Intorno al 530 a.C. nasce ad Atene la tecnica a figure rosse, che consiste nel ribaltare l’effetto prodotto dalle decorazioni sulle superfici dei vasi (vedi p. 138). Le figure, infatti, vengono risparmiate dal fondo, che è invece campito a vernice nera, così da dare risalto alle capacità dei pittori nella realizzazione di dettagli tracciati con il pennello. Nonostante per un certo periodo di tempo numerosi artisti preferiscano mantenere l’antica tecnica a figure nere, verso la fine del VI secolo a.C. la produzione attica a figure rosse raggiunge livelli qualitativi altissimi, in cui eccellono i maestri ceramografi definiti dalla critica i “pionieri” della tecnica a figure rosse. Tra questi spicca Euphronios (520-470 a.C. ca.), nome d’arte che significava “il saggio”, famoso ceramista (vasaio) e ceramografo (pittore di vasi) ateniese, il cui stile si distingue per una particolare attenzione rivolta alla rappresentazione del corpo umano.
Cratere di Sarpedonte
L’opera più celebre di Euphronios è il cratere a calice sul quale l’artista rappresenta la morte di Sarpedonte (61). Rinvenuto durante alcuni scavi clandestini a Cerveteri e acquisito illegalmente nel 1972 dal Metropolitan Museum of Art di New York, nel 2006 ne è stata decisa la restituzione all’Italia, dove è rientrato nel 2008. La forma del cratere offre un’ampia superficie che ha permesso all’artista di creare una complessae articolata composizione di personaggi(61A) in un unico campo decorativo, inquadrato da motivi ornamentali a carattere vegetale. La scena riproduce la morte di Sarpedonte, principe di Licia (regione dell’attuale Turchia) e figlio di Zeus, ucciso da Patroclo durante la guerra di Troia. Il corpo dell’eroe è rappresentato al centro del vaso mentre ai lati Hýpnos (il Sonno) e Thánatos (la Morte), raffigurati come soldati greci, lo sollevano per toglierlo dal campo di battaglia e riportarlo in patria. Sullo sfondo della scena, perfettamente al centro della composizione, si erge Hermes, messaggero degli dèi, qui rappresentato in qualità di psicopompo, l’“accompagnatore di anime” (dal greco psyché – anima – e pompós – guida) riconoscibile dal copricapo alato e dal caduceo, bastone con serpenti intrecciati all’estremità. Chiudono la scena ai lati due guerrieri con lancia e scudo stanti e di profilo rivolti verso il centro. Il vaso mostra tutte le qualità artistiche di Euphronios: la resa dei dettagli è particolarmente raffinata, come è evidente dalle armature e dalle ali delle due divinità. Tuttavia, a dominare la composizione dell’opera è il corpo di Sarpedonte, rappresentato di scorcio con un accurato naturalismo soprattutto nei dettagli anatomici e nelle ferite riportate, da cui sgorga il sangue reso con vernice diluita. Il cratere dimostra la maestria raggiunta dalla pittura greca con la tecnica a figure rosse.
61. Euphronios, Cratere di Sarpedonte, 515 a.C., ceramica attica a figure rosse, h 47,5 cm. Cerveteri, Museo Nazionale Archeologico.
61A. Schema dei personaggi del Cratere di Sarpedonte.