OPERA SIMBOLO – Mosaico di Alessandro

Le fasi della conquista dell’Asia da parte di Alessandro Magno vennero celebrate da numerosi artisti, anche poco dopo la morte del re macedone (323 a.C.). È il caso di un celebre dipinto che Plinio il Vecchio attribuisce a Filosseno di Eretria, in cui è rappresentata una battaglia tra Alessandro e il re persiano Dario III, e che si crede sia stato riprodotto in uno dei mosaici più importanti della storia dell’arte antica.
Il cosiddetto Mosaico di Alessandro (132), databile intorno al 100 a.C., fu rinvenuto a Pompei nella Casa del Fauno (vedi p. 261) e nel 1843 trasferito a Napoli, dove ora è conservato. La sua origine da un modello pittorico è evidente dai dettagli rappresentati, oltre che dal grande numero di tessere utilizzate, circa un milione e mezzo, con la tecnica dell’opus vermiculatum (“a forma di verme”), ovvero con tessere di piccolissime dimensioni disposte in modo da seguire i contorni delle figure. Il campo di battaglia, probabilmente quella di Isso (333 a.C.), presenta come unico elemento paesaggistico un albero spoglio sul fondo neutro, mentre il riquadro figurativo per tutta la sua estensione è campito dai soldati dei due schieramenti che combattono furiosamente.

Mosaico di Alessandro. Mosaico frammentario raffigurante una scena di battaglia tra l'esercito macedone e quello persiano. A sinistra, Alessandro Magno, con armatura e mantello, avanza a cavallo con sguardo determinato. A destra, Dario III, sul suo carro da guerra, con espressione di paura, tende un braccio verso i suoi soldati. Le lance si incrociano sullo sfondo, mentre i cavalli in corsa e i guerrieri creano una scena dinamica e concitata. Il mosaico presenta dettagli realistici e colori vivaci, con alcune parti mancanti.
132. Mosaico di Alessandro, II secolo a.C., copia romana da originale pittorico, mosaico, 582x313 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Il centro della parte destra della scena è occupato da Dario III sul carro, bilanciato a sinistra dall’arrivo di Alessandro, raffigurato a cavallo, con i lunghi capelli mossi dal vento e gli occhi grandi, che conferiscono carisma ed energia decisionale al personaggio. Colpisce l’espressione di terrore del re persiano in fuga, che si volge all’indietro mentre il suo cocchiere frusta i cavalli neri, una rappresentazione che, insieme a quella degli
altri cavalli, restituisce a pieno il violento e incessante movimento della scena. Il forte espressionismo dell’opera si ritrova in particolare nel volto di un persiano caduto a terra di spalle che si specchia nello scudo mentre è calpestato dal carro del suo re (132A).
L’artista mostra di possedere una grande capacità nel restituire la profondità spaziale, come dimostra la selva di lance inclinate sullo sfondo e il dettaglio in primo piano che più di tutti cattura l’attenzione, ovvero la raffigurazione da dietro di un cavallo con il cavaliere che tenta di montarlo nella confusione della battaglia. Infine, la maestrìa nell’utilizzo del colore e nella resa delle ombre attraverso un equilibrato impiego del chiaroscuro mostra una stretta connessione con l’affresco di Verghìna, nel restituire con i mezzi pittorici una reale e vivace tridimensionalità ai personaggi.

Mosaico di Alessandro, particolare del soldato riflesso nello scudo. Dettaglio di un mosaico che mostra il volto di un soldato con espressione di paura, avvolto in un copricapo giallo. Il suo riflesso appare deformato sulla superficie curva di uno scudo lucente, ricco di tonalità dorate. Le tessere del mosaico creano un effetto realistico e dinamico, accentuando il dramma della scena.
132A. Mosaico di Alessandro, particolare del soldato riflesso nello scudo.