La statuaria attica

A partire dal VI secolo a.C., Atene e la regione dell’Attica assumono gradualmente maggiore importanza nel panorama delle póleis greche, un ruolo di preminenza politica e commerciale che si riflette anche in una particolare vitalità artistica, che nella scultura trova un’importante forma di espressione.
La scultura attica può essere intesa come una sintesi tra le due correnti precedenti, in cui la marcata volumetria delle forme doriche incontra l’eleganza delle linee ioniche, dando vita così a opere particolarmente equilibrate da un punto di vista proporzionale e formale.

La colmata persiana. Sul finire del XIX secolo un fortunato rinvenimento sull’Acropoli di Atene ha rivoluzionato completamente lo studio dell’arte greca. Gli archeologi hanno individuato, infatti, la cosiddetta “colmata persiana”, un seppellimento volontario, da parte dei Greci, di tutte le opere a carattere votivo distrutte dai Persiani nel 480 a.C. quando saccheggiarono l’Acropoli. La scoperta di questo “riempimento” artificiale ha permesso, quindi, di avere termini cronologici esatti per le sculture qui rinvenute, tutte sicuramente precedenti all’azione di distruzione operata dai Persiani, e quindi scolpite e dedicate prima del 480 a.C.

Moschóphoros

Questa statua (57), realizzata intorno al 570-565 a.C., il cui titolo significa “portatore di vitello” (dal greco móschos – vitello – e phéro – portare), è tra le opere più significative della corrente attica, che mostra una chiara differenza rispetto ai modelli dei koúroi osservati in precedenza, in particolare per le pose e la distribuzione delle forme del corpo. Si tratta di una scultura votiva dedicata da un atleta, Rhombos, alla dea Atena, come recita l’iscrizione conservata.
La figura, a grandezza naturale, è stante e mostra ancora chiare caratteristiche dello stile arcaico, come il sorriso che accompagna la rotondità del volto, lo schematismo dei lunghi capelli a file di perline, la frontalità del corpo e l’avanzamento della gamba sinistra. La novità principale dell’opera risiede nella composizione a X (57A) generata davanti al busto dall’incrocio delle braccia dell’uomo e delle zampe del vitello, una inedita soluzione che conferisce un maggiore senso di movimento alla figura oltre che equilibrio e simmetria delle parti.
La resa della veste aderente, che si apre al centro, accentua le solide forme anatomiche sottostanti, in particolare i tendini e i muscoli, realisticamente contratti per il peso dell’animale, anch’esso rappresentato attraverso un preciso naturalismo che presuppone uno studio accurato. Gli occhi in origine intarsiati con pasta vitrea e il rivestimento policromo ormai perduto impreziosivano ancora di più l’opera.

Moschóphoros – Statua in marmo raffigurante un giovane uomo nudo con un vitello sulle spalle. Il volto presenta tratti stilizzati tipici dell’arte arcaica, con occhi a mandorla e un sorriso rigido. I capelli sono scolpiti in lunghe ciocche intrecciate. Il vitello ha la testa girata di lato e le zampe anteriori incrociate sul petto dell’uomo, che le trattiene con entrambe le mani. La statua mostra segni di frammentazione, in particolare nella parte inferiore.
57. Moschóphoros, 570-565 a.C. ca., marmo, h 165 cm. Atene, Nuovo Museo dell’Acropoli.
Schema compositivo del Moschóphoros – Immagine della statua sovrapposta a uno schema geometrico. Una linea tratteggiata verticale divide la figura in due metà simmetriche. Un cerchio arancione evidenzia il punto centrale della composizione, in corrispondenza delle mani che sorreggono il vitello. Un quadrato rosso con le diagonali segnate posizionato sulla parte superiore della statua indica l'equilibrio delle proporzioni. Lo schema sottolinea la struttura armonica e bilanciata della scultura.
57A. Schema compositivo del Moschóphoros.