UDA 3 – ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE

Capitolo 3 – Il latte e i suoi derivati

1. Il latte

Il latte è il prodotto della secrezione mammaria di bovini o altri animali, ottenuto mediante mungitura, senza alcuna aggiunta o sottrazione. Con il termine latte ci si riferisce a quello di vacca, per cui se si tratta di altro animale deve essere specificato. Ogni giorno la vacca produce tra i 10 e i 50 litri. La quantità di latte prodotta da un animale dipende dalla razza ma anche dall’alimentazione.

Il latte di vacca contiene circa l’87% di acqua. Sono presenti lipidi, soprattutto trigliceridi, in quantità variabili. In base al contenuto di lipidi si distingue il latte intero, parzialmente scremato e scremato. Il latte di vacca contiene inoltre glucidi (in particolare lattosio), proteine ad alto valore biologico (caseine e sieroproteine), sali minerali (soprattutto calcio), vitamine e microrganismi (batteri, lieviti e muffe).

La digestione del latte è legata all’enzima lattasi. In alcuni individui l’enzima lattasi non funziona per cause genetiche (intolleranza al lattosio) o inutilizzo (se non si consumano per un lungo periodo latte e derivati l’enzima smette di funzionare).

Le linee guida per una sana alimentazione consigliano 3 porzioni di latte (o yogurt) al giorno per adulto.

2. Processo produttivo e risanamento del latte

Il latte subisce diversi trattamenti a seconda dell’uso a cui è destinato. 

Il latte crudo è sottoposto a un trattamento sotto 40 °C. Tuttavia, questo trattamento non garantisce la scomparsa di microrganismi endogeni, dovuti per esempio a una malattia dell’animale, o esogeni, che dipendono per esempio dalla scarsa igiene dell’impianto di mungitura. Per questo motivo se ne consiglia la bollitura

Il latte trattato a livello termico, refrigerato e confezionato è detto latte risanato

Dopo la mungitura il latte viene trasferito in cisterne a 4 °C a centrali del latte o aziende private, dove subisce:

  • controlli;

  • centrifugazione, per eliminare le impurità;

  • standardizzazione del tenore di grasso;

  • omogeneizzazione, al fine di renderlo più digeribile;

  • degasatura, per eliminare le bolle d’aria, che si effettua portando il latte sottovuoto;

  • risanamento, ossia trattamento termico ad alte temperature (pastorizzazione o sterilizzazione), che provoca trasformazioni chimiche come la reazione di Maillard del lattosio (che causa imbrunimento e odore di cotto) e la degradazione delle vitamine idrosolubili;

  • raffreddamento;

  • confezionamento ed etichettatura;

  • stoccaggio e distribuzione.

La pastorizzazione

Il trattamento di pastorizzazione più diffuso è il sistema HTST, in cui il latte viene riscaldato a circa 80 °C per circa 20 secondi tramite contatto con acqua surriscaldata. In seguito viene rapidamente raffreddato a 4 °C, confezionato e stoccato, sempre rispettando la catena del freddo. La pastorizzazione permette di sanificare il latte da microrganismi vivi, ma non assicura la distruzione di spore e virus.

Tramite pastorizzazione si possono ottenere vari tipi di latte:

  • latte fresco pastorizzato, sottoposto a trattamento entro 48 ore dalla mungitura; 
  • latte fresco pastorizzato di alta qualità, proveniente da allevamenti con standard elevati e che può essere quindi trattato a temperature leggermente inferiori, ma dura per pochi giorni; 
  • latte microfiltrato pastorizzato, che viene centrifugato per separare i lipidi (crema di latte), poi filtrato per eliminare i microrganismi, e infine le due parti vengono riunite e pastorizzate; 
  • latte pastorizzato ad alta temperatura, che può essere conservato fino a un mese in condizioni refrigerate.

La sterilizzazione

Con questo processo si tratta il latte a temperature superiori a 100 °C, così da eliminare tutti i microrganismi e le spore. Si perdono però anche caratteristiche sensoriali e nutrizionali.

Esistono due metodi. La sterilizzazione classica (ormai in disuso), in cui viene scaldato il latte già imbottigliato (più di 120 °C per circa 20 minuti), permette di conservare il latte per 3 mesi; la sterilizzazione UHT, in cui il latte viene prima scaldato (ad almeno 135 °C per 3-5 secondi) e successivamente raffreddato e confezionato, grazie alla quale il latte può essere conservato a temperatura ambiente fino a 6 mesi.

3. I latti speciali

Oltre alle tipologie di latte già descritte, esistono i latti speciali, cioè latti con caratteristiche nutrizionali utili per esigenze particolari. Ne fanno parte i latti arricchiti (con vitamine, omega-3 ecc.), il latte desodato (con poco sale), il latte aromatizzato (con caffè, cacao ecc.), il latte delattosato (con poco lattosio) e il latte per lattanti e di proseguimento.

Il latte parzialmente disidratato o concentrato è stato sottoposto a evaporazione e ha quindi perso il 75% di acqua. Se viene aggiunto lo zucchero si parla di latte condensato, altrimenti latte evaporato. Il latte totalmente disidratato o in polvere è stato liofilizzato (cioè è stato eliminato almeno il 95% dell’acqua) e viene usato soprattutto per i prodotti dell’infanzia.

4. Lo yogurt e i latti fermentati

I latti fermentati nascono da fermentazioni spontanee dovute ai microrganismi presenti nella materia prima o nell’ambiente. Se la fermentazione è condotta da batteri lattici selezionati il latte è accettabile dal punto di vista igienico-sanitario. Il prodotto più comune della fermentazione del latte è lo yogurt. Altri latti fermentati sono il kefir, bevanda del Caucaso, il koumiss, dal latte di cavalla, e lo yakult, bevanda giapponese ottenuta dal latte trattato con glucosio.

Lo yogurt è il prodotto ottenuto dalla fermentazione del latte a opera dei batteri che trasformano parte del lattosio in acido lattico. In tal modo il pH viene ridotto, le caseine si coagulano e il latte si addensa allo stato semisolido. Le due specie di batteri rimangono vive all’interno del prodotto finito, per cui si parla di fermenti lattici vivi. La shelf life dello yogurt è di 30-40 giorni. Dal punto di vista nutrizionale, lo yogurt ha caratteristiche simili al latte, ma risulta più digeribile a causa di vari fattori, tra cui il minor contenuto di lattosio. Tuttavia, essendo più concentrato del latte, proteine e grassi sono presenti in quantità maggiori.

Il processo produttivo

Il processo di produzione dello yogurt inizia con i controlli igienico-sanitari del latte e la filtrazione, per eliminarne le impurità. Segue la standardizzazione del grasso al tenore desiderato (da cui dipende la dicitura intero, parzialmente scremato o magro), e l’omogeneizzazione per ridurre le dimensioni dei globuli di grasso. In seguito subisce la pastorizzazione, per ridurre la carica batterica, e la fermentazione.

Quando la fermentazione avviene direttamente nei vasetti finali si ottiene lo yogurt a coagulo intero (o compatto), altrimenti, se avviene in cisterne d’acciaio, lo yogurt a coagulo omogeneo (o cremoso). Allo yogurt possono essere aggiunti massimo il 30% di altre sostanze come zucchero, frutta o aromi.

Lo yogurt probiotico, prebiotico e simbiotico

Una volta ingeriti, i microrganismi dello yogurt vengono distrutti nel tubo digerente. 

Lo yogurt probiotico contiene altri batteri che sopravvivono e si uniscono alla popolazione microbica dell’intestino, con effetti benefici come la produzione di vitamine, la regolazione dell’intestino e la protezione dalle infezioni. 

Lo yogurt prebiotico contiene oligosaccaridi, come l’inulina, che l’uomo non riesce a digerire e possono quindi essere nutrimento per la popolazione microbica intestinale. Quando allo yogurt vengono aggiunti sia batteri probiotici che prebiotici si parla di yogurt simbiotico.

5. Il formaggio

Il formaggio è il prodotto ottenuto dal latte per coagulazione presamica (grazie all’uso del caglio) o coagulazione acida (grazie all’uso di acidi o batteri). Quando si parla di formaggio ci si riferisce ai derivati di latte vaccino, per cui se si tratta di altro animale deve essere specificato. 

Il formaggio contiene in misura più concentrata gli stessi nutrienti del latte. In base al tipo di formaggio varia la quantità di proteine ad alto valore biologico (i formaggi stagionati ne contengono di più) e di lipidi (più bassa per esempio nella Mozzarella). È inoltre ricco di calcio e fosforo. Se ne consiglia una porzione non più di 3 volte a settimana.

Il processo produttivo

La produzione del formaggio è detta caseificazione e comprende alcune fasi comuni a tutti i formaggi e alcune fasi specifiche per i differenti prodotti.

1. Preparazione del latte. Il latte viene filtrato, subisce la standardizzazione del grasso ed eventualmente la pastorizzazione (obbligatoria solo nei formaggi freschi).

2. Trasferimento in caldaia. Il latte viene trasferito in caldaie in cui avviene la caseificazione. In questa fase vengono aggiunti i batteri lattici, che impediscono lo sviluppo di microrganismi alteranti e contribuiscono a formare i composti che danno l’aroma al formaggio.

3. Coagulazione. Il latte viene trasformato in un composto solido (cagliata), separato dal liquido (siero). La cagliata si può ottenere:

  • tramite coagulazione presamica, in cui viene utilizzato il caglio (prodotto ricavato dal quarto stomaco di un ruminante da latte, oppure nel caso del caglio vegetale da piante come il fico) che contiene la rennina, enzima capace di far coagulare le proteine;

  • tramite coagulazione acida, tipica di alcuni formaggi freschi, in cui acidi a uso alimentare come l’acido citrico o colture di batteri lattici riducono il pH.

4. Rottura e cottura della cagliata. La cagliata contiene siero che deve essere eliminato, per cui viene ridotta finemente e sottoposta a cottura.

5. Estrazione, pressatura e salatura. La cagliata viene posizionata in stampi (fascere) di cui prenderà la forma. In questa fase, tramite pressatura, viene eliminato l’ultimo siero in eccesso (processo detto sineresi). Il formaggio viene poi sottoposto a salatura, a secco o per via umida (mediante salamoia), che ne aumenta la conservabilità. Il processo viene ripetuto regolarmente anche fino a un mese.

6. Stagionatura o maturazione. Questa fase non si applica ai formaggi freschi. Avviene in locali a temperatura e umidità controllate e può durare anche anni. In questa fase la perdita di acqua porta alla formazione della crosta, i batteri lattici fermentando producono acido lattico, che preserva le caratteristiche igienico-sanitarie del prodotto, e avviene l’idrolisi dei lipidi e delle proteine.

Classificazione del formaggio

I formaggi si distinguono:

  • in base al tipo di latte, in formaggi vaccini, pecorini, caprini, bufalini e misti (ottenuti miscelando diversi tipi di latte);

  • in base al contenuto lipidico, in formaggi magri (meno del 20%) come lo Stracchino, semigrassi (20-42%) come l’Asiago, e grassi (più del 42%) come vari Pecorini;

  • in base alla temperatura di cottura, in formaggi a pasta cruda (sotto 38 °C) come il Gorgonzola, a pasta semicotta (38-48 °C) come la Fontina, a pasta cotta (sopra 48 °C) come il Parmigiano Reggiano, a pasta filata (a 80-90 °C) come la Mozzarella;

  • in base alla consistenza della pasta, in formaggi a pasta molle (acqua oltre il 50%) come la Robiola, a pasta semidura (intorno al 40%) come l’Asiago, e a pasta dura (sotto il 40%) come il Parmigiano Reggiano;

  • in base al tempo di maturazione, in formaggi freschissimi (maturati per 2-3 giorni) come il Mascarpone, a maturazione rapida (meno di 30 giorni) come la Crescenza, a maturazione media (1-6 mesi) come il Gorgonzola, e a maturazione lenta (sopra i 6 mesi) come l’Emmenthal.

Formaggi particolari

Alcuni formaggi sono realizzati con tecniche specifiche o materie prime particolari:

  • formaggi fusi, come formaggini e fette di formaggio, ottenuti dalla fusione di formaggi non adatti per il loro aspetto al commercio, a cui vengono aggiunti additivi, coloranti e conservanti;

  • formaggi erborinati, come il Gorgonzola, prodotti aggiungendo ai batteri lattici spore di muffe selezionate e favorendo con dei fori l’ingresso dell’aria per farle sviluppare;

  • formaggi a pasta filata, come il Provolone, ottenuti dalla filatura della cagliata a circa 90 °C;

  • mascarpone, ottenuto dalla coagulazione acida della crema di latte;

  • ricotta, che si ottiene dal siero e perciò non è un formaggio vero e proprio.

I difetti dei formaggi e le frodi alimentari

I difetti più comuni possono riguardare la crosta, la struttura della pasta e l’aroma o il sapore. Questi difetti sono in genere dovuti a microrganismi alteranti che derivano da errori nella produzione o da uno scarso livello di igiene.

Alcuni difetti sono voluti. Un esempio è l’occhiatura, ossia la presenza di buchi nella pasta, causati dallo sviluppo di gas. Questo processo è voluto in formaggi come l’Emmenthal.

Esistono vari tipi di frodi: il latte utilizzato può essere di una tipologia diversa da quella dichiarata, i prodotti a marchio di qualità possono avere il marchio contraffatto oppure il formaggio può essere prodotto con latte non fresco.

L’etichetta del formaggio

Mettiti alla prova

1. Leggi il testo, individua i 3 errori e correggili.


a. Il latte contiene acqua, lipidi e proteine a medio valore biologico.

b. Il latte è sottoposto a processi di risanamento per ridurre i tempi di conservazione. Il processo di pastorizzazione consente di eliminare sia i microrganismi sia le spore.

2. Individua i collegamenti tra i due gruppi di espressioni.


a. latte

b. yogurt

c. formaggio


1. HTST

2. stagionatura

3. fermentazione


a.

b.

c.

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............................

............................

3. Vero o falso?


a. Quando si parla di latte si intende il prodotto ottenuto dalla mungitura di qualunque mammifero.

  •   V       F   

b. La pastorizzazione elimina le spore dei microrganismi.

  •   V       F   

c. Lo yogurt è ottenuto per coagulazione dei lipidi.

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d. Il caglio provoca la coagulazione delle proteine del latte.

  •   V       F   

e. I formaggi magri contengono una quantità di lipidi inferiore al 42%.

  •   V       F   

f. I formaggi fusi sono ottenuti partendo spesso da formaggi difettosi.

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