160 Col tempo divenne impossibile anche solo pensare che qualcuno di noi
sarebbe migliorato. Venne l’autunno, e cominciò a piovere tutti i giorni, il
che voleva dire che adesso saremmo stati rimproverati anche per l’acqua
che ci gocciolava dalle giacche e dagli ombrelli. Fu intorno alla metà di
ottobre che additandomi la professoressa disse: «Avere te in classe è come
165 fare un parto cesareo ogni giorno». A colpirmi fu il fatto che, per la prima
volta dal mio arrivo in Francia, avevo capito ogni singola parola di quello
che mi era stato detto.
Ma capire una lingua non significa saperla di colpo parlare. Tutt’altro. È
un passettino minuscolo, nient’altro, che però produce risultati tanto inebrianti
170 quanto ingannevoli. La professoressa proseguì con la sua tirata e
io mi appoggiai comodamente contro lo schienale della sedia, godendomi
appieno la sottile bellezza di quella pioggia di nuovi insulti e improperi.
«Tu mi sfinisci con la tua stupidità, e in cambio dei miei sforzi ottengo
solo dolori, capisci quello che dico?» Il mondo mi si era improvvisamente
175 dischiuso, e fu con una gioia infinita che risposi: «Io capisce cose che tu
dice, adesso. Tu parla a me ancora. Plus, per favore, plus».
D. Sedaris, Me parlare bello un giorno, trad. M. Colombo, Mondadori, Milano 2018