Nonostante l’ampia diffusione di statue in marmo, gli scultori greci, soprattutto a partire dall’età classica, utilizzano il bronzo come materiale principale. La lega metallica, infatti, permetteva di realizzare opere più raffinate e più stabili, in quanto, vista la leggerezza del materiale, non necessitavano di un supporto aggiuntivo per la staticità della figura. Allo stesso tempo, la tecnica di fusione, grazie alla malleabilità del modello in argilla e cera (vedi p. 151), permetteva una maggiore libertà compositiva e una resa più facile dell’anatomia e del dinamismo motorio del nuovo stile. Purtroppo, la necessità di approvvigionarsi di metalli e la facilità di riutilizzo del bronzo non hanno permesso la conservazione di un gran numero di opere, che a partire dall’epoca tardoantica sono state fuse e trasformate in armi, utensili e altri manufatti. Per questa ragione, la conoscenza delle sculture greche dipende in gran parte dalle numerose copie degli originali bronzei più famosi che i Romani commissionavano, perlopiù realizzate in marmo, per ornare residenze, templi, terme e altri spazi pubblici (vedi p. 266).
Auriga di Delfi
Nel 1896, durante gli scavi nel santuario di Apollo a Delfi, venne alla luce la statua bronzea di un auriga (80), guidatore di un carro da guerra o, come in questo caso, partecipante alle gare di corsa dei carri. La scultura, rinvenuta sotto uno strato di macerie, forse franate a causa del terremoto del 373 a.C., vanta un ottimo stato di conservazione. L’Auriga doveva appartenere a un gruppo scultoreo interamente bronzeo (81), come suggerisce il rinvenimento del braccio di un’ulteriore figura (forse lo stalliere), della coda e delle zampe di un cavallo. Negli scavi è stato ritrovato anche un basamento con un’iscrizione che nomina Polizalo, tiranno di Gela, colonia siciliana della città di Lindo (Rodi); questa dedica permette di datare precisamente l’opera tra il 478 e il 474 a.C., forse realizzata proprio in occasione di una vittoria ottenuta dal tiranno nei Giochi Pitici, che si disputavano a Delfi ogni quattro anni in onore di Apollo. L’auriga, di dimensioni leggermente superiori al naturale, è rappresentato stante in leggera rotazione verso destra, con una lieve inclinazione all’indietro del busto e il braccio destro piegato che tiene le redini della quadriga scomparsa, mentre il braccio sinistro non è conservato. Un elegante chitone ricopre interamente il corpo; le pieghe ondulate delle maniche contrastano con la verticalità di quelle al di sotto della vita, spesso paragonate alle scanalature di una colonna, probabilmente nascoste alla vista dalla cassa del carro. La veste non ricopre i piedi, nudi e finemente rappresentati come indica la resa delle dita, delle vene e dei malleoli. La posa calma del personaggio, forse raffigurato durante il giro d’onore successivo alla vittoria, è accentuata dall’espressione distaccata del volto, impassibile: infatti una resa espressiva del viso avrebbe distolto l’attenzione dello spettatore dalla visione del corpo e dell’azione rappresentata, fulcro dell’interesse degli artisti. Gli occhi sono in pietra e pasta vitrea, le ciglia rifinite in rame, mentre la fascia che cinge il capo, la tenia, decorata a meandro, doveva essere arricchita da lamine di argento.
80.Auriga di Delfi, 478-474 a.C., bronzo con inserti in pasta vitrea e lamina di rame, h 180 cm. Delfi, Museo Archeologico.