AL CUORE DELL’ARTE
Tra le principali sfere di attività degli artisti greci, un ruolo di primo ordine ebbe la scultura a tutto tondo: la perdita delle opere in bronzo obbliga a focalizzarci sulle sculture in pietra, i cui soggetti, già a partire dal VII secolo a.C., si concentrano sempre più sulla figura umana. Il materiale utilizzato è soprattutto il marmo delle Cicladi, in particolare di Nasso e di Paro, a conferma dell’importante ruolo svolto dalle isole, al centro delle rotte commerciali con l’Oriente, per la nascita della scultura greca. Le statue, perlopiù di fanciulli e fanciulle, erano presenti soprattutto all’interno di santuari come opere votive e in ambito funerario come segnacoli delle tombe.
Koúroi e kórai
La centralità della figura umana, sempre più rilevante a partire dal VI secolo a.C., è testimoniata dai tipi statuari più diffusi, che rappresentano giovani uomini (koúroi) e donne (kórai), come esempio dei valori civici e religiosi della società aristocratica. Le statue sono stanti e presentano i caratteri stilistici tipici dell’età arcaica: i grandi occhi dalla forma a mandorla, le acconciature a treccine che tradiscono ancora i modelli orientali e il cosiddetto sorriso arcaico, che accentuava la profondità dei volti.
Il koúros (in greco “giovane”) è rappresentato in una nudità “eroica”, cioè con il corpo nudo che trasmette un’idea di forza e virilità, in contrasto con le elaborate acconciature che ricadono sulle spalle. Le braccia sono abbassate lungo i fianchi e solo il leggero avanzamento di una delle gambe conferisce alla figura un accenno di movimento.
La kóre (“giovane donna”) è invece interamente coperta, impreziosita da delicate vesti, ricchi gioielli e, anche in questo caso, acconciature raffinate; lo schema mostra solitamente un braccio lungo il corpo e l’altro proteso in avanti in atto di recare un’offerta.
La statuaria dorica e ionica
Dall’analisi dei tipi statuari sono state distinte tre principali correnti artistiche relative alle varie zone di influenza greca: dorica (o peloponnesiaca), ionica e attica.
Kleobi e Bitone
La corrente dorica si sviluppa nel corso del VII secolo a.C. nel Peloponneso e, come in ambito architettonico, è distinta da proporzioni massicce e una struttura anatomica rigida e ben definita. Due sculture di gemelli in nudità eroica (54), rinvenute nel santuario di Delfi e risalenti al 590 a.C. circa, costituiscono gli esempi più noti di questa corrente stilistica.
Si tratta probabilmente della rappresentazione di due mitici fratelli di Argo, Kleobi e Bitone, che, in mancanza dei buoi, trainarono essi stessi il carro dove viaggiava la madre, sacerdotessa di Hera, fino al tempio dove doveva celebrarne la festa: per la loro devozione filiale ottennero dalla dea il dono di addormentarsi in un sonno perpetuo risparmiando loro vecchiaia e morte.
Le due sculture di grandi dimensioni si elevano su plinti quadrangolari, di cui uno conserva fortunatamente l’iscrizione del nome dell’artista che ha realizzato le opere, Polymédes di Argo. Le statue, caratterizzate da forme muscolose e pesanti, mantengono alcuni tratti dello stile dedalico, come il volto di forma triangolare, le trecce dei capelli e le notazioni anatomiche eseguite con semplici incisioni, che mostrano ancora una rigida impostazione geometrica. Alla stessa rigidità geometrica vanno ricondotte le linee guida verticali che al centro del busto e sugli stinchi dimostrano la disposizione rigorosamente simmetrica delle varie parti del corpo.
