UDA 8 – Tutela e sicurezza del consumatore

Capitolo 2 – La conservazione degli alimenti

1. Le alterazioni degli alimenti

Ogni alimento con il passare del tempo tende a perdere le proprie caratteristiche fino a diventare non adeguato al consumo, al raggiungimento della data di scadenza o del termine minimo di conservazione.

Il naturale processo di deterioramento degli alimenti, accelerato in caso di conservazione non corretta, produce i seguenti effetti:

  • il valore nutritivo diminuisce, le vitamine vengono inattivate, gli zuccheri vengono fermentati e i lipidi irrancidiscono;
  • le caratteristiche sensoriali (sapore, odore, colore ecc.) si modificano;
  • la carica microbica (quantità di microrganismi contaminanti) aumenta e si riduce la qualità igienico-sanitaria.

Le cause di alterazione degli alimenti possono essere raggruppate in due categorie: chimico-fisiche e biologiche.

Cause di alterazione chimico-fisiche

I principali fattori chimico-fisici responsabili di alterazioni degli alimenti sono i seguenti.

  • Temperatura: influenza lo sviluppo microbico e l’attività degli enzimi.
  • Umidità: causa modifiche sensoriali come perdita di croccantezza e formazione di agglomerati; inoltre aumenta la probabilità di sviluppo microbico.
  • Luce: innesca i processi di ossidazione (in particolare dei lipidi), inattiva alcune vitamine, può provocare reazioni che producono radicali liberi e può alterare le caratteristiche sensoriali.
  • Ossigeno: causa reazioni di ossidazione (irrancidimento dei lipidi), inattiva alcune vitamine e attiva gli enzimi responsabili della degradazione e dell’imbrunimento degli alimenti.
  • Enzimi: prodotti da microrganismi oppure presenti all’interno delle cellule dell’alimento stesso.

Cause di alterazione biologiche

I principali fattori biologici responsabili delle alterazioni degli alimenti sono i seguenti.

  • Microrganismi (virus, batteri, lieviti e muffe): provocano alterazioni delle caratteristiche sensoriali e del valore nutritivo. Inoltre quelli patogeni compromettono la salubrità dell’alimento e rappresentano un rischio per la salute.
  • Macroparassiti (parassiti pluricellulari, acari, insetti e roditori): attaccano le derrate alimentari rendendole non più edibili. Possono inoltre essere vettori di microrganismi patogeni.

2. Fattori che influenzano la crescita microbica

Per evitare le alterazioni degli alimenti, limitare la loro degradazione e aumentare la shelf life occorre mettere in atto metodi che inibiscono o rallentano la crescita dei microrganismi contaminanti.

I microrganismi

I microrganismi in generale si classificano in:

  • virus, parassiti che vivono solo alle spese di un organismo ospite;
  • batteri, organismi procarioti unicellulari (distinti in psicrofili, mesofili e termofili, in base alle temperature a cui riescono a riprodursi maggiormente);
  • lieviti, funghi microscopici unicellulari (eucarioti);
  • muffe, funghi microscopici pluricellulari (eucarioti).

Per poter crescere i microrganismi hanno bisogno di condizioni ideali di temperatura, pH, umidità e ossigeno. Per fermarne lo sviluppo bisogna conoscere queste condizioni.

La temperatura

La temperatura è uno dei fattori che influenzano maggiormente lo sviluppo dei microrganismi. Per ogni microrganismo si possono definire:

  • una temperatura minima, sotto la quale non vi è crescita e le reazioni sono molto lente;
  • una temperatura ottimale, in cui i microrganismi si moltiplicano più velocemente;
  • una temperatura massima, oltre la quale si hanno alterazioni che portano rapidamente alla morte dei microrganismi.

In generale una temperatura superiore a 65 °C è sufficiente a garantire l’eliminazione della maggior parte dei batteri; fanno eccezione i batteri sporigeni, ovvero capaci di produrre spore.

Il pH

Il pH misura l’acidità o la basicità di una soluzione; questa grandezza assume valori da 0 (molto acida) a 14 (molto basica). Un pH uguale a 7 indica una soluzione neutra. Di norma valori superiori a 9 o inferiori a 4,6 limitano lo sviluppo della maggior parte dei patogeni.

L’attività dell’acqua

L’attività dell’acqua (aw) è il parametro che rappresenta la quantità di acqua libera negli alimenti, cioè la quantità di acqua che non è legata a zuccheri, sali minerali e altre sostanze idrosolubili presenti in un alimento.

I valori che l’attività dell’acqua può assumere vanno da 1, per l’acqua pura, a circa 0 (zero) per i prodotti totalmente disidratati. A seconda dell’alimento esiste un valore minimo dell’attività dell’acqua che favorisce la crescita dei microrganismi.

La presenza di ossigeno

Alcuni batteri sono aerobi, cioè crescono in presenza di ossigeno (O2) e altri invece sono anaerobi, cioè crescono in assenza di O2; alcuni però sono anaerobi facoltativi, e possono crescere sia in presenza sia in assenza di ossigeno.

Le condizioni ottimali di temperatura, pH, ossigeno e attività dell’acqua per batteri, lieviti e muffe sono elencate nella tabella seguente.


Microrganismo Temperatura
ottimale (°C)
pH Ossigeno aw
batteri • psicrofili 0-20
• mesofili 20-45
• termofili 45-65
6,5-7,5
(neutro)
aerobi/anaerobi/
facoltativi
> 0,91
lieviti 25-30 3-4 (acido) anaerobi facoltativi > 0,88
muffe 20-30 2-8,5 (da acido a basico) aerobie > 0,80

3. Classificazione dei metodi di conservazione

Per evitare le alterazioni degli alimenti, limitare la loro degradazione e aumentare la shelf life occorre mettere in atto metodi che inibiscono o rallentano la crescita dei microrganismi contaminanti.

La conservazione degli alimenti può essere garantita attraverso l’applicazione di metodi fisici, come l’aumento o la riduzione di temperatura, chimici, mediante l’impiego di conservanti, oppure biologici, sfruttando le fermentazioni. Queste tecniche possono essere applicate singolarmente oppure combinate. Per esempio per contrastare il Clostridium botulinum (che produce spore che causano il botulismo) bisogna applicare due o più tecniche tra:

  • riduzione dell’aw (< 0,93);
  • riduzione del pH (< 4,6);
  • aggiunta di sale o altri conservanti;
  • confezionamento in atmosfera protettiva;
  • congelamento;
  • refrigerazione.

4. Metodi fisici di conservazione

I metodi fisici di conservazione sfruttano le variazioni di temperatura, la riduzione dell’umidità dell’alimento (disidratazione), la modifica della composizione dell’atmosfera interna in confezioni o locali di conservazione, le radiazioni, le alte pressioni e gli ultrasuoni.

Conservazione con le basse temperature

Le basse temperature svolgono azione microbiostatica, ovvero rallentano la crescita microbica senza però distruggere i microrganismi; ne deriva che una volta che l’alimento viene estratto dalla cella frigorifera e posto a temperatura ambiente (25 °C), i microrganismi riprendono la loro crescita.

Per garantire la sicurezza degli alimenti è necessario che per i prodotti conservati a basse temperature venga mantenuta la cosiddetta catena del freddo in tutte le fasi di trasporto, dal produttore, al distributore fino al consumatore. I principali metodi di conservazione a bassa temperatura sono i seguenti.

  • Refrigerazione, o frigoconservazione. Avviene in frigoriferi e celle frigorifere, in cui la temperatura viene mantenuta intorno a 0-4 °C, che consente di conservare gli alimenti per brevi periodi.
  • Congelamento. Consiste nel portare l’alimento al di sotto degli 0 °C, arrestando lo sviluppo microbico e l’attività enzimatica (azione microbiostatica) e l’acqua all’interno dell’alimento cristallizza.
  • Surgelazione. È una tecnica di congelamento ultrarapido, in cui si raggiungono in tutte le parti dell’alimento i –20 °C in circa 30 minuti. I prodotti surgelati, a differenza dei congelati, vengono venduti esclusivamente all’interno di confezioni originali e sono processati immediatamente dopo la raccolta o la pesca, conservando la freschezza e la qualità nutrizionale, sensoriale e igienico-sanitaria.

Conservazione con le alte temperature

Le alte temperature sono in grado di eliminare i microrganismi (azione microbicida) e di inattivare gli enzimi. La scelta del giusto sistema di conservazione dipende dalla tipologia di alimento, dalla sua composizione chimica, dal pH e dalla carica batterica presente. Le principali tecniche che utilizzano alte temperature sono le seguenti.

  • Pastorizzazione. Trattamento termico a temperature inferiori a 100 °C che non ha effetto sui microrganismi termofili e sulle spore. Spesso il trattamento si usa in combinazione con la refrigerazione, per esempio per il latte.
  • Sterilizzazione. Permette di eliminare la totalità dei microrganismi, inclusi virus e spore, grazie a temperature superiori ai 120 °C. Il trattamento però modifica le caratteristiche nutrizionali dell’alimento.
Processo Temperatura (°C) Tempo Alimenti
pastorizzazione a basse temperature 60-65 30 min. latte per caseificazione, vino e birra
pastorizzazione HTST 75-85 15-20 sec. latte, succhi di frutta
sterilizzazione classica 120 20 min. alimenti inscatolati
sterilizzazione UHT 135-150 3-5 sec. latte a lunga conservazione, liquidi

Conservazione mediante sottrazione di acqua

I metodi mediante sottrazione di acqua prevedono la riduzione del valore di aw così da ostacolare lo sviluppo dei microrganismi. Si distinguono i seguenti metodi.

  • Essiccazione. Al Sole o in tunnel riscaldanti o forni (essiccatoi), si riduce il contenuto di umidità dei cibi fino al 10-15%.
  • Concentrazione. Il contenuto di acqua nell’alimento viene ridotto a circa il 50%. Il metodo da solo non garantisce la conservabilità del prodotto per cui generalmente viene accoppiato a salagione, aggiunta di zucchero ecc.
  • Liofilizzazione. È la tecnica di disidratazione più efficiente e consente di ottenere un prodotto con un livello di umidità residua, inferiore al 5%. Il metodo, abbastanza costoso, si applica principalmente a prodotti per l’infanzia, caffè e prodotti dietetici. Il processo non garantisce la distruzione totale dei microrganismi.
  • Filtrazione. Si utilizzano materiali capaci di separare selettivamente alcune componenti dell’alimento. In base alla tipologia di filtri si distinguono: microfiltrazione (per eliminare i batteri in bevande e succhi); ultrafiltrazione (utilizzata per separare i solidi sospesi come le proteine dal latte di soia); nanofiltrazione (impiegata per separare tutta l’acqua e gli ioni dal resto).

La conservazione in ambienti modificati

L’atmosfera di norma è composta da 78% azoto (N2), 21% ossigeno (O2) e la restante parte costituita da diossido di carbonio (CO2) e piccole porzioni di altri gas.

La conservazione in ambienti modificati modifica queste percentuali (aumentando azoto e diossido di carbonio, riducendo l’ossigeno) e determina la riduzione dello sviluppo di muffe, lieviti e batteri aerobi; tuttavia stimola lo sviluppo delle specie anaerobie. I metodi sono i seguenti.

  • Sottovuoto. Consiste nella sottrazione dell’aria (in modo non selettivo) dalle confezioni in cui l’alimento viene sigillato. Batteri anaerobi come il Clostridium botulinum crescono bene in queste condizioni, e per questo motivo i prodotti devono essere consumati velocemente oppure è necessario ricorrere a una pastorizzazione.
  • Atmosfera controllata. Impiegata per la conservazione di alimenti vegetali in celle frigorifere. Si riduce l’ossigeno presente, che passa dal 21% al 3-4%; questa concentrazione viene costantemente monitorata.
  • Atmosfera protettiva. Consiste nella sostituzione dell’aria all’interno delle confezioni con una miscela ricca in CO2 o N2, oppure con il CO2 prodotto naturalmente dalla respirazione cellulare dei vegetali. Un esempio di prodotto confezionato in atmosfera protettiva sono le insalate di IV gamma.
Tecnica Caratteristiche
sottovuoto riduzione del contenuto di aria dalla confezione
atmosfera controllata monitoraggio della composizione dell'atmosfera in celle di frigoconservazione ed eventuale modifica
atmosfera protettiva modifica della percentuale dei gas all'interno della confezione dell'alimento

L’evoluzione del packaging

Con il termine packaging si intende sia il confezionamento sia la confezione stessa. Oggi sono usati diversi materiali che svolgono un ruolo attivo nella conservazione come:

  • materiali barriera, cioè imballaggi impermeabili a luce, umidità e gas che isolano completamente l’alimento dall’esterno;
  • active packaging, fatto di oggetti o materiali che rilasciano sostanze nel prodotto o che le assorbono, come succede con gli assorbitori di umidità o di ossigeno;
  • intelligent packaging, che comprende le soluzioni di imballaggio che aiutano a monitorare le condizioni di conservazione del prodotto, come le etichette che cambiano colore, avvisando per esempio se non viene rispettata la catena del freddo.

Conservazione mediante radiazioni e altri metodi innovativi

Le radiazioni ionizzanti sono costituite da emissioni di energia in grado di strappare elettroni dagli atomi.

Queste radiazioni hanno effetti diversi sulle diverse sostanze: per esempio sul DNA dei microrganismi (virus e insetti infestanti inclusi), di cui causano la morte, o ritardando la germogliazione dei tuberi (come le patate).

I prodotti irradiati vanno dichiarati in etichetta, riportando la dicitura «irradiato» o «trattato con radiazioni ionizzanti». Tecniche innovative di conservazione, tra cui gli ultrasuoni, la pressione e il diossido di carbonio allo stato supercritico, consentono di ridurre il danno termico, meccanico e ossidativo dei processi di conservazione.

5. Conservazione mediante metodi chimici

I metodi chimici prevedono l’utilizzo di sostanze chimiche, estranee alla normale composizione degli alimenti, con azione microbicida e capaci di inibire l’attività enzimatica. Rientrano tra queste i comuni conservanti, che si classificano in naturali (come il sale, l’aceto e lo zucchero) e artificiali, come i nitrati.

Conservanti chimici naturali

I conservanti chimici naturali comprendono sale, zucchero, alcol, olio e aceto. Vengono utilizzati per i seguenti metodi di conservazione.

  • Salagione. Utilizza il sale (NaCl), in umido (salamoia), o a secco, che ha un effetto microbiostatico dovuto a tre differenti processi: l’aumento della pressione osmotica (che provoca disidratazione), la riduzione dell’aw e l’effetto di tossicità degli ioni di Na e Cl per i batteri. Da consumare con parsimonia.
  • Conservazione mediante zucchero. Lo zucchero svolge le stesse funzioni del sale, con riduzione dell’aw e aumento della pressione osmotica. I prodotti devono comunque essere sottoposti a trattamento termico.
  • Conservazione mediante alcol etilico. La conservazione mediante alcol trova oggi scarso impiego e si limita alla frutta sotto spirito o alla preparazione dei liquori. L’alcol ha azione microbicida.
  • Conservazione sott’olio. L’immersione in olio permette di escludere l’aria, e per questo motivo il sott’olio è un ambiente ostile allo sviluppo dei microrganismi aerobi. Tuttavia le specie anaerobie crescono bene.
  • Conservazione sotto aceto. L’aceto riduce il pH degli alimenti grazie all’acido acetico in esso contenuto. Tuttavia il metodo da solo non è sufficiente a garantire la salubrità degli alimenti poiché l’acido acetico è presente in percentuali basse (6%), pertanto si accoppia al sott’olio e a trattamenti termici.
  • Conservanti chimici naturali di origine microbica. Alcuni microrganismi come i batteri lattici sono capaci di produrre sostanze antimicrobiche innocue per l’uomo. Oggi è usata solo la nisina.

Conservanti chimici artificiali

I conservanti artificiali rientrano nella più ampia categoria degli additivi alimentari. Ogni additivo è indicato dalla lettera E seguita da un codice numerico a 3 cifre e inserito in apposite liste periodicamente aggiornate sulla base degli studi scientifici da parte dell’EFSA.

I più utilizzati sono i seguenti.

  • Additivi antimicrobici. Sostanze chimiche capaci di svolgere un’azione antimicrobica nei confronti delle differenti specie. Un esempio sono nitrati e nitriti.
  • Additivi antiossidanti. Proteggono gli alimenti dall’ossidazione dovuta alla presenza di ossigeno. Ne è un esempio l’acido ascorbico (E300, o vitamina C).
  • Additivi acidificanti. Riducono il pH aumentando la shelf life. I più comuni sono l’acido citrico (E330) utilizzato nei succhi di frutta e nelle conserve di pomodoro, e l’acido tartarico (E334), usato nei succhi di frutta ecc.
Conservante Effetto sui microrganismi Alimenti per cui viene utilizzato
Naturali
sale • aumento pressione osmotica
• riduzione aw
acciughe sotto sale, olive in salamoia, insaccati
zucchero • aumento pressione osmotica
• riduzione aw
marmellate, confetture, frutta sciroppata
alcol etilico • denaturazione proteica
• solubilizzazione lipidi
frutta sotto spirito
olio • riduzione aw
• eliminazione O2
tonno sott'olio, vegetali sott'olio
aceto riduzione pH vegetali sott'aceto
Artificiali
additivi antimicrobici (nitrati e nitriti) azione antimicrobica prodotti di salumeria
additivi antiossidanti (acido ascorbico) azione antiossidante vegetali di IV gamma, succhi di frutta
additivi acidificanti (acido citrico e acido tartarico) riduzione pH succhi di frutta, conserve di pomodoro, confetture

6. Conservazione mediante metodi chimico-fisici: l’affumicamento

L’affumicamento è un metodo antico che consiste nel sottoporre l’alimento all’azione dei fumi prodotti dalla combustione di legni particolarmente aromatici.

La tecnica consente di aromatizzare il prodotto e contestualmente svolge una leggera azione antisettica dovuta alla temperatura del fumo e alle sostanze chimiche in esso contenute.

La combustione può sviluppare benzopirene, una molecola tossica ad azione cancerogena che fa parte della famiglia degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Per questo motivo le moderne tecniche di affumicamento prevedono una combustione controllata e la filtrazione dei fumi.

7. Conservazione mediante metodi biologici

L’utilizzo di microrganismi per le fermentazioni alcoliche e acetiche nasce dall’esigenza di rendere durevoli materie prime altrimenti deperibili ed è alla base della produzione di svariati alimenti, come formaggi, yogurt e latti fermentati. I batteri possono essere autoctoni, cioè presenti naturalmente negli alimenti, oppure possono essere aggiunti appositamente (colture starter).

Le fermentazioni maggiormente sfruttate a livello alimentare sono le seguenti.

  • Fermentazione alcolica. I lieviti appartenenti al genere Saccharomyces sono capaci di trasformare gli zuccheri in alcol etilico e CO2, che produce una shelf life molto lunga grazie all’azione microbicida dell’alcol etilico.
  • Fermentazione lattica. I batteri lattici (Lactobacillus, Lactococcus, Streptococcus ecc.) sono capaci di fermentare il lattosio trasformandolo in acido lattico. L’abbassamento del pH a valori acidi inibisce lo sviluppo dei principali microrganismi alteranti e patogeni per l’uomo. Viene utilizzata per yogurt, latti fermentati, verdure fermentate (come i crauti), olive in salamoia ecc.
  • Fermentazione acetica. Condotta dai batteri acetici, consente di trasformare l’alcol etilico (o etanolo) in acido acetico, con conseguente riduzione del pH e stabilizzazione del prodotto.
  • Fermentazione propionica. Effettuata dai batteri propionici, viene impiegata nella produzione e conservazione di formaggi particolari come groviera, emmenthal ecc., nei quali i gas prodotti dalla fermentazione provocano la tipica occhiatura (i buchi).

Mettiti alla prova

1. Individua i collegamenti tra i due gruppi di espressioni.


a. sterilizzazione

c. pastorizzazione

d. refrigerazione

e. congelamento


1. 0-4 °C

2. < 100 °C

3. < 120 °C

4. −18 °C


a.

b.

c.

d.

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............................

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2. Vero o falso?


1. Il sottovuoto favorisce la crescita dei microrganismi anaerobi.

  •   V       F   

2. I lieviti crescono bene a pH leggermente basico.

  •   V       F   

3. La refrigerazione svolge attività battericida.

  •   V       F   

4. Lo zucchero come conservante agisce sul pH dell’alimento.

  •   V       F   

5. I prodotti sott’aceto si conservano poiché possiedono basso pH.

  •   V       F   

6. Lo yogurt è il risultato di una fermentazione alcolica.

  •   V       F   

3. Completa la tabella.


Metodo

Funzionamento

Azione su microrganismi o enzimi

Shelf life ed eventuali trattamenti da accoppiare

refrigerazione

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surgelazione

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liofilizzazione

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sterilizzazione

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concentrazione

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atmosfera protettiva

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sott’olio

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