La scultura tardoclassica


AL CUORE DELL’ARTE

Dall’inizio del IV secolo a.C., il forte spirito civico e collettivo della pólis lascia spazio a una visione più soggettiva e individuale, influenzando la scultura del periodo. Divinità ed eroi sono rappresentati in una dimensione più intima con atteggiamenti comuni e semplici, perdendo quell’aura di invincibilità e potenza che li distaccava dalla quotidianità. Così, i grandi scultori, Prassitele, Skopas, Leochares e Lisippo, partendo dai modelli dei maestri classici, rielaborano la figura umana con un’interpretazione più libera del movimento, non essendo più vincolati al canone policleteo, e accentuano il naturalismo e i sentimenti delle figure rappresentate.


Prassitele

(Atene 400/395-326 a.C. ca.)

Grazia e bellezza

Figlio d’arte dello scultore Kephisódotos, Prassitele, attivo all’incirca tra il 375 e il 326 a.C., è considerato, al pari di Fidia, uno dei migliori scultori dell’epoca classica e di tutta l’arte antica, come testimoniano le numerose copie delle sue opere realizzate in età romana. Fu anche bronzista, ma predilesse l’utilizzo del marmo con il quale fu capace di conferire delicatezza e flessuosità alle sue opere. In questo modo l’artista supera gli schemi della piena età classica e introduce un’umanizzazione delle figure eroiche e divine grazie al momento in cui sceglie di coglierle.
Prassitele è passato alla storia come l’artista che più di tutti è riuscito a esprimere la cháris nelle sue sculture, ovvero una “grazia” intesa come sinonimo di bellezza ed eleganza, arricchita da una particolare attenzione al rapporto della figura con lo spazio circostante.

Afrodite Cnidia

L’opera più citata dalle fonti antiche, e una delle più riprodotte nelle copie romane, è senza dubbio l’Afrodite Cnidia (118), realizzata da Prassitele intorno al 360 a.C. e così chiamata perché acquistata dai cittadini di Cnido, città della Caria, nell’attuale Turchia. Come racconta Plinio il Vecchio, l’opera venne esposta all’interno di un tempietto aperto per permettere di ammirarla da tutti i punti di vista, ed era considerata così bella che un giovane se ne innamorò perdutamente.
La statua rappresenta il primo nudo femminile nella storia dell’arte greca e coglie Afrodite nel momento del bagno. La dea offre allo spettatore lo splendore della sua bellezza, pur mantenendosi in una sfera distaccata da quella mortale grazie allo sguardo perso in lontananza. Il panneggio che tiene in mano sul lato sinistro del corpo e il vaso sottostante rispondono alla funzione tecnica di sostegno del marmo, alla costruzione della composizione e alla ricerca del contrasto chiaroscurale tra la lucentezza del corpo nudo e i giochi d’ombra creati dalle pieghe laterali. Il gesto compiuto con la mano sinistra (rimane incerto se la dea si accinga a fare il bagno deponendo la veste sul vaso o se al contrario stia per rivestirsi) determina una posizione completamente nuova, con lo spostamento del baricentro verso destra bilanciato dal sollevamento della spalla sinistra, per cui la figura ottiene in questo modo una inedita sinuosità, un tratto costante delle creazioni di Prassitele.

Prassitele, Afrodite Cnidia. Statua in marmo raffigurante Afrodite in piedi, con il corpo leggermente inclinato verso destra. La dea è rappresentata nuda. Nella mano sinistra tiene un panno riccamente scolpito appoggiato a un'anfora decorata. Con la mano destra sembra accennare a coprirsi. Il volto ha un’espressione serena, con capelli ondulati raccolti. La scultura presenta dettagli raffinati e superfici levigate, tipici dello stile di Prassitele.
118. Prassitele, Afrodite Cnidia, 360 a.C. ca., copia romana da originale in marmo, marmo, h 215 cm. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio-Clementino.