CONVERGENZE VERSO IL CONTEMPORANEO di Jacopo Veneziani ARTE E UGUAGLIANZA DALL’ARTE ROMANICA A NORMAN ROCKWELL 1200 ca. Sul colle Celio, a Roma, lontano dai percorsi turistici più battuti, si nasconde una piccola gemma trascurata dai turisti: la , costruita nel X secolo sulle cisterne dell’antico acquedotto Claudio – in latino: , da cui l’appellativo «in Formis» – e dedicata a san Tommaso Apostolo. Modesta nelle dimensioni e apparentemente spoglia, questa chiesa a navata unica non cattura immediatamente l’attenzione. Chi si ferma a osservarla con attenzione, però, scopre un passato illustre e un messaggio straordinariamente attuale. Chiesa di San Tommaso in Formis Forma Claudia La storia della chiesa è strettamente legata con quella dell’Ordine della Santissima Trinità, al quale venne donata a inizio Duecento da papa Innocenzo III. Dediti all’assistenza a pellegrini, emarginati, poveri e ammalati, ; è proprio per l’ingresso di questo antico luogo di cura che fu realizzato il mosaico che vale la pena osservare in dettaglio. i frati trinitari adattarono subito una parte dell’edificio a ospedale Il medaglione, protetto da un’edicola in marmo retta da due colonnine, illustra la visione che indusse san Giovanni de Matha a fondare l’Ordine della Santissima Trinità. Durante la sua prima messa, celebrata il 28 febbraio 1193, questo giovane e carismatico sacerdote provenzale ebbe un’apparizione di : uno bianco e uno nero. Questa esperienza mistica gli rivelò la missione a cui era chiamato: doveva dedicare la sua vita a liberare gli schiavi, di qualsiasi religione essi fossero. Cristo in trono nell’atto di liberare due prigionieri in catene Si precipitò allora a Roma per parlarne a papa Innocenzo III, suo compagno di studi a Parigi, e chiedergli di riconoscere la sua organizzazione. Dopo una perplessità iniziale, il pontefice ebbe la stessa visione di Giovanni e si convinse della bontà delle sue intenzioni. Riconobbe il nuovo ordine religioso, intitolato alla Trinità, e offrì al suo fondatore la Chiesa di San Tommaso in Formis. Immediatamente ebbero avvio le missioni in tutto il Mediterraneo per soccorrere gli schiavi. Nella sua storia secolare, , accuditi poi nei 600 centri di accoglienza che i Trinitari arrivarono a possedere. Tra il XIII e il XVII secolo, questi frati visitarono prigioni e mercati del Nord Africa e trattarono con padroni di schiavi e autorità locali per liberare – con tanto di scritture registrate da un notaio – i numerosi giovani rastrellati dai pirati negli assalti in mare e nelle scorribande di terra. l’Ordine della Santissima Trinità – impegnandosi a raccogliere fondi per pagare il riscatto dei prigionieri – riuscì a liberarne oltre 90 000 Considerata l’importanza del luogo e dell’immagine rappresentata, è probabile che il mosaico sia stato realizzato a inizio Duecento da marmorari legati alla prestigiosa scuola cosmatesca – fondata dalla famiglia Cosmati –; questa scuola era ben nota nella Roma a cavallo tra XII e XIII secolo per lo stile inconfondibile delle sue creazioni, caratterizzate dall’uso di tessere di marmo policromo e vetro colorato, disposte con un’attenzione particolare alla simmetria e all’armonia del disegno mescolando influenze classiche e bizantine (ben visibili nello sguardo ascetico di Cristo). È illuminante soffermarsi sui dettagli di questo tondo musivo. Il prigioniero bianco regge una croce rossa e azzurra (come quella ricamata sull’abito bianco dei frati dell’ordine) mentre il nero tiene uno scudiscio, un frustino di legno o cuoio che veniva spesso usato per punire gli schiavi. Ma fate caso alle dei due uomini: le prime sono spezzate, le altre restano chiuse. Per quale motivo? Si tratta di un messaggio simbolico: Stiamo pur sempre osservando la facciata di una chiesa! catene ai piedi per quanto gli schiavi possano essere liberati fisicamente dalla prigionia, essi possono ottenere la vera salvezza soltanto convertendosi alla religione cristiana!