DELLA STORIA TESTIMONIANZE (Unità 9 • Capitolo 21) DALLA REPUBBLICA ALL’IMPERO Il principato di Augusto, dal punto di vista formale, appariva in continuità con le precedenti istituzioni repubblicane, mentre nella sostanza si configurava come un vero e proprio potere monarchico. Questa ambiguità è ben delineata nel seguente brano, in cui lo storico greco di età imperiale Dione Cassio, vissuto tra il II e il III secolo d.C., riporta un dibattito immaginario tra Ottaviano e l’amico Mecenate, che esorta Augusto a instaurare un potere assoluto, libero dai condizionamenti della volontà popolare. Se hai veramente a cuore gli interessi della tua patria, […] vedi di riorganizzarla e di ordinarla nel senso di una maggiore saggezza. Infatti la possibilità di fare e dire ciò che si vuole, se la si esamina nel caso delle persone che hanno giudizio, risulta essere la sorgente della massima felicità per tutti, mentre nel caso degli stolti è causa di rovina. Per questo chi dà tale possibilità a gente simile è come se mettesse una spada in mano a un bambino o a un pazzo; ma chi la offre ai saggi non solo salva ogni altra cosa, ma anche gli stessi stolti contro la loro volontà. Pertanto io ti chiedo […] di valutarne attentamente i risultati e di porre quindi fine all’insolenza della folla, mettendo il governo della cosa pubblica nelle tue stesse mani e in quelle degli altri migliori cittadini, affinché le deliberazioni siano compito dei più saggi, il comando degli eserciti dei più adatti a tale funzione e i più robusti e i più poveri siano pagati per prestare il servizio militare. Così tutti compiranno con zelo i doveri spettanti a ciascuna categoria, né una classe si risentirà di essere in condizioni di inferiorità rispetto a un’altra, e tutti otterranno la vera democrazia e vedranno assicurata la propria libertà. Infatti la tanto vantata libertà della massa si risolve in schiavitù amarissima per gli elementi migliori e trascina gli uni e gli altri alla comune rovina, mentre la libertà di cui parlo, conferendo dovunque di preferenza gli onori ai saggi, . Non pensare infatti che ti esorti a ridurre il popolo e il senato in schiavitù e ad instaurare una tirannide. Non oserei mai consigliartelo, né tu oseresti mai farlo. Potrà invece essere buono e utile allo Stato quell’altro sistema da me proposto: che tu facessi le leggi con l’aiuto degli uomini migliori, senza che alcuno della massa potesse farvi opposizione, che conduceste le guerre secondo le vostre decisioni e che tutti gli altri dovessero prontamente obbedire ai vostri ordini, che . Così ciò che tu e i tuoi pari aveste deciso diverrebbe immediatamente legge. Le guerre sarebbero condotte salvando il segreto militare e secondo opportunità, gli uffici verrebbero conferiti in base al merito, e non attraverso il sorteggio, né dopo gare ambiziose, i buoni verrebbero onorati senza suscitare invidia e i cattivi puniti senza suscitare ribellioni. In questo modo sarebbe più probabile che gli affari venissero amministrati nel migliore dei modi, senza essere riferiti a una pubblica assemblea, trattati senza segretezza, affidati a gente animata da spirito di parte, messi in pericolo dall’ambizione; e noi godremo dei beni a noi concessi invece di metterci in guerre esterne rischiose e in empie lotte civili. : gli uomini più potenti, aspirando al primato e arruolando i meno potenti al loro servizio, sconvolgono ogni cosa: ciò è accaduto più spesso presso di noi [Romani], e non c’è altro modo per porvi rimedio che quello da me suggerito. Eccone la prova: da molto tempo combattiamo tra noi nelle civili discordie. Ne sono causa il grande numero di uomini che fa parte del nostro impero e l’importanza e grandezza degli affari del suo governo; nel nostro impero ci sono uomini di ogni razza e carattere, con differenti temperamenti e desideri: la situazione è giunta a tal punto che ormai è molto difficile amministrare lo Stato. dando una parte proporzionata al merito di ciascuno rende ugualmente felici tutti coloro che ne fruiscono fosse in vostro potere l’assegnazione dei posti di comando, come pure delle ricompense e delle punizioni 1 Sono questi infatti i mali di ogni governo popolare Dione Cassio, , LII, 14-15, trad. di L. Giacone, in , Sei, Torino 1983 Storia romana Il potere politico nel mondo antico Nell’elenco di progetti di Mecenate sembra riproporsi l’esortazione platonica al governo dei “migliori”, competenti e saggi, non legati a interessi particolari. Mecenate sogna – e invita Ottaviano a dare realtà a questa ambizione – il governo di un svincolato dalla necessità di sottoporre le sue scelte alla valutazione e all’approvazione dei più: alla base del potere pone l’ , cioè la capacità del principe di ottenere il consenso, la lungimiranza e il binomio come princìpi guida. Queste argomentazioni (non dissimili da quelle avanzate tre secoli prima da Platone) verranno poi ripetutamente riprese dagli avversari della “democrazia”, fino a diventare luoghi comuni. dando una parte… coloro che ne fruiscono princeps auctoritas virtus/dignitas Mecenate pensa a un regime dei migliori, a una sorta di “oligarchia” delle competenze. È della stessa opinione una parte consistente della classe dirigente romana che gravita intorno a Ottaviano. Fare leva sulle competenze dei migliori sarebbe un antidoto alle pretese di chi non si rassegna al ruolo che il destino gli avrebbe assegnato. E secondo Mecenate solo il giudizio del stabilisce il valore e la competenza di ognuno. fosse in vostro potere… delle punizioni princeps Qui si chiarisce meglio ciò che Mecenate ha inteso precedentemente per «vera democrazia ». Nel suo giudizio, governo popolare equivale a conflitti aspri originati dalla rivalità e ambizione degli uomini più potenti che scontrandosi tra loro trascinano la in lotte ingovernabili, preludio alle guerre civili di cui tutti i Romani ormai sono stanchi. Sono questi… popolare res publica si intendono i senatori, in conformità con il titolo di “principe del senato” attribuito a Ottaviano. 1. i tuoi pari: PER FISSARE I CONCETTI Confronta il significato attribuito da Mecenate al concetto di democrazia con il significato con cui il termine era stato declinato nell’Atene antica. A tuo giudizio e sulla base delle allusioni presenti nel discorso di Mecenate, quale peso hanno avuto le guerre civili nell’indirizzare il consenso dei Romani verso il principato di Augusto?