1 – STEPHEN KING (Portland, 1947)

L’orrore morde i bambini

Tratto da On Writing. Autobiografia di un mestiere (On Writing: A Memoir of the Craft)
Data della prima pubblicazione: 2000 | Lingua originale: inglese

4
A cinque o sei anni d’età chiesi a mia madre se avesse mai visto morire
qualcuno. Sì, rispose, aveva visto morire una persona e ne aveva sentita
un’altra. Le domandai come si potesse sentire morire una persona e mi
spiegò che era una ragazza morta annegata davanti al Prout’s Neck negli
5 anni Venti. Disse che la ragazza era uscita a nuoto oltre la risacca, non era
più riuscita a rientrare e aveva cominciato a invocare aiuto. Gli uomini
che cercarono di raggiungerla furono tutti respinti dalle onde che quel
giorno battevano con particolare violenza. Alla fine poterono solo restare
lì, turisti e abitanti del luogo, tra i quali mia madre adolescente, ad attendere
10 una barca che non arrivò mai e ad ascoltare la ragazza che gridò fino
a quando, stremata, era stata risucchiata sott’acqua. Il suo corpo fu rinvenuto
sulla costa del New Hampshire, disse mia madre. Le chiesi quanti
anni aveva. Mamma rispose che ne aveva quattordici, poi mi lesse qualche
pagina di un libro a fumetti e mi spedì a letto. In un’altra occasione mi
15 raccontò della persona che aveva visto morire, un marinaio buttatosi dal
tetto del Graymore Hotel di Portland, nel Maine, e piombato sulla strada.
«Si spiaccicò», disse mia madre nel tono più neutro che si possa immaginare.
«La roba che gli è venuta fuori era verde», aggiunse dopo una pausa.
«Non l’ho mai scordato.» E in questo siamo in due, mamma.

5
20 Dovetti stare a letto per quasi tutti i nove mesi della prima elementare.
I miei problemi cominciarono con il morbillo, in una forma del tutto comune,
e da lì andarono progressivamente peggiorando. Soffrivo di cadute
e ricadute di una malattia che credevo si chiamasse «gola a strisce»; stavo
a letto a bere acqua fredda e a immaginare di avere la gola a strisce bianche
25 e rosse (cosa non lontano dal vero, probabilmente).
A un certo punto ne restarono coinvolte le orecchie e un giorno mia
madre chiamò un taxi (lei non guidava) e mi portò da un medico troppo
importante per fare visite a domicilio, uno specialista delle orecchie. (Per
non so quale motivo mi ero fatto l’idea che questo tipo di dottore si chiamasse
30 otiologo.) A me poco importava se fosse specializzato in orecchie
od orifizi anali. Avevo trentanove di febbre e, ogni volta che deglutivo, il
dolore mi accendeva la faccia come un juke-box.