Il gruppo scultoreo Laocoonte e i suoi figli, copia romana di una scultura ellenistica, e il Torso del Belvedere, opera dello scultore greco Apollonio di Atene (I secolo a.C.), hanno costituito un modello iconografico per alcuni degli artisti più importanti del Rinascimento, come Raffaello e Michelangelo. Ritrovate entrambe a Roma tra il Quattrocento e il Cinquecento e confluite nelle collezioni papali, le due opere sono esemplari anche per le vicende di restauro che hanno subìto, testimonianza del lungo dibattito su come si debba intervenire su un reperto antico.
CASO STUDIO
Il restauro di ripristino del Laocoonte
Il Laocoonte viene rinvenuto nel 1506 sul Colle Esquilino: il gruppo scultoreo torna alla luce nello scavo archeologico praticamente integro, mancante di pochissime parti, tra cui il braccio destro del protagonista, che allora si ritenne opportuno integrare.
Il restauro viene affidato intorno al 1525 a Giovanni Angelo Montorsoli (1507-1563), allievo di Michelangelo, che sulla base della lettura dell’Eneide ricostruisce in terracotta il braccio di Laocoonte rivolto verso l’alto. Operazioni come questa erano spesso arbitrarie, non fondate su documenti scientifici, e alteravano fortemente l’aspetto originale dell’opera.
Nel 1957 il Laocoonte riacquista il suo aspetto originario: nel 1905, nella bottega di uno scalpellino romano, l’archeologo praghese Ludwig Pollack ritrova un braccio di marmo, che viene subito riconosciuto come appartenente al Laocoonte. In seguito a questo fortuito ritrovamento, il restauratore fiorentino Filippo Magi ripristina l’aspetto della statua, sostituendo il restauro cinquecentesco di Montorsoli e reintegrando il braccio. L’aspetto odierno del Laocoonte è quindi quello risalente a questo restauro che ha restituito alla figura l’impostazione piramidale persa per diversi secoli a causa del braccio del Montorsoli.


CASO STUDIO
Il restauro conservativo del Torso del Belvedere
Il Torso del Belvedere viene rinvenuto agli inizi del Quattrocento a Roma e confluisce nella collezione vaticana in quanto considerato «singularissima figura». È Michelangelo l’artista che più di tutti rimane affascinato: ne studia la torsione del corpo e la resa dei muscoli, introducendole nelle figure che affresca nella Cappella Sistina.
Il Montorsoli, in questo caso, decide di conservare il Torso del Belvedere così come era stato ritrovato, mutilo di arti e testa, poiché il suo maestro aveva considerato quest’opera perfetta.
