputati si trova a palazzo Montecitorio, mentre quella del Senato è a palazzo Madama, entrambi a Roma. Parlamento Camera dei deputati Senato della Repubblica Il è il capo dello Stato e il rappresentante dell’unità nazionale. È eletto dal Parlamento e dai rappresentanti delle regioni, e il suo mandato, che può essere rinnovato, dura 7 anni. In base all’esito delle elezioni politiche, assegna l’incarico per la formazione del Governo e ha il potere di sciogliere il Parlamento e di indire nuove elezioni. Promulga inoltre le leggi approvate dal Parlamento e svolge il compito di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. La sede della Presidenza della Repubblica si trova nel palazzo del Quirinale, a Roma. Presidente della Repubblica italiana Il esercita il potere esecutivo, cioè si occupa di far applicare le leggi dello Stato e di supervisionare diverse istituzioni statali. È composto da ministri, viceministri e sottosegretari, che fanno capo al Presidente del Consiglio dei ministri, una carica equivalente al Primo Ministro di molti Stati europei. Il Presidente del Consiglio viene nominato dal Presidente della Repubblica ma, per entrare effettivamente nell’esercizio delle proprie funzioni, deve avere la “fiducia” (cioè il voto favorevole) di entrambe le Camere del Parlamento. Il Governo ha anche limitate facoltà legislative, può cioè emanare dei provvedimenti, i decreti, che però hanno una validità di soli 60 giorni e possono essere convertiti in legge soltanto con il voto favorevole del Parlamento. Governo La è un ordine autonomo e indipendente dello Stato; esercita il potere giudiziario, cioè ha il compito di indagare sugli eventuali reati commessi sul territorio italiano (ruolo affidato ai pubblici ministeri, che svolgono il compito dell’accusa) e di giudicare chi è accusato di aver commesso tali reati (compito affidato ai giudici). Magistratura Il è presieduto dal Presidente della Repubblica e svolge compiti di autogoverno della Magistratura, garantendo la sua libertà dalle influenze del Governo, in particolare dal ministero della Giustizia. Consiglio Superiore della Magistratura La è il più alto organo giurisdizionale della Repubblica italiana e svolge la funzione di garante della Costituzione. Controlla cioè che le leggi, approvate dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica, siano in accordo con la Costituzione e, in caso contrario, le dichiara incostituzionali, disponendo che vengano riesaminate dal Parlamento per essere modificate oppure abrogate, cioè cancellate. È composta da 15 giudici, eletti per un terzo ciascuno dal Presidente della Repubblica, dai due rami del Parlamento, riunito in seduta comune, e dai membri della Magistratura. Corte Costituzionale La Camera dei deputati, uno dei due rami del Parlamento. Il palazzo del Quirinale, residenza ufficiale del Presidente della Repubblica italiana. I simboli della Repubblica italiana.  >> pagina 466  La suddivisione amministrativa Oltre alle istituzioni centrali dello Stato, in Italia operano anche gli enti locali, organismi politici decentrati che si occupano di amministrare le parti di territorio in cui è suddivisa l’Italia. Le sono enti locali che amministrano un territorio esteso e che godono di una relativa autonomia su alcuni temi importanti, come la gestione delle scuole, della sanità e delle strutture sanitarie (gli ospedali) e di alcune infrastrutture (come le strade principali). Hanno inoltre il potere di approvare leggi e normative, la cui validità è limitata al territorio da loro amministrato, purché queste non siano in contrasto con le leggi statali. Il territorio italiano è suddiviso in Regioni, che a loro volta si differenziano in regioni (15) e regioni (5). Queste ultime godono di maggiore autonomia in campo legislativo rispetto a quelle a statuto ordinario e dispongono di maggiori fondi per finanziare le proprie attività, in quanto trattengono a livello locale, in misura variabile da regione a regione, la maggior parte dei tributi riscossi attraverso il pagamento delle tasse da parte dei loro cittadini. Le regioni a statuto speciale sono la Valle d’Aosta (Vallée d’Aoste), il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia e il Trentino-Alto Adige. Quest’ultima è un caso speciale poiché è suddivisa in due Province Autonome che hanno sostanzialmente la competenza di una Regione: la Provincia Autonoma di Trento (che corrisponde alla regione storica del Trentino) e la Provincia Autonoma di Bolzano, che corrisponde al territorio dell’Alto Adige (chiamato Südtirol dagli abitanti di lingua tedesca). Gli organi di governo delle Regioni sono il Consiglio regionale (che ha funzioni legislative) e la Giunta, composta dagli assessori e dal presidente (ai quali sono affidate le funzioni esecutive). Consiglieri e presidente sono eletti dai cittadini mediante le elezioni amministrative, che si svolgono ogni 5 anni. Il Consiglio regionale della Sicilia (chiamato Assemblea regionale siciliana) è a tutti gli effetti un Parlamento autonomo e i suoi componenti hanno un ruolo analogo a quello dei deputati del Parlamento statale. Regioni 20 a statuto ordinario a statuto speciale A eccezione della Valle d’Aosta, le Regioni sono ripartite in : si tratta di enti locali che hanno competenze su un territorio meno esteso e che svolgono funzioni amministrative in relazione, per esempio, alla tutela ambientale, alla valorizzazione dei beni culturali, alla viabilità e ai trasporti, all’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti, ai servizi sanitari e all’istruzione scolastica secondaria di secondo grado. Con la legge 1212, in vigore dall’1/1/2015, le 86 Province a statuto ordinario sono state sostituite e trasformate in “enti territoriali di area vasta”. Le loro limitate riguardano la programmazione e la pianificazione del territorio in materia di ambiente, mobilità del trasporto, rete scolastica, fenomeni discriminatori in ambito occupazionale, promozione delle pari opportunità, edilizia scolastica. Sono stati profondamente riformati i loro : presidente del nuovo ente è il sindaco della città capoluogo, affiancato dall’assemblea dei sindaci dei comuni del territorio, con compiti propositivi, consultivi, di controllo (ma non deliberativi), e da un consiglio provinciale composto dal sindaco presidente e da un numero variabile di consiglieri. Presidente e consiglieri, non più eletti direttamente dai cittadini, esercitano il loro mandato per 4 anni e a titolo gratuito. La stessa legge istituisce anche, come “enti di governo”, il nuovo ente di , definito da statuto speciale, e 9 (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria) il cui territorio di competenza coincide con il territorio delle precedenti province abolite. Gli ambiti nei quali può agire riguardano la pianificazione territoriale di strutture di comunicazione, le reti di servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, la mobilità e la viabilità, la promozione dello sviluppo economico e sociale, la promozione e il coordinamento dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione. Province funzioni di competenza organi politici direttivi Roma Capitale Città metropolitane Ogni Provincia comprende più , che in Italia superano la cifra di 8000 (ma la tendenza degli ultimi anni è diretta a unificare i piccoli Comuni confinanti in un unico ente, per risparmiare sui costi di gestione). I principali organi di un Comune sono il Consiglio comunale (con compiti normativi e di controllo dell’amministrazione) e la Giunta, composta dal Sindaco e dagli assessori, che svolge le funzioni di organo esecutivo. Le competenze del Comune riguardano principalmente l’amministrazione delle scuole di primo grado e la gestione dell’assistenza pubblica, della polizia locale (i vigili), delle attività sportive e culturali, dei lavori pubblici e della tutela dell’ambiente. Comuni  >> pagina 467  L’Italia e le organizzazioni internazionali L’Italia è un Paese membro di numerose organizzazioni intergovernative, entità internazionali che hanno lo scopo di migliorare la cooperazione fra gli Stati in svariati ambiti. L’Italia, oltre a essere stata uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, fa parte del G7, il gruppo degli Stati più industrializzati del mondo, che si incontrano ogni anno per discutere delle prospettive di sviluppo dell’economia mondiale. L’Italia è anche membro dell’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu), dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e della Nato (North Atlantic Treaty Organization, Organizzazione del trattato dell’Atlantico del Nord). PER FISSARE I CONCETTI Qual è la legge fondamentale della Repubblica italiana? In quante camere è suddiviso il Parlamento? Che cosa sono gli enti locali? Quali sono i compiti che spettano loro? Di quali organizzazioni internazionali è membro il nostro Paese? VERIFICA CONOSCENZE 1. Completa la seguente tabella, indicando le diverse caratteristiche delle principali istituzioni della Repubblica. Istituzioni Composizione Principali funzioni e competenze Parlamento     Governo     Magistratura     Regioni     ABILITÀ 2. Rispondi alle seguenti domande. Quali sono le regioni in cui la disoccupazione è minore? In quali zone dell’Italia si trovano le regioni con un tasso di disoccupazione più elevato? Quali considerazioni puoi trarre da questi dati? a. b. c.