CONTESTO
Costruito tra il 447 e il 432 a.C. per volere di Pericle, il tempio è dedicato ad Atena Parthénos da cui il nome Partenone, e costituisce il fulcro dell’Acropoli. Il cantiere è diretto da Fidia, epískopos (sovrintendente) dei lavori, affiancato dagli architetti Ictino e Callicrate, e ideatore di gran parte della decorazione figurativa.
Il tempio ha subito nel corso dei secoli varie vicissitudini: trasformato in epoca bizantina nella chiesa dedicata alla vergine Maria, che mantenne quindi l’epiteto di Parthénos, l’orientamento dell’edificio viene invertito e la fronte principale originaria (quella est) viene chiusa dall’impianto dell’abside. Intorno al 1466, con la dominazione ottomana, la chiesa diviene una moschea munita di minareto, anche se non va soggetta a particolari modifiche strutturali. Durante l’assedio veneziano guidato dal capitano Francesco Morosini nel 1687, il Partenone – utilizzato come polveriera dagli ottomani – subisce gravi danni in seguito a un violento colpo di mortaio che fa saltare in aria la parte centrale dell’edificio. La maggior parte dei marmi decorativi è prelevata nel 1801 da lord Elgin, ambasciatore inglese nell’impero ottomano, e portata a Londra (vedi EDUCAZIONE CIVICA, p. 167).
Nel 1834, dopo aver conquistato l’indipendenza, il regno di Grecia avvia i restauri di tutta l’Acropoli, tra cui ovviamente il Partenone, che viene liberato totalmente dalle costruzioni medievali e ottomane per riportare alla luce la struttura originaria di epoca classica.

STRUTTURA ARCHITETTONICA
Le novità classiche del Partenone sono evidenti; in primo luogo nella disposizione della peristasi del tempio dorico: per la prima volta viene realizzato un tempio ottastilo perìptero con 17 colonne sui lati lunghi, numero utilizzato in precedenza soltanto per perìstasi diptere o pseudodìptere. La soluzione scelta, completata da una serie di correzioni ottiche – dalla curvatura dello stilobate all’allargamento delle ultime metope (vedi p. 117) –, non solo rendeva più monumentale e armonico l’edificio, ma permetteva di ampliare decisamente la volumetria della cella, in modo da accogliere una statua di culto colossale. Quest’ultima otteneva ulteriore risalto dall’inedita disposizione del colonnato interno della cella, progettato a forma di Pi greco (π), su due piani, che fungeva da cornice per l’immagine della dea. Il pronao è piuttosto corto così come l’opistodomo, concepito come un vestibolo che dà accesso a una sala posteriore sorretta da quattro colonne ioniche.
L’edificio viene costruito interamente in pregiato marmo bianco del monte Pentelico, proveniente dalle cave situate a circa 5 km a nord-est di Atene, e mostra un utilizzo misto degli ordini architettonici: infatti nonostante lo stile dorico sia quello dominante, lo ionico è presente sia nelle colonne della sala posteriore sia nel fregio che corre tutto intorno alla cella. Questa “contaminazione” architettonica è stata interpretata anche come un preciso significato politico che segnava un’apertura verso le colonie greche dell’Asia Minore, terra d’origine dello stile ionico, entrate a far parte della Lega delio-attica.
