LA VITA
Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schmitz) nasce nel 1861 a Trieste (città di confine e crocevia di culture differenti) da una famiglia ebraica della borghesia mercantile. Indirizzato dalla famiglia verso studi commerciali (svolti in parte in Germania), inizia segretamente l’attività di scrittore.
A causa del fallimento dell’azienda paterna Svevo lascia gli studi e trova lavoro in una banca di Vienna (1883).
Nel 1892 pubblica il suo primo romanzo, Una vita, accolto da poche negative recensioni e molta indifferenza, così come anche il suo secondo romanzo, Senilità (1896). Nel 1896 sposa la figlia di un ricco imprenditore. Divenuto funzionario nella ditta del suocero, è ormai un borghese ben inserito in società, frequentatore di salotti.
Nel 1905 incontra e diventa amico dello scrittore James Joyce, nel 1908 conosce l’opera di Freud e si interessa alla psicanalisi: questi due eventi portano Svevo a dedicarsi nuovamente alla letteratura e a pubblicare La coscienza di Zeno (1923). Grazie a Joyce l’autore riceve finalmente riconoscimenti per il suo lavoro. Nel 1928, muore in un incidente stradale.

I GRANDI TEMI
Letteratura come conoscenza di sé
Per Svevo la scrittura costituisce una trasgressione rispetto alla propria identità sociale di ricco borghese, come anche un implicito “rifiuto del padre”, ossia di quel sistema di valori autoritari rappresentati dalla figura paterna. Ma è anche un’esigenza esistenziale, uno strumento di conoscenza di sé, non un mestiere da praticare.
L’autobiografia di un uomo comune
La componente autobiografica è primaria per Svevo: solo andando in fondo a sé stessi si riesce ad analizzare i comportamenti dell’uomo in generale.
Svevo però non crede alla scienza come base oggettiva per comprendere il reale che è frammentario e ingannevole.