T14 Renzo nel tumulto di Milano Cap. 13 Renzo, entrato a Milano, trova la città in rivolta per l’aumento del prezzo del pane. Risucchiato dal «vortice», assiste alla devastazione dei forni e all’assedio alla casa del vicario di provvisione, cioè il funzionario incaricato del vettovagliamento della città, che il popolo ritiene responsabile della situazione. In preda a una rabbia incontrollabile, la folla cerca di scardinare il portone del palazzo mentre il vicario, terrorizzato, si rifugia nel solaio. Per sua fortuna di lì a poco giungerà il gran cancelliere Ferrer in persona a metterlo in salvo nella sua carrozza, promettendo ai rivoltosi un rapido e severo processo. Un ingenuo   nel cuore della  paesano sommossa Renzo, questa volta, si trovava nel forte del tumulto, non già portatovi dalla piena, 1 ma cacciatovisi deliberatamente. A quella prima proposta di sangue, aveva sentito 2 il suo rimescolarsi tutto: in quanto al saccheggio, non avrebbe saputo dire se fosse bene o male in quel caso; ma l’idea dell’omicidio gli cagionò un orrore pretto e 3 immediato. E quantunque, per quella funesta docilità degli animi appassionati 5       all’affermare appassionato di molti, fosse persuasissimo che il vicario era la cagion principale della fame, il nemico de’ poveri, pure, avendo, al primo moversi della turba, sentita a caso qualche parola che indicava la volontà di fare ogni sforzo per salvarlo, s’era subito proposto d’aiutare anche lui un’opera tale; e, con quest’intenzione, s’era cacciato, quasi fino a quella porta, che veniva travagliata in cento 10     4 modi. Chi con ciottoli picchiava su’ chiodi della serratura, per isconficcarla; altri, con pali e scarpelli e martelli, cercavano di lavorar più in regola: altri poi, con pietre, con coltelli spuntati, con chiodi, con bastoni, con l’unghie, non avendo altro, scalcinavano e sgretolavano il muro, e s’ingegnavano di levare i mattoni, e fare una breccia. Quelli che non potevano aiutare, facevan coraggio con gli urli; ma nello 15     stesso tempo, con lo star lì a pigiare, impicciavan di più il lavoro già impicciato dalla gara disordinata de’ lavoranti: giacché, per grazia del cielo, accade talvolta anche nel male quella cosa troppo frequente nel bene, che i fautori più ardenti divengano un impedimento. I magistrati ch’ebbero i primi l’avviso di quel che accadeva, spediron subito a 20     chieder soccorso al comandante del castello, che allora si diceva di porta Giovia; 5 il quale mandò alcuni soldati. Ma, tra l’avviso, e l’ordine, e il radunarsi, e il mettersi in cammino, e il cammino, essi arrivarono che la casa era già cinta di vasto assedio; e fecero alto lontano da quella, all’estremità della folla. L’ufiziale che li 6 comandava, non sapeva che partito prendere. Lì non era altro che una, lasciatemi 25     dire, accozzaglia di gente varia d’età e di sesso, che stava a vedere. All’intimazioni che gli venivan fatte, di sbandarsi, e di dar luogo, rispondevano con un cupo e 7 lungo mormorìo; nessuno si moveva. Far fuoco sopra quella ciurma, pareva all’ufiziale cosa non solo crudele, ma piena di pericolo; cosa che, offendendo i meno terribili, avrebbe irritato i molti violenti: e del resto, non aveva una tale istruzione. 30     8 Aprire quella prima folla, rovesciarla a destra e a sinistra, e andare avanti a portar la guerra a chi la faceva, sarebbe stata la meglio; ma riuscirvi, lì stava il punto. 9 10 Chi sapeva se i soldati avrebber potuto avanzarsi uniti e ordinati? Che se, in vece di romper la folla, si fossero sparpagliati loro tra quella, si sarebber trovati a sua discrezione, dopo averla aizzata. L’irresolutezza del comandante e l’immobilità 35     11 de’ soldati parve, a diritto o a torto, paura. La gente che si trovavan vicino a loro, 12 si contentavano di guardargli in viso, con un’aria, come si dice, di me n’impipo; 13 quelli ch’erano un po’ più lontani, non se ne stavano di provocarli, con visacci 14 e con grida di scherno; più in là, pochi sapevano o si curavano che ci fossero; i guastatori seguitavano a smurare, senz’altro pensiero che di riuscir presto nell’impresa; 40     15 gli spettatori non cessavano d’animarla con gli urli. nel cuore. nel forte: 1 ai propositi sanguinosi della folla, decisa a mettere le mani sul vicario. A quella… sangue: 2 chiaro, schietto. pretto: 3 sconquassata. travagliata: 4 il castello Sforzesco. castello… di porta Giovia: 5 si fermarono. fecero alto: 6 lasciare spazio. dar luogo: 7 non aveva ordini in tal senso. non… istruzione: 8 ad assalire quanti davano l’assalto alla casa del vicario. a portar la guerra a chi la faceva: 9 la cosa migliore. la meglio: 10 indecisione. irresolutezza: 11 concordanza a senso, con un soggetto al singolare e il verbo al plurale. La gente che si trovavan: 12 non m’importa. me n’impipo: 13 non si trattenevano dal. non se ne stavano di: 14 cercare di abbattere il muro a colpi di piccone. smurare: 15 Spiccava tra questi, ed era lui stesso spettacolo, un vecchio mal vissuto, che, spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa, agitava 16 in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi, con che diceva di volere attaccare 45     il vicario a un battente della sua porta, ammazzato che fosse. «Oibò! vergogna!», scappò fuori Renzo, inorridito a quelle parole, alla vista di tant’altri visi che davan segno d’approvarle, e incoraggito dal vederne degli 17 altri, sui quali, benché muti, traspariva lo stesso orrore del quale era compreso lui. «Vergogna! Vogliam noi rubare il mestiere al boia? assassinare un cristiano? Come 50     volete che Dio ci dia del pane, se facciamo di queste atrocità? Ci manderà de’ fulmini, e non del pane!». «Ah cane! ah traditor della patria!», gridò, voltandosi a Renzo, con un viso da indemoniato, un di coloro che avevan potuto sentire tra il frastono quelle sante parole. «Aspetta, aspetta! È un servitore del vicario, travestito da contadino: è una 55     spia: dàlli, dàlli!». Cento voci si spargono all’intorno. «Cos’è? dov’è? chi è? Un servitore del vicario. Una spia. Il vicario travestito da contadino, che scappa. Dov’è? dov’è? dàlli, dàlli!». Renzo ammutolisce, diventa piccino piccino, vorrebbe sparire; alcuni suoi vicini lo prendono in mezzo; e con alte e diverse grida cercano di confondere quelle 60     voci nemiche e omicide. Ma ciò che più di tutto lo servì fu un «largo, largo», che si sentì gridar lì vicino: «largo! è qui l’aiuto: largo, ohe!». Cos’era? Era una lunga scala a mano, che alcuni portavano, per appoggiarla alla 18 casa, e entrarci da una finestra. Ma per buona sorte, quel mezzo, che avrebbe resa la cosa facile, non era facile esso a mettere in opera. I portatori, all’una e all’altra cima, 65     e di qua e di là della macchina, urtati, scompigliati, divisi dalla calca, andavano a 19 onde: uno, con la testa tra due scalini, e gli staggi sulle spalle, oppresso come sotto 20 un giogo scosso, mugghiava; un altro veniva staccato dal carico con una spinta; la 21 scala abbandonata picchiava spalle, braccia, costole: pensate cosa dovevan dire coloro de’ quali erano. Altri sollevano con le mani il peso morto, vi si caccian sotto, 70     22 se lo mettono addosso, gridando: «animo! andiamo!». La macchina fatale s’avanza balzelloni, e serpeggiando. Arrivò a tempo a distrarre e a disordinare i nemici di Renzo, il quale profittò della confusione nata nella confusione; e, quatto quatto sul principio, poi giocando di gomita a più non posso, s’allontanò da quel luogo, dove non c’era buon’aria per lui, con l’intenzione anche d’uscire, più presto che potesse, 75     dal tumulto, e d’andar davvero a trovare o a aspettare il padre Bonaventura. 23 degna di ribrezzo. vituperosa: 16 incoraggiato. incoraggito: 17 scala a pioli. scala a mano: 18 attrezzo. macchina: 19 i montanti della scala. staggi: 20 oppresso come sotto un giogo slegato, urlava come una bestia. oppresso… mugghiava: 21 coloro a cui appartenevano le . coloro de’ quali erano: 22 spalle, braccia, costole a lui Renzo era stato indirizzato da fra Cristoforo. Non avendolo trovato in convento, aveva deciso di dare un’«occhiata al tumulto». il padre Bonaventura: 23  >> pagina 365  Dentro il TESTO I contenuti tematici In precedenza (cap. 12) Renzo ha assistito al saccheggio dei forni milanesi, dinanzi al quale il buon senso contadino gli ha dettato una semplice riflessione: «Se concian così tutti i forni, dove voglion fare il pane? Ne’ pozzi?». Ora l’atmosfera si fa più cupa, e la perplessità si tramuta in repulsione: (rr. 4-5). Pur essendo convinto anch’egli che la colpa della carestia vada attribuita al vicario, ritiene intollerabile ogni spargimento di sangue. Quando dunque si prospetta l’ipotesi del linciaggio, il giovane interviene a fin di bene, per impedire che quella idea sciagurata venga messa in atto. La sintonia con le idee dell’autore è in questo caso perfetta. Per l’episodio probabilmente Manzoni attinse a un traumatico ricordo personale, ovvero al brutale assassinio del ministro napoleonico Giuseppe Prina, linciato dalla folla durante il tumulto del 1814 a pochi passi dalla sua abitazione di via Morone. l’idea dell’omicidio gli cagionò un orrore pretto e immediato Non uccidere La situazione precipita, e la forza pubblica non sa come regolarsi nei confronti della folla inferocita. Dal ringhioso che essa emette in risposta all’intimazione di disperdersi (rr. 26-28) emerge l’atroce proposito di (r. 42). Manzoni, che ricava questa figura da una fonte storica (il trattato di Giuseppe Ripamonti, 1640), ne fa l’emblema della malvagità assetata di violenza. A questo scopo gli conferisce tratti infernali, degni del Caronte dantesco: gli occhi (r. 43), le (r. 43), il (rr. 43-44), addirittura la volontà di crocifiggere il cadavere del vicario alla porta della sua abitazione. A lui si oppone Renzo, con uno di quegli slanci ingenui e generosi che lo caratterizzano. Basta però una sua frase mirata a calmare gli animi a farlo diventare un bersaglio della folla esaltata: […] […] (rr. 55-58). A salvarlo dall’ira dei più esagitati non è tanto l’aiuto dei vicini d’accordo con lui, quanto la confusione scaturita dall’arrivo di una scala per dare l’assalto alla casa. mormorìo un vecchio mal vissuto De peste affossati e infocati grinze sogghigno di compiacenza diabolica «Aspetta, aspetta! È un servitore del vicario una spia. Dov’è? dov’è? dàlli, dàlli!» Il  vecchio mal vissuto Le scelte stilistiche L’impeto febbrile e disordinato della calca è abilmente mimato dall’accumulo nel medesimo periodo degli strumenti con cui essa cerca di aprire una breccia nella casa del vicario: […] […] (rr. 11-13). All’inverso, la lentezza dei soccorsi è restituita a livello sintattico da una fitta successione di virgole: (rr. 22-23). con ciottoli con pali e scarpelli e martelli con pietre, con coltelli spuntati, con chiodi, con bastoni, con l’unghie tra l’avviso, e l’ordine, e il radunarsi, e il mettersi in cammino, e il cammino Il culmine della tensione è raggiunto tramite una sequenza di frasi spezzate che si sovrappongono una all’altra, trasformando in men che non si dica l’incauto Renzo in , in una , nel vicario stesso . Per adeguare il ritmo narrativo alla scena movimentata, il narratore adotta il presente storico: (r. 59). I termini utilizzati per definire la folla ( , , ecc.) e la similitudine che la accosta a una bestia ( , rr. 67-68) lasciano intuire il giudizio negativo di Manzoni. servitore del vicario spia travestito da contadino Renzo ammutolisce, diventa piccino piccino, vorrebbe sparire accozzaglia turba calca come sotto un giogo scosso, mugghiava Il ritmo della sintassi  >> pagina 366  Verso le COMPETENZE Comprendere Perché i soldati non intervengono per interrompere l’assalto alla casa del vicario? 1 A che cosa Renzo deve la salvezza? 2 Analizzare Nell’espressione (r. 75) quale figura retorica riconosci? 3 non c’era buon’aria per lui  Metafora. a  Anafora. b  Iperbole. c  Litote. d Qual è l’opinione di Renzo riguardo al saccheggio dei forni? 4 Interpretare A quali ragioni personali si deve la diffidenza di Manzoni nei confronti della folla? 5 Individua gli interventi ironici del narratore e spiega la loro funzione espressiva. 6 Produrre  Riguardo alla folla lo scrittore inglese Thomas Browne (1605-1682) ha scritto: «Quella mostruosità molteplice che, presa un pezzo alla volta, sembra uomini, ragionevoli creature di Dio; ma, confusa insieme, fa una sola grande belva, un mostro tremendo». Come ti poni nei confronti di questa affermazione? Scrivi un testo argomentativo di circa 30 righe. 7 Scrivere per argomentare.  Immagina di vivere una situazione analoga a quella di Renzo, in mezzo a una folla aggressiva o incontrollabile. Quali sono le tue reazioni, i tuoi pensieri? Raccontalo in un testo di circa 20 righe. 8 Scrivere per raccontare. T15 La fuga di Renzo Cap. 17 Dopo essersi trovato in mezzo alla rivolta milanese per il rincaro del pane, Renzo cena all’osteria della Luna piena in compagnia di uno sconosciuto, che lo fa bere sino a ubriacarsi e poi lo pianta in asso. L’oste gli dà una stanza, dove al mattino il giovane si trova circondato da due birri e un notaio, venuti ad arrestarlo: lo sconosciuto era infatti un agente in incognito, incaricato di identificare i sediziosi. Appellandosi alla folla, ostile alla forza pubblica, Renzo per strada riesce a fuggire. Esce precipitosamente da Milano e si dirige a est, con l’intenzione di raggiungere il Bergamasco (allora sotto il dominio di Venezia) e rifugiarsi presso il cugino Bortolo. Cercando di non dare nell’occhio punta verso l’Adda, nella speranza di trovare una barca per attraversare il fiume. Ma intanto è scesa la notte, e il giovane è sempre più stanco, avvilito, angosciato da un ambiente che gli pare sinistro e ostile. Una   da  notte incubo Cammina, cammina; arrivò dove la campagna coltivata moriva in una sodaglia 1 sparsa di felci e di scope. Gli parve, se non indizio, almeno un certo qual argomento 2 3 di fiume vicino, e s’inoltrò per quella, seguendo un sentiero che l’attraversava. 4 Fatti pochi passi, si fermò ad ascoltare; ma ancora invano. La noia del viaggio 5 veniva accresciuta dalla salvatichezza del luogo, da quel non veder più né un gelso, 5       né una vite, né altri segni di coltura umana, che prima pareva quasi che gli facessero 6 una mezza compagnia. Ciò non ostante andò avanti; e siccome nella sua mente cominciavano a suscitarsi certe immagini, certe apparizioni, lasciatevi in serbo 7 8 dalle novelle sentite raccontar da bambino, così, per discacciarle, o per acquietarle, recitava, camminando, dell’orazioni per i morti. 10     9 terreno non coltivato. sodaglia: 1 eriche, piante sempreverdi. scope: 2 segno. argomento: 3 cioè attraverso la sodaglia. per quella: 4 fatica. noia: 5 coltivazione. coltura: 6 sorgere. suscitarsi: 7 depositate nella memoria. lasciatevi in serbo: 8 alcune preghiere. dell’orazioni: 9 A poco a poco, si trovò tra macchie più alte, di pruni, di quercioli, di marruche. 10 Seguitando a andare avanti, e allungando il passo, con più impazienza che voglia, 11 cominciò a veder tra le macchie qualche albero sparso; e andando ancora, sempre per lo stesso sentiero, s’accorse d’entrare in un bosco. Provava un certo ribrezzo a 12 inoltrarvisi; ma lo vinse, e contro voglia andò avanti; ma più che s’inoltrava, più il 15     ribrezzo cresceva, più ogni cosa gli dava fastidio. Gli alberi che vedeva in lontananza, 13 gli rappresentavan figure strane, deformi, mostruose; l’annoiava l’ombra delle 14 15 cime leggermente agitate, che tremolava sul sentiero illuminato qua e là dalla luna; lo stesso scrosciar delle foglie secche che calpestava o moveva camminando, aveva 16 per il suo orecchio un non so che d’odioso. Le gambe provavano come una smania, 20     un impulso di corsa, e nello stesso tempo pareva che durassero fatica a regger la persona. Sentiva la brezza notturna batter più rigida e maligna sulla fronte e sulle gote; se la sentiva scorrer tra i panni e le carni, e raggrinzarle, e penetrar più acuta nelle ossa rotte dalla stanchezza, e spegnervi quell’ultimo rimasuglio di vigore. A un certo punto, quell’uggia, quell’orrore indefinito con cui l’animo combatteva da qualche 25     17 tempo, parve che a un tratto lo soverchiasse. Era per perdersi affatto; ma atterrito, 18 19 più che d’ogni altra cosa, del suo terrore, richiamò al cuore gli antichi spiriti, e 20 gli comandò che reggesse. Così rinfrancato un momento, si fermò su due piedi a 21 deliberare; risolveva d’uscir subito di lì per la strada già fatta, d’andar diritto all’ultimo paese per cui era passato, di tornar tra gli uomini, e di cercare un ricovero, 30     22 anche all’osteria. E stando così fermo, sospeso il fruscìo de’ piedi nel fogliame, tutto tacendo d’intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorìo, un mormorìo d’acqua corrente. Sta in orecchi; n’è certo; esclama: – è l’Adda! – Fu il ritrovamento 23 d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore. La stanchezza quasi scomparve, gli tornò il polso, sentì il sangue scorrer libero e tepido per tutte le vene, sentì crescer la fiducia 35     24 de’ pensieri, e svanire in gran parte quell’incertezza e gravità delle cose; e non esitò a internarsi sempre più nel bosco, dietro all’amico rumore. 25 Arrivò in pochi momenti all’estremità del piano, sull’orlo d’una riva profonda; e guardando in giù tra le macchie che tutta la rivestivano, vide l’acqua luccicare e correre. Alzando poi lo sguardo, vide il vasto piano dell’altra riva, sparso di paesi, e 40     al di là i colli, e sur uno di quelli una gran macchia biancastra, che gli parve dover essere una città, Bergamo sicuramente. Scese un po’ sul pendìo, e, separando e diramando, 26 con le mani e con le braccia, il prunaio, guardò giù, se qualche barchetta si movesse nel fiume, ascoltò se sentisse batter de’ remi; ma non vide né sentì nulla. Se fosse stato qualcosa di meno dell’Adda, Renzo scendeva subito, per tentarne il 45     guado; ma sapeva bene che l’Adda non era fiume da trattarsi così in confidenza. 27 tra cespugli più alti di rovi, piccole querce e arbusti spinosi (marruche). tra macchie… marruche: 10 continuando. seguitando: 11 paura. ribrezzo: 12 angoscia. fastidio: 13 sembravano. rappresentavan: 14 lo disturbava. l’annoiava: 15 crepitare. scrosciar: 16 inquietudine. uggia: 17 vincesse. soverchiasse: 18 stava per perdersi completamente d’animo. era per perdersi affatto: 19 la vitalità che aveva normalmente. gli antichi spiriti: 20 comandò al suo cuore di resistere. gli comandò che reggesse: 21 un luogo in cui ripararsi. un ricovero: 22 in ascolto. in orecchi: 23 il battito regolare. il polso: 24 addentrarsi. internarsi: 25 cercando di spezzare i rami per aprirsi un passaggio. diramando: 26 per la sua portata d’acqua. in confidenza: 27 Perciò si mise a consultar tra sé, molto a sangue freddo, sul partito da prendere. Arrampicarsi sur una pianta, e star lì a aspettar l’aurora, per forse sei ore che poteva ancora indugiare, con quella brezza, con quella brina, vestito così, c’era più che non bisognasse per intirizzir davvero. Passeggiare innanzi e indietro, tutto quel tempo, 50     28 oltre che sarebbe stato poco efficace aiuto contro il rigore del sereno, era un richieder 29 troppo da quelle povere gambe, che già avevano fatto più del loro dovere. Gli venne in mente d’aver veduto, in uno de’ campi più vicini alla sodaglia, una di quelle capanne coperte di paglia, costrutte di tronchi e di rami, intonacati poi con la 30 mota, dove i contadini del milanese usan, l’estate, depositar la raccolta, e ripararsi 55     31 la notte a guardarla: nell’altre stagioni, rimangono abbandonate. La disegnò subito per suo albergo; si rimise sul sentiero, ripassò il bosco, le macchie, la sodaglia; e 32 andò verso la capanna. Un usciaccio intarlato e sconnesso, era rabbattuto, senza 33 chiave né catenaccio; Renzo l’aprì, entrò; vide sospeso per aria, e sostenuto da ritorte di rami, un graticcio, a foggia d’hamac; ma non si curò di salirvi. Vide in terra un 60     34 35 po’ di paglia; e pensò che, anche lì, una dormitina sarebbe ben saporita. 36 Prima però di sdraiarsi su quel letto che la Provvidenza gli aveva preparato, vi s’inginocchiò, a ringraziarla di quel benefizio, e di tutta l’assistenza che aveva avuta da essa, in quella terribile giornata. Disse poi le sue solite divozioni; e per di più, 37 chiese perdono a Domeneddio di non averle dette la sera avanti; anzi, per dir le 65     38 sue parole, d’essere andato a dormire come un cane, e peggio. “E per questo, – soggiunse poi tra sé; appoggiando le mani sulla paglia, e d’inginocchioni mettendosi a giacere: – per questo, m’è toccata, la mattina, quella bella svegliata”. Raccolse 39 poi tutta la paglia che rimaneva all’intorno, e se l’accomodò addosso, facendosene, alla meglio, una specie di coperta, per temperare il freddo, che anche là dentro si 70     faceva sentir molto bene; e vi si rannicchiò sotto, con l’intenzione di dormire un bel sonno, parendogli d’averlo comprato anche più caro del dovere. Ma appena ebbe chiusi gli occhi, cominciò nella sua memoria o nella sua fantasia (il luogo preciso non ve lo saprei dire), cominciò, dico, un andare e venire di gente, così affollato, così incessante, che addio sonno. Il mercante, il notaio, i birri, 75     40 lo spadaio, l’oste, Ferrer, il vicario, la brigata dell’osteria, tutta quella turba delle 41 42 strade, poi don Abbondio, poi don Rodrigo: tutta gente con cui Renzo aveva che dire. Tre sole immagini gli si presentavano non accompagnate da alcuna memoria amara, nette d’ogni sospetto, amabili in tutto; e due principalmente, molto diffe- 43 renti al certo, ma strettamente legate nel cuore del giovine: una treccia nera e una 80     barba bianca. Ma anche la consolazione che provava nel fermare sopra di esse 44 il pensiero, era tutt’altro che pretta e tranquilla. Pensando al buon frate, sentiva 45 più vivamente la vergogna delle proprie scappate, della turpe intemperanza, del bel caso che aveva fatto de’ paterni consigli di lui; e contemplando l’immagine di 46 Lucia! non ci proveremo a dire ciò che sentisse: il lettore conosce le circostanze; se 85     lo figuri. E quella povera Agnese, come l’avrebbe potuta dimenticare? Quell’Agnese, che l’aveva scelto, che l’aveva già considerato come una cosa sola con la sua unica figlia, e prima di ricever da lui il titolo di madre, n’aveva preso il linguaggio e il cuore, e dimostrata co’ fatti la premura. Ma era un dolore di più, e non il meno pungente, quel pensiero, che, in grazia appunto di così amorevoli intenzioni, di tanto bene 90     47 che voleva a lui, la povera donna si trovava ora snidata, quasi raminga, incerta 48 dell’avvenire, e raccoglieva guai e travagli da quelle cose appunto da cui aveva sperato il riposo e la giocondità degli ultimi suoi anni. Che notte, povero Renzo! Quella che doveva esser la quinta delle sue nozze! Che stanza! Che letto matrimoniale! E 49 dopo qual giornata! E per arrivare a qual domani, a qual serie di giorni! “Quel che 95     Dio vuole, – rispondeva ai pensieri che gli davan più noia: – quel che Dio vuole. 50 Lui sa quel che fa: c’è anche per noi. Vada tutto in isconto de’ miei peccati. Lucia è tanto buona! non vorrà poi farla patire un pezzo, un pezzo, un pezzo!” più di quanto bastasse. più che non bisognasse: 28 il freddo dello stare all’aria aperta. il rigore del sereno: 29 costruite. costrutte: 30 ricoperti poi con il fango. intonacati… mota: 31 la scelse come ricovero per la notte. la disegnò… albergo: 32 accostato. rabbattuto: 33 vide sospesa in aria e appesa a corde di rami verdi attorcigliati una stuoia di vimini ( ), come ( ) un’amaca. vide… d’hamac: 34 un graticcio a foggia d’ non si preoccupò. non si curò: 35 piacevole. saporita: 36 preghiere. divozioni: 37 il Signore Dio. Domeneddio: 38 all’Osteria della Luna piena Renzo era stato svegliato dai birri, giunti col notaio per arrestarlo, in relazione ai tumulti del giorno precedente. quella bella svegliata: 39 si tratta di un commerciante di stoffe, incontrato da Renzo in un’osteria di Gorgonzola. L’uomo aveva raccontato agli avventori della locanda un’arbitraria versione dei tumulti, annunciando che i capi della rivolta sarebbero stati presto impiccati, salvo un tale che era riuscito a darsi alla fuga. Renzo, ascoltata in silenzio tale ricostruzione, aveva intuito che il mercante si stava riferendo proprio a lui. Il mercante: 40 sfilano a ritroso nella mente di Renzo le persone con cui ha avuto a che fare a Milano: il notaio e i birri che lo hanno arrestato, il sedicente spadaio Ambrogio Fusella che lo ha tradito, l’oste della Luna piena, dove ha trascorso la notte, il gran cancelliere Ferrer giunto con la sua carrozza a portare in salvo il vicario. il notaio… Ferrer: 41 folla. turba: 42 prive. nette: 43 per sineddoche, stanno a indicare Lucia e padre Cristoforo. una treccia… bianca: 44 pura. pretta: 45 delle proprie trasgressioni, della propria vergognosa smodatezza (nel bere), della bella considerazione in cui aveva tenuto i suoi paterni consigli. delle proprie… di lui: 46 a causa. in grazia: 47 lontana dal nido, cioè da casa. snidata: 48 il matrimonio avrebbe dovuto celebrarsi l’8 novembre; ora siamo nella notte tra il 12 e il 13. la quinta delle sue nozze: 49 avvenga la volontà divina. Quel che Dio vuole: 50 Tra questi pensieri, e disperando ormai d’attaccar sonno, e facendosegli il freddo sentir sempre più, a segno ch’era costretto ogni tanto a tremare e a battere i denti, 100 51 sospirava la venuta del giorno, e misurava con impazienza il lento scorrer dell’ore. Dico misurava, perchè, ogni mezz’ora, sentiva in quel vasto silenzio, rimbombare i tocchi d’un orologio: m’immagino che dovesse esser quello di Trezzo. E la prima 52 volta che gli ferì gli orecchi quello scocco, così inaspettato, senza che potesse avere 53 alcuna idea del luogo donde venisse, gli fece un senso misterioso e solenne, come 105 54 55 d’un avvertimento che venisse da persona non vista, con una voce sconosciuta. Quando finalmente quel martello ebbe battuto undici tocchi, ch’era l’ora 56 57 disegnata da Renzo per levarsi, s’alzò mezzo intirizzito, si mise inginocchioni, 58 disse, e con più fervore del solito, le divozioni della mattina, si rizzò, si stirò in lungo e in largo, scosse la vita e le spalle, come per mettere insieme tutte le membra, 110 che ognuno pareva che facesse da sé, soffiò in una mano, poi nell’altra, se 59 le stropicciò, aprì l’uscio della capanna; e, per la prima cosa, diede un’occhiata in qua e in là, per veder se c’era nessuno. E non vedendo nessuno, cercò con l’occhio il sentiero della sera avanti; lo riconobbe subito, e prese per quello. Il cielo prometteva una bella giornata: la luna, in un canto, pallida e senza raggio, 115 pure spiccava nel campo immenso d’un bigio ceruleo, che, giù giù verso l’oriente, 60 s’andava sfumando leggermente in un giallo roseo. Più giù, all’orizzonte, si stendevano, a lunghe falde ineguali, poche nuvole, tra l’azzurro e il bruno, le più 61 basse orlate al di sotto d’una striscia quasi di fuoco, che di mano in mano si faceva più viva e tagliente: da mezzogiorno, altre nuvole ravvolte insieme, leggieri e soffici, 120 62 63 per dir così, s’andavan lumeggiando di mille colori senza nome: quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace. Se Renzo si fosse trovato lì andando a spasso, certo avrebbe guardato in su, e ammirato quell’albeggiare così diverso da quello ch’era solito vedere ne’ suoi monti; ma badava alla sua strada, e camminava a passi lunghi, per riscaldarsi, e per arrivar presto. Passa i campi, 125 passa la sodaglia, passa le macchie, attraversa il bosco, guardando in qua e in là, e ridendo e vergognandosi nello stesso tempo, del ribrezzo che vi aveva provato poche ore prima; è sul ciglio della riva, guarda giù; e, di tra i rami, vede una barchetta di 64 pescatore, che veniva adagio, contr’acqua, radendo quella sponda. Scende subito 65 per la più corta, tra i pruni; è sulla riva; dà una voce leggiera leggiera al pescatore; 130 66 67 e, con l’intenzione di far come se chiedesse un servizio di poca importanza, ma, senza avvedersene, in una maniera mezzo supplichevole, gli accenna che approdi. Il pescatore gira uno sguardo lungo la riva, guarda attentamente lungo l’acqua che viene, si volta a guardare indietro, lungo l’acqua che va, e poi dirizza la prora verso 68 Renzo, e approda. Renzo che stava sull’orlo della riva, quasi con un piede nell’acqua, 135 afferra la punta del battello, ci salta dentro, e dice: «Mi fareste il servizio, col pagare, di tragittarmi di là?» Il pescatore l’aveva indovinato, e già voltava da quella parte. 69 Renzo, vedendo sul fondo della barca un altro remo, si china, e l’afferra. al punto. a segno: 51 un paese sull’Adda. Trezzo: 52 rintocco. scocco: 53 da dove. donde: 54 gli suscitò l’impressione di qualcosa di misterioso e solenne. gli fece… solenne: 55 il batacchio della campana. quel martello: 56 siamo alle cinque del mattino. undici tocchi: 57 stabilita. disegnata: 58 che ogni parte del corpo pareva che andasse per conto proprio. che ognuno… da sé: 59 nella distesa del cielo, di un grigio azzurrino. nel campo… ceruleo: 60 strisce. falde: 61 da sud. da mezzogiorno: 62 leggere. leggieri: 63 tra. di tra: 64 contro corrente. contr’acqua: 65 per la via più breve. per la più corta: 66 chiama a bassa voce. dà… leggiera: 67 prua. prora: 68 traghettarmi. tragittarmi: 69 «Adagio, adagio,» disse il padrone; ma nel veder poi con che garbo il giovine aveva preso lo strumento, e si disponeva a maneggiarlo, «ah, ah,» riprese: «siete 140 70 del mestiere.» «Un pochino», rispose Renzo, e ci si mise con un vigore e con una maestria, più che da dilettante. E senza mai rallentare, dava ogni tanto un’occhiata ombrosa 71 alla riva da cui s’allontanavano, e poi una impaziente a quella dov’eran rivolti, e si coceva di non poterci andar per la più corta; ché la corrente era, in quel luogo, 145 72 troppo rapida, per tagliarla direttamente; e la barca, parte rompendo, parte secondando il filo dell’acqua, doveva fare un tragitto diagonale. Come accade in tutti gli affari un po’ imbrogliati, che le difficoltà alla prima si presentino all’ingrosso, e 73 nell’eseguire poi, vengan fuori per minuto, Renzo, ora che l’Adda era, si può dir, 74 passata, gli dava fastidio il non saper di certo se lì essa fosse confine, o se, superato 150 quell’ostacolo, gliene rimanesse un altro da superare. Onde, chiamato il pescatore, 75 e accennando col capo quella macchia biancastra che aveva veduta la notte avanti, e che allora gli appariva ben più distinta, disse: «È Bergamo, quel paese?» «La città di Bergamo», rispose il pescatore. «E quella riva lì, è bergamasca?» 155 «Terra di san Marco». 76 «Viva san Marco!» esclamò Renzo. Il pescatore non disse nulla. Toccano finalmente quella riva; Renzo vi si slancia; ringrazia Dio tra sè, e poi con la bocca il barcaiolo; mette le mani in tasca, tira fuori una berlinga, che, 77 attese le circostanze, non fu un piccolo sproprio, e la porge al galantuomo; il 160 78 79 quale, data ancora una occhiata alla riva milanese, e al fiume di sopra e di sotto, stese la mano, prese la mancia, la ripose, poi strinse le labbra, e per di più ci mise il dito in croce, accompagnando quel gesto con un’occhiata espressiva; e disse poi: 80 «buon viaggio», e tornò indietro. con quanta destrezza Renzo aveva preso il remo (lo strumento). con che garbo… strumento: 70 sospettosa. ombrosa: 71 si rammaricava di non poterci arrivare seguendo la rotta più breve. si coceva… la più corta: 72 in gran quantità. all’ingrosso: 73 a una a una. per minuto: 74 per cui. onde: 75 territorio della Repubblica di Venezia. Il Leone di san Marco evangelista, patrono della città, era il simbolo dello Stato, sotto il cui dominio vi era la città di Bergamo. Terra di san Marco: 76 moneta milanese d’argento. berlinga: 77 date. attese: 78 spesa. sproprio: 79 per assicurare silenzio. il dito in croce: 80  >> pagina 371  Dentro il TESTO I contenuti tematici Renzo avanza solo, intimorito dal buio, dai luoghi sconosciuti, dalla solitudine, dal rabbioso latrare dei cani. Quella dell’eroe che di notte si inoltra nel bosco è una situazione tipica delle fiabe, a cui riportano anche la formula iniziale ( , r. 1) e le fantasticherie alle quali si abbandona, suscitate (r. 9). Come Dante all’inizio della , anche Renzo si ritrova in una selva oscura, reale e insieme proiezione degli errori commessi e del suo stato d’animo pervaso d’angoscia. Man mano che procede nella vegetazione selvatica – così diversa dall’ordinata campagna coltivata, cui è abituato – sente crescere l’inquietudine. Gli alberi che prendono ai suoi occhi forme mostruose, (rr. 17-18) mosse dal vento, lo (r. 19) sotto i suoi piedi, tutto lo urta e lo spaventa. La fredda brezza novembrina penetra sotto i panni e lo intirizzisce, levandogli le ultime forze. cammina, cammina dalle novelle sentite raccontar da bambino Divina Commedia l’ombra delle cime scrosciar delle foglie secche Manzoni evita di inscenare piogge e tempeste, così care al gusto degli scrittori romantici: il suo eroe non è un personaggio d’eccezione che deve fronteggiare eventi straordinari, ma un paesano spaurito e sfiancato da eventi più grandi di lui nei quali si è trovato coinvolto. A un passo dal crollare, è tentato dall’idea di rinunciare e tornare indietro per cercare rifugio all’osteria, con il rischio di venire scoperto e catturato. Nella selva oscura Quando la suspense tocca il vertice, ecco che finalmente Renzo sente (rr. 32-33): la tanto sospirata voce del fiume, nel quale ritrova un , un , un (r. 34). In poco più di una riga, il narratore inanella così tre : se i primi due accompagnano la presa di coscienza, il terzo sottolinea il prorompere dell’esultanza, che aumenta alla vista delle acque che l’hanno visto crescere, poco più a nord. Dalla sponda del fiume Renzo vede all’orizzonte una (r. 41), nella quale identifica Bergamo. un rumore, un mormorìo, un mormorìo d’acqua corrente. Sta in orecchi; n’è certo; esclama: “È l’Adda” amico fratello salvatore climax gran macchia biancastra Rinfrancato, il giovane ritrova il coraggio e il sangue freddo. Si rende conto che tentare un guado solitario, di notte, sarebbe un’impresa temeraria. Arrampicarsi su una pianta o (r. 50) sino all’alba stroncherebbe il suo fisico già provato. Decide allora di cercare ricovero in (r. 54) costruite dai contadini della zona, per poi cercare di attraversare il fiume il giorno successivo. Renzo ha messo da parte il carattere impetuoso, adottando una decisione di buon senso in una situazione ardua. Il suo processo di maturazione conosce in questa notte una tappa cruciale. passeggiare innanzi e indietro una di quelle capanne coperte di paglia La voce del fiume Le scelte stilistiche Giunto nella capanna, Renzo ringrazia la Provvidenza per avergli fatto trovare un giaciglio, prega e chiede perdono per la condotta sconsiderata tenuta il giorno precedente. Raduna un po’ di paglia e vi si stende: ma quando chiude gli occhi non riesce ad addormentarsi. A impedirlo, insieme alla stanchezza, è l’assalto delle emozioni, che scatenano nella sua mente un instancabile (rr. 74-75). andare e venire di gente Il lettore odierno ha l’impressione di un film, del quale si riavvolga la pellicola: i pensieri di Renzo vanno a ritroso, dalla recente sosta nell’osteria di Gorgonzola ai tumulti del giorno prima, e di qui al matrimonio fallito. Gli unici conforti, fra tante amarezze, sono dati dal ricordo di Lucia e fra Cristoforo, evocati per sineddoche: una (rr. 80-81). Lo visita infine l’immagine di Agnese, anch’ella strappata alla propria casa, recandogli un altro dolore pungente. Il discorso nel frattempo scivola dall’indiretto all’indiretto libero ( , rr. 93-95) e di qui al discorso diretto, con il quale Renzo chiude il suo esame di coscienza, proclamando la sua assoluta fiducia nel Signore ( , rr. 96-97), che certo non vorrà fare tanto patire una creatura innocente come Lucia: una convinzione rimarcata dall’epanalessi ( , r. 98). treccia nera e una barba bianca Che notte, povero Renzo! Quella che doveva esser la quinta delle sue nozze! Che stanza! Che letto matrimoniale! E dopo qual giornata! “quel che Dio vuole. Lui sa quel che fa” un pezzo, un pezzo, un pezzo La mente “cinematografica” di Renzo  >> pagina 372  Al gelo, nel dormiveglia, Renzo sente passare le ore, misurate dai rintocchi di un vicino campanile. All’approssimarsi dell’alba decide di uscire dalla capanna. Qui Manzoni propone uno dei più suggestivi squarci paesaggistici del romanzo, caratterizzato da un finissimo gioco di tinte pastello: la luna pallida su uno sfondo (r. 116), che a oriente si fa (r. 117), le nuvole all’orizzonte (r. 118), orlate dalla striscia fiammeggiante del sole che sorge, infine altre nubi illuminate da (r. 121). Sono questi gli elementi di cui si compone il quadro di (rr. 121-122): dove, insieme alla felicissima tautologia (divenuta proverbiale), va sottolineato il riferimento finale alla serenità, che appartiene anche al personaggio in scena. Paesaggio e stato d’animo ancora una volta si correlano perfettamente. Purtroppo, però, Renzo non ha né il tempo né la voglia di fermarsi ad ammirare l’incantevole alba autunnale. Ha freddo, fame e fretta di attraversare il fiume: impresa nella quale riesce grazie al fortunoso incontro con un pescatore in barca. bigio ceruleo giallo roseo tra l’azzurro e il bruno mille colori senza nome quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace Colori del paesaggio e colori dell’animo Verso le COMPETENZE COMPRENDERE 1 Quali tra i seguenti ambienti attraversa Renzo durante la sua fuga verso l’Adda?  Campi coltivati.  a  Campi incolti. b  Palude. c  Macchia. d  Bosco. e  Orti. f  Risaie. g 2 Perché Renzo non riesce a dormire? 3 Perché il pescatore, dopo aver traghettato Renzo, fa il segno del silenzio? ANALIZZARE 4 Come cambia lo stato d’animo di Renzo quando si accorge di essere vicino all’Adda? 5 In quali passi emergono la religiosità di Renzo e la sua fiducia nella Provvidenza? 6 Quali elementi indicano l’impazienza di Renzo di arrivare, finalmente, nella Bergamasca? INTERPRETARE . 7 L’episodio della fuga verso l’Adda segna un punto importante nel percorso di maturazione di Renzo: per quali motivi? Esponi le tue considerazioni facendo precisi riferimenti al testo Produrre  Durante il cammino verso l’Adda, Renzo è turbato dai rumori, dalle ombre e dai ricordi di racconti fiabeschi: quanto e come la superstizione popolare è ancora oggi presente e talvolta condiziona le azioni e i comportamenti delle persone? Argomenta la tua risposta in un testo di circa 40 righe. 8 Scrivere per argomentare.