Nel contesto delle attività umane sono presenti : da quelle più astratte, come le espressioni artistiche (musica, teatro, cinema, danza, arti figurative, letteratura ecc.), alle comunicazioni visive più dirette ed esplicite (segnali stradali, cartelloni pubblicitari), dagli articoli scientifici ai cartoni animati, passando per i social network. Ciò significa che siamo quotidianamente immersi in un di scambi comunicativi, tanto che la comunicazione è considerata lo e il suo . Si ritiene infatti che il bambino cominci a percepire sé stesso durante i primi scambi comunicativi con la madre. La comunicazione interpersonale, in particolare i rimandi ricevuti dagli altri, chiamati feedback, facilitano il riconoscimento di sé e modellano la . una madre che comprende le emozioni del figlio e si mostra empatica favorisce in lui lo sviluppo della consapevolezza dei propri stati d’animo e la fiducia nel poter essere capito dagli altri. Allo stesso modo, un bambino che si sente ripetere continuamente che è imbranato, che non è capace e non sa fare niente, crescerà insicuro e con scarsa stima di sé. Tutte le relazioni sociali si basano sulle interazioni comunicative fra le persone. La e la sono e interdipendenti. Se la prima riguarda la padronanza del codice linguistico a livello sintattico e semantico, la seconda coinvolge molti più fattori, come il saper riconoscere le norme del contesto che regolano le interazioni e, a livello più profondo, la conoscenza di sé e dell’altro. La competenza comunicativa è ciò che consente di , cioè di saper esprimere le proprie intenzioni e interpretare correttamente quelle altrui. diverse forme di comunicazione flusso continuo sfondo dell’esperienza umana fondamento formazione dell’individuo ESEMPIO: competenza linguistica competenza comunicativa abilità distinte usare in maniera efficace la lingua APPROFONDIAMO - LA COMUNICAZIONE NON VERBALE I comportamenti che solitamente sono considerati parte della comunicazione non verbale possono essere semplificati in quattro categorie: • i segnali paralinguistici e prosodici: la qualità della voce, il volume e le vocalizzazioni, ovvero pause, colpi di tosse, riso, pianto, sospiri, emissioni di suoni come «uh» o «ehm»; • le espressioni del volto, o mimica facciale: movimenti dei muscoli facciali che veicolano significati affettivi, emozioni e atteggiamenti, come per esempio lo sguardo; • il comportamento spaziale: i gesti, la postura e la posizione del corpo, la distanza tra i parlanti (studiata dalla prossemica) e la presenza o meno di contatto fisico; • l’aspetto o l’immagine esteriore: l’abbigliamento, l’acconciatura, il trucco, gli artefatti che decorano il corpo. La comunicazione a livello non verbale è in parte universale e in parte determinata da fattori culturali. Per esempio, le espressioni del volto che comunicano le emozioni di base (felicità, sorpresa, tristezza, paura, disgusto e rabbia) sono identiche e riconoscibili in tutto il mondo, mentre quando e come sia lecito esibire un’emozione dipende da norme sociali che variano all’interno di diverse culture. Lo stesso vale per il contatto fisico e la distanza. In generale la vicinanza aumenta al crescere del grado di intimità esistente tra gli interlocutori, ma quella che viene considerata la distanza ottimale durante la comunicazione è molto diversa a seconda della cultura di appartenenza. Secondo l’antropologo e studioso di prossemica Edward Hall (1914-2009) ogni individuo percepisce quattro zone di distanza progressiva tra sé stesso e gli altri: la zona intima, alla quale sono ammesse solo le persone con cui si ha un legame stretto; la zona personale, nella quale si trova di norma un interlocutore qualsiasi (a circa un metro, un metro e mezzo); la zona sociale, quella che occupa un gruppo di persone che comunicano tra loro; e la zona pubblica, che separa un oratore dal suo pubblico. Le zone di distanza secondo la prossemica di Edward Hall.