: si concentra sulla prospettiva di uno o più personaggi, limitando la conoscenza del narratore a ciò che questi personaggi sanno, pensano e percepiscono. È spesso usata in generi come il giallo o il noir, dove è essenziale nascondere la verità a chi legge il testo. Può essere: 2. Focalizzazione interna : la storia è narrata costantemente dal punto di vista di un solo personaggio; fissa : il punto di vista passa da un personaggio all’altro in diversi momenti della narrazione (in un romanzo diviso in capitoli, per esempio, ogni capitolo può essere caratterizzato dal punto di vista di un personaggio diverso); variabile : la stessa scena è raccontata da diversi punti di vista, uno dopo l’altro. multipla La focalizzazione interna consente di leggere i pensieri e le emozioni di più personaggi, creando una narrazione più dinamica. Tuttavia, specie se si vuole scrivere un racconto e non un romanzo, è consigliabile adottare il punto di vista di un solo personaggio. : il narratore descrive solo ciò che può essere osservato dall’esterno. Si limita a riportare azioni, dialoghi e descrizioni, lasciando che il lettore intuisca da solo i sentimenti e le motivazioni dei personaggi. I racconti di Carver (vedi ) usano spesso questa tecnica. 3. Focalizzazione esterna P. 202 A QUALI STRATEGIE SI COLLEGA? Giusto l’essenziale p. 47 Scrittura – L’autobiografia 2. Ma dove vivi? p. 226 Chi sta raccontando questa storia? p. 229 Lettura – Il realistico 3. 5. Mani in alto! p. 395 Lettura – Il fantastico 6. Pronto, chi parla? p. 409 Scrittura – Il fantastico 5. STILE 13. Dialoghi dei personaggi Il dialogo è una modalità testuale che riporta le parole di più personaggi in forma di discorso diretto o indiretto. Rende una scena più spontanea e vicina alla vita reale, ma può servire a molti altri scopi: trasmettere l’atmosfera; esprimere il carattere o le motivazioni dei personaggi; fornire informazioni sul passato e anticipare il futuro; far avanzare la trama e aumentare il ritmo; creare conflitti tra i personaggi o rivelare la complessità dei loro rapporti; ricordare al lettore dettagli che potrebbe aver dimenticato. In un dialogo si usano spesso la prima e la seconda persona singolare. L’alternanza di “io” e “tu” corrisponde al soggetto e al suo interlocutore: “io” indica chi parla, “tu” a chi si rivolge. Se un personaggio ha più interlocutori, userà la seconda persona plurale. Per indicare un dialogo si possono usare le virgolette («») o i trattini (–). Esistono però forme in cui lo scrittore può ometterle. La presenza o assenza di virgolette, di fatto, determina tre forme principali: FORMA il registra le parole del personaggio ed è facilmente riconoscibile dai segni di interpunzione come, appunto, virgolette e trattini; discorso diretto il registra che cosa il personaggio ha detto, ma non proprio come lo ha detto. È introdotto dai verbi “dire che”, “pensare che” o simili; non usa virgolette o trattini; discorso indiretto il è a metà strada tra il discorso diretto e il discorso indiretto; le parole dei personaggi sono riportate nel discorso indiretto, ma senza le formule “disse che”, “pensò che”. Jane Austen (vedi ) ha usato per la prima volta questa tecnica in , e l’ha perfezionata nei romanzi successivi. La scrittrice assume il punto di vista dei vari personaggi che parlano, senza dire chi sono, ma il lettore è in grado di identificarne la voce, perché riconosce lo stile e la psicologia di ogni personaggio. È una forma più adatta ai romanzi che ai racconti brevi, perché il lettore ha bisogno di molte pagine per prendere confidenza con le voci dei vari personaggi. discorso indiretto libero P. 490 Ragione e sentimento