UDA 7 – Alimentazione equilibrata e stili alimentari

Capitolo 2 – Stili e consumi alimentari

1. Gli stili alimentari e la loro evoluzione

L’alimentazione è definita come scelta di consumo consapevole di alimenti e bevande, per questo non solo è lo strumento per soddisfare un bisogno primario (nutrirsi) ma è anche un vero e proprio mezzo di espressione personale e di sviluppo culturale.

L’alimentazione, la cucina e le abitudini alimentari delle popolazioni del Mediterraneo si sono evolute nel corso dei millenni a seguito di migrazioni, invasioni e scambi commerciali tra le popolazioni, che hanno portato nuove tecnologie, nuove specie vegetali e nuove conoscenze.

Breve storia dell’alimentazione

Nel Paleolitico l’uomo viveva di caccia, pesca e raccolta di vegetali selvatici. La scoperta del fuoco fu una svolta poiché portò alla cottura degli alimenti.

Nel Neolitico si svilupparono le civiltà della Mezzaluna fertile (tra Mesopotamia, Palestina ed Egitto) che iniziarono a coltivare cereali, ortaggi e frutta (dando avvio all’agricoltura) e addomesticare suini, caprini e ovini, portando alla nascita dell’allevamento e della pastorizia.

Nei secoli successivi, le civiltà di Egizi, Greci e Romani ebbero un’alimentazione basata soprattutto sui cereali (in particolare grano, orzo e miglio) e inventarono pane e birra; vennero introdotti anche olio e vino.

Nel Medioevo l’alimentazione era basata soprattutto su cereali e legumi, mentre solo i più ricchi potevano consumare carne e spezie.

Nell’età moderna vi furono enormi progressi nella conservazione dei cibi (l’introduzione dei contenitori ermetici, la pastorizzazione) che diedero vita alle prime industrie alimentari. Il cambiamento negli stili di vita portò alla nascita della ristorazione moderna.

Dall’antichità fino alla prima metà del Novecento, in Italia il regime alimentare più diffuso è stata la dieta mediterranea, caratterizzata dalla presenza di pochi alimenti come pane, legumi, ortaggi e olio EVO, con uno scarso consumo di carne. Per questo motivo è stata spesso definita come dieta del contadino o dieta povera.

Nella seconda metà del Novecento, dopo la Seconda guerra mondiale, cambiarono le abitudini alimentari degli italiani per effetto del maggiore benessere economico. Tra gli effetti principali ci furono:

  • uno stile di vita meno attivo;

  • la diffusione di nuovi modelli alimentari, grazie anche alla diffusione della televisione;

  • progressi tecnologici che portarono produzione agricola intensiva ma anche sicurezza e controllo dei processi;

  • maggiore di accesso al cibo, che però perse il suo ruolo di convivialità.

Alla fine del Novecento c’è stato un forte aumento del consumo di cibo pronto. Si è anche registrato anche un aumento delle malattie cronico-degenerative legate a diete squilibrate (con eccesso di grassi e zuccheri) e a uno stile di vita sedentario, con conseguente aumento di casi di obesità e malattie correlate.

Oggi le ricerche tecnologiche per l’incremento della produzione convivono con la riscoperta dell’importanza di prodotti preparati in modo tradizionale e rispettosi dell’ambiente, come quelli biologici. 

In questa situazione le istituzioni assumono un ruolo fondamentale nel promuovere uno stile alimentare equilibrato. L’Unione Europea, per esempio, regolamenta le condizioni di sicurezza degli alimenti, regola le attività di scambio delle merci e promuove il ruolo culturale, politico e sociale del cibo. La FAO interviene con l’Agenda 2030, puntando a migliorare la disponibilità di cibo per la popolazione mondiale, poiché ancora oggi esistono intere popolazioni che hanno difficoltà di accesso al cibo, ossia difficoltà a nutrirsi con cibo sano e nelle giuste quantità.

2. La dieta mediterranea

La dieta mediterranea è stato lo stile alimentare più diffuso tra le popolazioni del Mediterraneo fino agli anni Cinquanta del Novecento. 

Nel 2010 è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’umanità, ovvero un insieme di saperi, sapori, ricette, prodotti alimentari, coltivazioni e spazi sociali legati al territorio che vengono tutelati dall’ONU.

Inoltre, già dai primi studi (nella prima metà del Novecento) fu dimostrato che la dieta mediterranea è un modello alimentare vario, equilibrato e in grado di prevenire malattie correlate all’alimentazione. La dieta mediterranea è perciò un modello da seguire. Le principali caratteristiche sono le seguenti:

  • consumo elevato e frequente di frutta e ortaggi, legumi, cereali, pesce e frutta secca;

  • moderato consumo di latte e derivati;

  • ridotto consumo di carni e salumi;

  • modesto consumo di vino durante i pasti;

  • consumo quasi esclusivo di olio extravergine di oliva (EVO) come condimento.

Questo schema alimentare garantisce un’azione protettiva e salutare sull’organismo, grazie all’apporto di molecole bioattive come gli antiossidanti, alla rotazione degli alimenti e alle tipologie di cottura, che sono in tegame, al vapore, in forno. La dieta mediterranea inoltre è uno schema alimentare sostenibile, da diversi punti di vista:

  • ambientale, legato all’impatto ambientale di tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo;

  • economico, legato al costo della spesa alimentare e alla relazione tra prezzi e alimenti salutari;

  • sociale, perché legato al concetto di consumo responsabile;

  • socio-economico, grazie alla minor incidenza di malattie legate a una alimentazione squilibrata.

La convivialità e la commensalità sono una caratteristica della dieta mediterranea.

Le moderne abitudini alimentari si discostano dalla dieta mediterranea principalmente per la diminuzione della quota di carboidrati, sostituiti da proteine e grassi animali. In Italia infatti solo la popolazione anziana consuma frutta e verdura in adeguate quantità. I giovani consumano meno di una porzione di frutta e verdura al giorno rispetto alle 5 porzioni consigliate.

3. Schemi alimentari diffusi

Il settore dell’alimentazione è in continuo cambiamento e frequentemente si affermano nuovi schemi alimentari, spesso legati a mode o a scelte etiche più che salutistiche. Vediamo gli schemi alimentari più diffusi.

Diete vegetariane

Le diete di tipo vegetariano sono regimi dietetici caratterizzati dall’eliminazione di uno o più cibi di origine animale. Tra le diete vegetariane si distinguono:

  • le diete vegetariane vere e proprie, che escludono tutti i tipi di carne (qualcuno consuma solo pollo e/o pesce);

  • il regime vegano, che oltre alle carni esclude anche tutti gli alimenti di origine animale (come uova, latte e derivati del latte);

  • il regime fruttariano, più estremo, in cui la dieta consiste solo di frutta cruda o secca, semi e oli vegetali.

I cibi consumati in un regime vegetariano apportano solo proteine di basso valore biologico, per questo è necessario fare attenzione alla complementarietà degli alimenti e assumere insieme cereali e legumi.


Le raccomandazioni della SINU per chi segue una dieta vegetariana

Assumere più proteine La digeribilità delle proteine vegetali è inferiore a quella delle proteine animali, ed è pertanto opportuno assumerne un quantitativo leggermente superiore rispetto a quanto suggerito per la popolazione generale.
Integrare la vitamina B12 Va assunta una fonte affidabile di vitamina B12 (tramite alimenti fortificati o integratori).
Integrare calcio, ferro e zinco Vanno assunti alimenti che siano buone fonti di calcio (verdure a basso contenuto di ossalati e fitati, alimenti a base di soia, acque ricche di calcio, frutta secca e semi oleaginosi) e va aumentata l'assunzione di ferro e zinco.
Assumere acido alfa-linolenico Vanno assunte regolarmente fonti di acido alfa-linolenico (noci, semi di lino e derivati) e ridotte le fonti di acido linoleico (come olio di mais e girasole).

Diete dimagranti

Gli elementi fondamentali per un corretto stile di vita e il mantenimento di un peso corporeo adeguato sono una alimentazione varia e diversificata, una adeguata attività fisica e il controllo di fumo e alcol.

I regimi restrittivi (in cui viene ridotto il consumo di alcune classi di alimenti) sono nati come diete terapeutiche per curare per esempio il diabete o l’eccesso di colesterolo.

Al giorno d’oggi però questi regimi sono spesso utilizzati come diete dimagranti.

Gli schemi alimentari più diffusi con questo scopo prevedono un basso contenuto di carboidrati (diete low carb), al di sotto della soglia minima consigliata dai LARN, e un aumento del contenuto di proteine e grassi. 

Questi schemi alimentari portano a una veloce riduzione del peso, ma non sono efficaci a lungo termine poiché non modificano i comportamenti alimentari scorretti. Le diete di questo tipo più diffuse sono la dieta Dukan, la dieta paleo, la sugar buster e le diete chetogeniche.

Diete di esclusione

Sono basate sull’eliminazione di un cibo, o di una categoria di alimenti, ritenuti dannosi per una determinata persona.

Per esempio, la dieta priva di glutine che seguono i celiaci, o la dieta priva di latte e latticini seguita dalle persone intolleranti o allergiche al lattosio.

Diete basate sui test genetici

Si basano sull’idea che ogni persona reagisca in modo differente ai nutrienti, in base al proprio DNA, e che il DNA determini la predisposizione a patologie e disturbi di salute.

Le discipline che studiano la correlazione tra dieta, salute e DNA (nutrigenetica e nutrigenomica) puntano a dare indicazioni nutrizionali basate su fabbisogni individuali e non su fabbisogni di gruppi di popolazione.

4. Cucine dal mondo e tradizioni alimentari

Nel settore della ristorazione, conoscere le principali cucine legate a tradizioni di territori e popolazioni o religioni consente di andare incontro alle esigenze dei clienti.

La cucina etnica

In Italia si definisce «cucina etnica» l’insieme delle tradizioni culinarie di una popolazione, sia dal punto di vista dei prodotti (animali e vegetali), sia dell’utilizzo che ne viene fatto. Le tradizioni culinarie etniche più diffuse in Italia sono le seguenti.

  • Cucina cinese. Tra gli ingredienti più importanti ci sono il riso, la soia (in germogli, salsa o tofu) e gli oli vegetali (di soia, arachide, sesamo e girasole). I piatti tradizionali bilanciano alimenti freschi e poco manipolati (come verdure e frutta fresche, cereali integrali, uova e selvaggina, pesce) e alimenti cotti e maggiormente trattati (per esempio carni frollate e prodotti raffinati come farina e zucchero).

  • Cucina giapponese. Chiamata Washoku, è riconosciuta patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’Unesco. È simile alla cucina mediterranea per il ruolo e la frequenza di consumo di carboidrati (riso e pasta) e vegetali (cavolo, alghe e legumi, come soia e sesamo), ma un consumo più frequente di pesce (circa una porzione al giorno) e uno scarso ruolo della frutta.

  • Cucina anglosassone. Chiamata Western diet, è tipica del Nord America e prevede un elevato consumo di carne (soprattutto bovina), salse e dolci, con preparazioni veloci.

Le tradizioni alimentari religiose

Molte religioni, seguendo principi contenuti nei testi sacri, danno prescrizioni alimentari, per esempio vietano il consumo di alcuni prodotti o indicano le modalità di lavorazione e conservazione degli alimenti. Vediamo le principali.

  • Tradizione alimentare islamica. È definita «halal» (che in arabo significa «lecito») e segue la legge islamica scritta nel Corano. Tra le prescrizioni ci sono il divieto di consumare carne di maiale, pesce senza pinne, frutti di mare e tutte le tipologie di bevande alcoliche. Inoltre vi sono prescrizioni sulla macellazione (che deve essere halal) e per il Ramadan (il digiuno sacro osservato dai fedeli).

  • Tradizione alimentare ebraica. È definita «kosher» (che in ebraico significa «conforme alla legge») ed è descritta nella Torah. I cibi di origine animale permessi sono solo bovini, ovini e caprini, e i pesci con squame e pinne (vietati maiale e cavallo). Inoltre vi sono numerose prescrizioni sulle lavorazioni, per esempio carne e latte non devono mai entrare in contatto.

  • Tradizioni alimentari delle religioni indiane. Le principali religioni indiane, Induismo, Buddismo e Jainismo, condividono il concetto della non violenza, che implica che non vengano consumate carni di nessun tipo. In particolare le vacche sono considerate animali sacri.

5. La ristorazione

Il settore della ristorazione comprende le attività connesse con la preparazione e la distribuzione di alimenti e bevande. Le tipologie di ristorazione differiscono tra loro per:

  • l’organizzazione aziendale;

  • le differenti strutture di produzione;

  • i diversi modi di servizio e somministrazione del cibo;

  • le tipologie di consumatori.

La prima distinzione che divide le attività in due macro categorie è quella tra imprese di ristorazione commerciale e imprese di ristorazione collettiva.

La ristorazione commerciale

La ristorazione commerciale consiste nella fornitura, in locali aperti al pubblico, di alimenti e bevande che sono consumati nello stesso luogo di produzione e commercializzazione. I consumatori scelgono in piena libertà quando e dove soddisfare le proprie esigenze. Le attività della ristorazione commerciale possono essere suddivise in:

  • Ristorazione tipica. È la forma più comune e comprende ristoranti tradizionali, pizzerie, trattorie, osterie, ristoranti etnici, ristoranti gourmet ecc.

  • Ristorazione alberghiera. La gestione del servizio di ristorazione in alberghi e strutture ricettive può essere diretta (da parte del management dell’impresa ricettiva) oppure affidata a terzi (in outsourcing).

  • Ristorazione agrituristica. Alcune aziende agricole offrirono servizi di ospitalità e di ristorazione al pubblico (agriturismi), valorizzando i prodotti tipici locali.

  • Ristorazione veloce. Comprende tavole calde, rosticcerie, snack bar, paninoteche, fast food, autogrill ecc. Queste strutture hanno un servizio semplice, un menù in genere limitato e standardizzato e prezzi competitivi.

  • Ristorazione viaggiante. Si svolge sui mezzi di trasporto, con particolari soluzioni tecniche che devono tenere conto del mezzo (per esempio treno, aereo o nave).

La ristorazione collettiva

La ristorazione collettiva si rivolge a un numero ampio di persone che necessitano dello stesso servizio, in quanto fanno parte di un medesimo gruppo (per esempio, lavoratori di un’azienda, studenti di una scuola, degenti di un ospedale ecc.), e presenta caratteristiche di continuità e regolarità. La ristorazione collettiva viene suddivisa generalmente in:

  • ristorazione aziendale, in aziende private;

  • ristorazione scolastica, in scuole, università e centri di formazione;

  • ristorazione socio-sanitaria, presente in ospedali, cliniche e case di cura;

  • ristorazione comunitaria, in caserme e carceri;

  • ristorazione assistenziale, destinata a persone bisognose.

I menù proposti dalle aziende di ristorazione collettiva devono tenere conto degli aspetti nutrizionali (come la fascia di età o esigenze particolari), devono essere ciclici e stagionali, devono seguire le indicazioni dei LARN (su nutrienti e porzioni) e presentare sempre alternative per rispettare esigenze legate ad allergie, credo religioso o altre scelte etiche.

Negli ultimi decenni si sono sviluppati due nuovi servizi:

  • il catering, cioè un servizio fornito da aziende specializzate che prevede la preparazione dei pasti in cucina, il trasporto e la rapida distribuzione;

  • il banqueting, servizio che comprende la preparazione dei pasti, l’allestimento del luogo, il servizio di sala ecc., per eventi o occasioni specifiche.

6. I consumi alimentari

Le scelte e i consumi alimentari sono influenzati da:

  • fattori biologici (sesso, età, condizioni mediche ecc.);

  • fattori economici (reddito, costo degli alimenti ecc.);

  • fattori sociali (cultura, etnia, titolo di studio, situazione professionale, dimensioni del Comune di residenza ecc.);

  • fattori psicologici (stress, aspetti legati al cibo ecc.);

  • fattori religiosi (regole religiose).

I dati sui consumi alimentari consentono di individuare le categorie di alimenti più consumate in un Paese, ma sono utili anche a valutare diversi fattori come la qualità nutrizionale degli alimenti, l’eventuale esposizione al rischio di assunzione di sostanze indesiderabili e anche l’adeguatezza della dieta per il mantenimento di un buono stato di salute. Gli studi sui consumi alimentari analizzano:

  • il consumo alimentare individuale, che comprende dati sulla dieta raccolti a livello individuale per ciascun singolo atto di consumo (quantità di alimento assunto in un dato pasto);

  • le frequenze di consumo di gruppi di alimenti, che sono pubblicate annualmente dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) nell’indagine Aspetti della Vita Quotidiana;

  • il consumo alimentare delle famiglie, indagine condotta annualmente dall’ISTAT;

  • il consumo alimentare nazionale, definito dai dati della contabilità di un Paese come bilancio tra produzione, importazione, esportazione e usi non alimentari.

Mettiti alla prova

1. Individua i collegamenti tra i due gruppi di espressioni.


a. ristorazione collettiva

b. ristorazione commerciale

c. consumi alimentari

d. tradizione alimentare islamica


1. macellazione halal

2. ISTAT

3. mensa scolastica

4. agriturismo


a.

b.

c.

d.

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2. Leggi il testo, individua i 5 errori e correggili.


a. La ristorazione commerciale si rivolge a un numero ampio di persone che necessitano dello stesso servizio, che sono parte di un medesimo gruppo (lavoratori di un’azienda, studenti di una scuola, degenti di un ospedale ecc.). Il servizio è saltuario.

b. Una tipologia di ristorazione collettiva importante è la ristorazione in alberghi e strutture ricettive che è sempre affidata ad aziende esterne.

3. Completa la tabella.


Tipo di dieta

Caratteristica

dieta mediterranea

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esclusione di tutti gli alimenti di origine animale

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riduzione della quota di carboidrati e aumento della quota proteica

dieta di esclusione

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