UDA 4 – Grassi, dolci e alimenti accessori

Capitolo 1 – Oli e grassi

1. I lipidi alimentari

I lipidi alimentari possono avere origine vegetale (come l’olio di oliva) oppure origine animale (come il burro). Dal punto di vista chimico sono costituiti soprattutto da trigliceridi

In base al loro punto di fusione, possono essere classificati in oli, liquidi a temperatura ambiente, e grassi, solidi a temperatura ambiente. La differenza dipende dal tipo di acidi grassi che compongono i trigliceridi: gli oli contengono soprattutto acidi grassi insaturi, invece i grassi contengono prevalentemente acidi grassi saturi.

2. L’olio di oliva

L’Italia è tra i maggiori produttori al mondo di olio di oliva, insieme a Spagna e Grecia. L’oliva è il frutto della pianta di olivo, che appartiene alla famiglia delle Oleacee. L’oliva è una drupa formata da:

  • buccia o epicarpo, lo strato esterno di protezione;

  • polpa o mesocarpo, ricca di olio e acqua;

  • nocciolo o endocarpo, involucro legnoso che racchiude il seme.

L’oliva è composta in gran parte da acqua (40-70%) e lipidi (6-25%), che si trovano soprattutto nel mesocarpo.

3. Il processo produttivo dell’olio extravergine di oliva

La raccolta delle olive

Il processo produttivo dell’olio inizia con la raccolta delle olive, quando iniziano a maturare (invaiatura) in ottobre e novembre. La raccolta può avvenire in diversi modi:

  • raccolta manuale o brucatura, un metodo che non danneggia il frutto ma è molto costoso;

  • abbacchiatura, in cui i rami vengono battuti con bastoni, per far cadere a terra i frutti;

  • raccattatura, da cui si produce un olio più scarso, perché le olive cadono da sole sui teli e possono danneggiarsi;

  • raccolta meccanica, il metodo più diffuso perché ha costi e tempi ridotti, che si fa con macchinari che scuotono il tronco dell’olivo.

L’estrazione dell’olio di oliva

1. Fasi preliminari. Le olive appena raccolte devono essere velocemente portate al frantoio per essere lavorate, in modo che non sviluppino microrganismi. Vengono eliminati i residui di terriccio, ramoscelli e altre sostanze estranee, e le olive vengono lavate.

2. Frangitura (o molitura). Le olive vengono frantumate in modo che si formi una pasta di olive, composta da acqua e olio.

3. Gramolatura. Nelle macchine gramolatrici la pasta di olive viene rimescolata per circa 30 minuti, in modo che le particelle delle acque di vegetazione si separino da quelle di olio.

4. Estrazione dell’olio. Il mosto oleoso (olio e acque di vegetazione) si separa dalla parte solida (sansa), formata da noccioli frantumati e bucce. L’estrazione può essere effettuata in due modi:

  • mediante spremitura, in cui la pasta di olive viene pressata con dei macchinari, in modo che fuoriesca il mosto oleoso. Il metodo è discontinuo dato che dopo ogni estrazione si rimuovono le sanse. Dalla prima spremitura si ottiene l’olio extravergine di oliva, mentre dalla seconda si ottiene l’olio di oliva vergine;

  • mediante centrifugazione, in cui la pasta di olive, diluita con acqua, viene separata nelle sue componenti da una centrifuga. È un metodo economico perché permette una lavorazione continua.

5. Centrifugazione. L’olio estratto viene subito separato tramite centrifuga dalle acque di vegetazione per evitare che irrancidisca.

6. Chiarificazione e filtrazione. I residui di polpa si depositano sul fondo (sedimentazione) oppure vengono filtrati con dei teli.

7. Conservazione e maturazione. L’olio viene lasciato maturare in cisterne e si separa dal residuo solido (morchia).

8. Imbottigliamento. Viene effettuato in bottiglie di vetro scuro, per proteggere l’olio dalle radiazioni solari.

Le operazioni di rettifica

Alcuni oli di oliva non sono commestibili, come l’olio lampante, che proviene da olive di scarsa qualità e che in passato era usato come combustibile per le lampade. Per essere resi commestibili questi oli devono essere rettificati o raffinati. Il processo è diviso in:

  • depurazione, per eliminare le particelle più grosse mediante centrifugazione o filtrazione;

  • demucillaginazione, per rimuovere sostanze come mucillagini che trattengono l’acqua;

  • deacidificazione;

  • decolorazione;

  • deodorazione;

  • demargarinazione o winterizzazione, in cui vengono allontanati i trigliceridi saturi (possibile causa di intorbidimenti), raffreddando e poi filtrando l’olio;

  • miscelazione, con olio vergine di oliva.

4. La classificazione degli oli di oliva

La classificazione degli oli di oliva dipende dal metodo di estrazione, da parametri chimici e da parametri sensoriali. Si basa sull’acidità libera espressa come percentuale di acido oleico

Di solito oli con acidità oltre i limiti di legge derivano da olive che hanno subito infestazioni in campo da parassiti, lesioni durante il processo produttivo o una temperatura troppo alta nella gramolatura.

Gli oli di oliva vergini sono ottenuti solo con metodi meccanici o fisici e non hanno subito trattamenti diversi da lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione. Tra questi si distinguono:

  • l’olio extravergine di oliva o olio EVO (acidità sotto 0,8%), privo di difetti;

  • l’olio vergine di oliva (acidità sotto il 2%);

  • l’olio di oliva vergine lampante (acidità sotto l’1%), che proviene da olive di scarsa qualità e ha difetti evidenti, per cui deve essere sottoposto a rettifica per essere consumato.

Denominazione Acidità libera
(% acido
oleico)
Caratteristiche
Olio extravergine di oliva (EVO) ≤ 0,8% Estrazione con processi fisico-meccanici delle olive; privo di difetti
Olio di oliva vergine < 2% Estrazione con processi fisico-meccanici delle olive; presenza di qualche difetto
Olio di oliva < 1% Olio raffinato addizionato con oli di oliva vergini.
Olio di sansa di oliva < 1% Olio di sansa di oliva raffinato addizionato con oli di oliva vergini.


Dalla rettifica dell’olio lampante si ottiene l’olio raffinato, che può essere mescolato con un altro olio di oliva vergine ed essere venduto come olio di oliva

Dalla sansa si può ottenere attraverso solventi organici un olio che, una volta rettificato e miscelato con olio di oliva vergine, può entrare in commercio come olio di sansa di oliva.

L’etichettatura dell’olio e le frodi commerciali

Gli oli di oliva vanno sempre confezionati. L’etichetta deve riportare informazioni come l’origine. 

Le frodi nel settore dell’olio puntano a modificare le sue caratteristiche, spesso per venderlo come categoria superiore. I principali tipi di frodi sono adulterazioni (per esempio un olio rettificato venduto come olio EVO), sofisticazioni (per esempio con l’aggiunta di coloranti come la clorofilla) e contraffazioni (come nel caso della vendita di un olio diverso da quanto dichiarato in etichetta).

5. Composizione chimica e valore nutritivo dell’olio di oliva

La composizione chimica di un olio dipende da molti fattori come il territorio e il metodo di produzione. L’olio di oliva è composto da:

  • una frazione saponificabile (98-99%), soluzione formata da trigliceridi (per il 75-80% acido oleico, ossia acidi grassi monoinsaturi);

  • una frazione insaponificabile (1-2%), soluzione che può comprendere idrocarburi, polifenoli e pigmenti.

L’olio è un alimento altamente energetico. Secondo le linee guida per una sana alimentazione, il suo consumo giornaliero per un adulto non dovrebbe superare 3 cucchiai.

La dieta mediterranea indica l’olio come principale grasso da condimento, in quanto facilmente digeribile e ricco di vitamina E. L’acido oleico aiuta a prevenire malattie cardiovascolari, in quanto riduce il colesterolo cattivo (lipoproteine LDL). Allo stesso tempo aumenta il colesterolo buono (HDL).

6. Gli oli di semi

L’olio di semi è il prodotto estratto da semi o frutti oleosi di:

  • piante (come arachide o girasole);

  • sottoprodotti di altre lavorazioni (come vinaccioli e germe di mais).

La specie del seme deve essere riportata in etichetta.

Prima di entrare in commercio l’olio di semi deve essere rettificato.

Il processo di produzione

Il processo di produzione si divide in fasi:

  • pulitura dei semi per eliminare impurità come residui di terra;

  • decorticazione, in cui vengono eliminate le parti più esterne del seme;

  • molitura, in cui il seme viene frantumato per far uscire velocemente l’olio;

  • riscaldamento e condizionamento, per far uscire l’olio residuo;

  • estrazione, tramite spremitura totale (nei semi con più del 20% di materia grassa) o parziale, seguita da miscelazione con un solvente come l’esano;

  • filtrazione, in cui la miscela viene chiarificata;

  • distillazione, in cui si separa il solvente dall’olio;

  • rettificazione, uguale alla rettifica dell’olio di oliva, per rimuovere composti indesiderabili.

I principali oli di semi in commercio

  • Olio di arachide. Adatto sia alla frittura sia a un uso a crudo poiché contiene gli acidi oleico, in quantità simili all’olio di oliva (35-70%), e linoleico, (13-45%). Inoltre è l’unico a contenere l’acido arachico e lignocerico.

  • Olio di colza. Contiene acido erucico (25-52%), che risulta tossico se assunto in grandi quantità, per cui viene usato in miscela con altri oli. È stata ottenuta anche una varietà senza acido erucico detta canola.

  • Olio di girasole. Contiene acido oleico (20%), acido linoleico (70%) e grassi saturi (10%). L’olio di girasole alto-oleico, ottenuto da una selezione, è invece adatto alle alte temperature.

  • Olio di mais. Si ottiene dal germe ed è composto da acidi linoleico (34-62%), oleico (19-50%) e palmitico (10-20%).

  • Olio di soia. È inadatto alla cottura, ma spesso utilizzato per produrre margarine, poiché contiene il 48-58% di acido linoleico, il 20-30% di oleico e il 5-10% di linolenico, ed è ricco di steroli. In seguito alla raffinazione si recupera la lecitina, importante contro le malattie cardiovascolari.

  • Olio di vinaccioli (semi di uva, separati nella vinificazione). Può essere usato solo a crudo, come condimento, perché contiene 60-75% di acido linoleico, 15-20% di oleico e 10-15% di steroli.

  • Olio di riso. Contiene acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, e gamma-orizanolo, utile contro il colesterolo, che andrebbe però assunto in dosi così grandi da rendere nulli i benefici.

  • Olio di cocco (dalla pressatura della noce). Usato sia nella cosmesi sia nell’industria alimentare per la sua resistenza alle alte temperature, contiene grassi saturi (circa 90%, soprattutto acido laurico).

  • Olio di palma (estratto dalla polpa dei frutti spremuti e cotti). Contiene carotenoidi (che perde dopo la raffinazione), vitamina A ed E, e acido palmitico (48%).

  • Olio di palmisti (dai semi della palma essiccati, macinati e filtrati). È usato nell’industria dolciaria per glasse e farciture. Contiene quasi il doppio di grassi saturi rispetto all’olio di palma (82%).

Gli oli di semi vari derivano dalla miscela di diversi oli, in percentuali che non devono per forza essere indicate. Gli oli per friggere (come l’olio di girasole con aggiunta di girasole alto-oleico e/o arachide) sono in grado di sopportare le alte temperature della frittura. È possibile anche produrre oli addizionati di vitamine, da consumare a crudo.

Il valore nutritivo degli oli di semi

Gli oli di semi sono ricchi di lipidi (98-99%), pertanto sono alimenti energetici. Gli oli estratti in modo meccanico contengono vitamine e sali minerali, poiché non sono impoveriti di micronutrienti dai processi di rettifica. Gli oli di semi contengono acidi grassi mono e polinsaturi. Se consumati a crudo, abbassano il colesterolo (attività ipocolesterolemizzante). Gli acidi grassi insaturi però li rendono instabili al calore, alla luce e all’ossigeno.

Gli oli di provenienza tropicale sono detti anche grassi perché a temperatura ambiente sono solidi o semisolidi. Contengono molti acidi grassi saturi a catena media (come l’acido laurico) e a catena lunga (come l’acido palmitico), che sono causa di malattie cardiovascolari. Sono oli stabili alla cottura e alla frittura, perché contengono pochi acidi grassi polinsaturi. Grazie anche al basso costo di produzione, sono molto diffusi.

L’etichettatura degli oli di semi

Per legge gli oli di semi devono rispettare alcuni parametri, da riportare in etichetta, come la soglia dello 0,5% di acidità libera e l’assenza di olio di oliva dalla miscela.

Un prodotto alimentare deve riportare per legge gli oli impiegati.

7. I grassi idrogenati e la margarina

Gli acidi grassi hanno una struttura chimica costituita da catene di carbonio legate ad atomi di idrogeno a cui si aggiungono alle estremità delle catene altri composti.

Gli acidi grassi insaturi hanno dei carboni a cui mancano uno o più atomi di idrogeno. Gli atomi di idrogeno presenti possono disporsi in due modi: in una configurazione cis o una configurazione trans.

La presenza di acidi grassi saturi rende i grassi solidi a temperatura ambiente e ne aumenta il punto di fusione.

Gli oli di scarsa qualità possono essere trasformati in grassi attraverso tre processi di trasformazione da liquido a solido.

  • Nell’idrogenazione vengono aggiunti ioni idrogeno in presenza di nichel come catalizzatore. A seconda delle temperature, il processo può far ricomparire legami insaturi, spesso di tipo trans. La presenza di molecole trans causa l’aumento di patologie cardiovascolari (ipercolesterolemia).

  • Con il frazionamento nella materia grassa viene separata la parte liquida da quella solida. La parte liquida contiene acidi grassi mono e polinsaturi, mentre quella solida contiene acidi grassi saturi. Questo processo viene usato per separare oli solidi a temperatura ambiente (stearine o burri), usati per produrre margarine, dagli oli fluidi (oleine), usati per cottura e frittura.

  • Nell’interesterificazione gli acidi grassi vengono ridistribuiti nei trigliceridi in proporzioni diverse da quelle originarie. Si possono utilizzare catalizzatori chimici, che portano a una riorganizzazione casuale, o enzimi, che portano alla riorganizzazione in posizioni precise. Questo processo migliora l’omogeneità e la pastosità del prodotto.

La margarina

La margarina è un’emulsione di acqua in grasso, ottenuta attraverso l’idrogenazione. Dal grado di idrogenazione dei grassi dipende la consistenza e di conseguenza l’uso che ne viene fatto. La margarina può essere monoseme, se prodotta da un unico tipo di olio, o poliseme, se gli oli utilizzati sono di tipo diverso. In campo industriale può essere anche mista, cioè ottenuta da grassi di origine animale e vegetale. La classificazione merceologica distingue:

  • margarina da tavola: per uso domestico (confezioni di 250 g massimo);

  • margarina industriale: impiegata in pasticceria.

Esistono anche margarine prodotte per esterificazione e margarine speciali con pochi grassi. Possono essere aggiunti additivi. Il valore calorico della margarina è simile a quello del burro anche se non contiene colesterolo.

8. La crema di latte

La crema di latte o panna è il prodotto che si ottiene dalla separazione del grasso del latte per affioramento o centrifugazione. La quantità di grasso deve essere per legge maggiore del 10%. Si distinguono:

  • crema di affioramento (detta anche crema acida, a causa dello sviluppo di batteri lattici), ottenuta lasciando riposare il latte, così che i globuli di grasso risalgano in superficie;

  • crema di centrifuga, crema dolce ottenuta tramite centrifughe;

In base alla quantità di grasso in commercio si distinguono:

  • crema o panna da caffetteria (minimo il 10%);

  • crema o panna da cucina (minimo il 20%);

  • crema o panna da montare o per pasticceria (almeno il 30%);

  • panna doppia (almeno il 48%);

  • panna spray, di solito costituita dall’80% di panna, con zuccheri, latte, stabilizzanti e aromi.

La panna è un alimento energetico data l’alta percentuale di grassi (10-15%). È ricca di acidi grassi saturi e colesterolo, per cui si consiglia un impiego moderato.

9. Il burro

Il burro è il prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte o dal siero del latte. Nel suo processo produttivo si passa da un’emulsione di grasso in acqua a un’emulsione di acqua in grasso. Esistono due metodi: discontinuo, seguito da piccole-medie aziende, e continuo, usato su larga scala e con rese maggiori. Partendo dalla crema di latte, il processo produttivo del burro prevede:

  • pastorizzazione, per eliminare eventuali batteri ed enzimi dalla crema di latte;

  • cristallizzazione, ovvero un rapido raffreddamento;

  • aggiunta di colture batteriche;

  • maturazione, in cui i batteri avviano la fermentazione del lattosio;

  • zangolatura, in cui la crema viene sbattuta per rompere e far aggregare i globuli di grasso in una fase lipidica continua (burro) in cui è dispersa l’acqua (latticello);

  • lavaggio, in cui viene aggiunta acqua per lavare il burro;

  • impastamento, formatura e confezionamento, in cui vengono eliminati latticello e microrganismi, per poi dividere e confezionare il prodotto.

Il burro è un alimento energetico, ricco di acidi grassi a catena corta e vitamine liposolubili. È consigliata un’assunzione moderata e a crudo.

10. Altri grassi di origine animale

Gli altri grassi di origine animale, ottenuti soprattutto da suini, sono sempre meno impiegati in cucina. Non se ne deve abusare dato il contenuto di grassi saturi (50%) e colesterolo. I più comuni sono:

  • il lardo, grasso del maiale, salato, aromatizzato e stagionato;

  • lo strutto, ottenuto dalla fusione dei grassi del maiale, usato per frittura e prodotti da forno, perché dà croccantezza;

  • il sego, ottenuto dal grasso di equini, ovini e bovini, simile allo strutto, ma con più acidi grassi saturi.

11. Conservazione e cottura dei grassi alimentari

Grassi e oli devono essere conservati evitando di esporli a ossigeno, luce, raggi UV e umidità.

I grassi vengono solitamente usati per la frittura, totale o parziale (per i soffritti). È bene conoscere il punto di fumo dei vari prodotti, cioè la temperatura massima che possono raggiungere prima di iniziare a bruciare e decomporsi. Il fumo è dovuto all’acroleina, sostanza tossica che deriva dal glicerolo. Il punto di fumo dipende dalla composizione chimica del grasso, dalla modalità di conservazione, dalla presenza di acqua e sale e dalla durata del riscaldamento del prodotto.

A causa delle alte temperature i lipidi possono inoltre subire l’irrancidimento ossidativo, dovuto alla formazione di acidi grassi liberi, e la polimerizzazione, che rende i grassi viscosi, più scuri e meno digeribili.

I grassi più adatti alla frittura contengono più acidi grassi saturi e monoinsaturi (come l’olio EVO).

Mettiti alla prova

1. Vero o falso?


a. La gramolatura consente di separare l’olio dalle acque di vegetazione.

  •   V       F   

b. Nell’olio EVO è presente prevalentemente acido oleico.

  •   V       F   

c. La raccolta meccanica permette di ottenere un olio di qualità superiore.

  •   V       F   

d. L’olio di oliva si ottiene per miscelazione di olio di sansa con olio EVO.

  •   V       F   

f. L’olio di palma ha un alto contenuto di acidi grassi saturi.

  •   V       F   

g. La margarina è un’emulsione di acqua in grasso prodotta per frazionamento.

  •   V       F   

h. Gli oli più indicati per friggere sono l’olio di oliva e l’olio di arachidi.

  •   V       F   

2. Per ciascun tipo di olio di oliva indica il corretto valore di acidità in percentuale di acido oleico.


a. olio EVO: .........................................................

b. olio di oliva vergine: .........................................................

c. olio di sansa di oliva: .........................................................

3. Completa la tabella.


Molecola

Grasso / olio in cui si trova

acido oleico

.........................................................................................................................................

acido linolenico

.........................................................................................................................................

acido erucico

.........................................................................................................................................